Un mare di carta in Farmacia: l’utopia Umanistica.

Parte I: Il Libro mette paura: Libertas

Daniela Scala

AORN A Caldarelli, Napoli
sdaniela2000@yahoo.com

Giorgio du Ban

Care colleghe, cari colleghi,

questo numero della rubrica ospita il contributo del collega Giorgio du Ban, farmacista triestino che nella sua lunga vita professionale (Socio SIFO dal 1958: medaglia d’oro anzianità Congresso Bari 2012) ha integrato sapientemente la scienza e l’arte, come ne sono testimonianza le tante attività sia di carattere scientifico che storico-umanistico. Da assistente di Chimica e Tecnica farmaceutica all’Università di Trieste a socio dell’”Accademia Italiana di Storia della Farmacia”; da titolare della Farmacia Picciola, donatagli dal padre a proprietario e curatore del “Museo della Farmacia Picciola” (trasferito a Vercelli nel 2013); da autore di monografie di chimica e tecnica farmaceutiche, a scrittore di monografie di Storia della Farmacia, come questa di seguito pubblicata. In realtà essendo una memoria, con Giorgio abbiamo deciso di pubblicarla divisa in differenti parti quanti sono i capitoli di cui si compone per dare al lettore il tempo di goderne appieno.

Buona lettura!

Una notiziola sentita così, di sfuggita, al giornale radio, come curiosità quasi, fra tante atrocità: in otto regioni italiane su venti, non c’è uno straccio di imprenditore che spenda un centesimo in cultura; il sud, in particolare, è da questo punto di vista una vera” terra desolata”. La notizia è vieppiù sgradevole, e incomprensibile, considerato che da qualche mese esiste una legge sulla decontribuzione fiscale, pensata proprio per incrementare e rendere economicamente vantaggiosi gli investimenti in quel campo. Ma il meccanismo sembra non godere di buona salute nel Paese che pure fu di Lorenzo de’ Medici, detto non a caso il Magnifico.

Così inizia l’editoriale della rivista “Musica Jazz” di luglio 2004. Personalmente aggiungerei il nome più recente dell’ingegnere Adriano Olivetti, accorto ed illuminato imprenditore, che ad Ivrea inventò un’azienda che anteponeva l’uomo al profitto, ma con ottimi risultati economici, e che seppe dare realtà all’utopia dell’autogestione che purtroppo si dissolse con la sua prematura scomparsa il 27 febbraio 1960 a soli 59 anni. Laureato in chimica industriale incomincia a lavorare nell’azienda paterna come operaio e poi, come imprenditore-sognatore, subirà l’ostracismo della politica, del capitalismo e dei sindacati. Lascerà una biblioteca di oltre 15 000 volumi a suo tempo gestita da letterati di altissimo livello (tra gli altri il mio amico Ludovico Alvise Zorzi (1928-1983) anche lui troppo presto scomparso), a disposizione dei dipendenti e dei cittadini: centro culturale che razionalmente tende ad uno sviluppo delle conoscenze tecniche oltre che ad una cultura umanistica.

È evidente che noi facciamo parte di quei pochi stracci di imprenditori che spendono del proprio cercando di fare cultura!

La medicina nasce con l’uomo,1 con la sua ricerca volta a lenire, curare e, se possibile, guarire la sofferenza fisica usando i mezzi che lo stato di quel momento mette a disposizione quindi il regno vegetale, animale, minerale, ma anche la magia, l’astrologia, l’esorcismo. È recente l’interesse del Vaticano secondo il quale ogni diocesi dovrebbe avere il suo esorcista per i casi di infestazione diabolica resistenti all’incenso. Padre Francesco Bamonte presidente dell’Associazione internazionale degli esorcisti ha portato il loro numero in Italia a 250, ma a Trieste ce ne sono soltanto un paio! È naturale che l’arte nelle sue varie forme si sia impossessata di questa terapia che penetra l’occulto, ma forse quella cinematografica godrà dei maggiori successi. Oggi nel Salento l’intervento del rituale nel tarantismo, che poteva esser provocato anche dal morso di un ragno, da terapeutico è diventato un intrattenimento folcloristico di tarantella o meglio di pizzica; presso l’Università del Queensland si sta cercando di ottenere un antidolorifico dal veleno della Tarantola verde peruviana.2

L’innovazione agricola, iniziata tra il 9000 e l’8000 a.C. in Medio Oriente, consentì all’umanità di potersi dedicare a diverse specializzazioni tra le quali la costituzione di una classe intellettuale che generò i rituali religioso-sciamanici ed è appunto nello sciamano, ancora oggi presso le tribù degli aborigeni (e non),3 che si concentrano le diverse personalità dello stregone, del sacerdote, del giudice. La sua capacità d’interpretazione dell’effetto placebo che guarisce (magia bianca) e del suo contrario l’effetto nocebo che uccide (magia nera), gli permette di gestire il valore terapeutico dell’uomo-medicina. Volendo semplificare al massimo possiamo dire che il prendersi cura dell’anima, superata la fase religiosa, diventerà psichiatria, successivamente psicanalisi e oggi medicina narrativa4 (termine coniato da Rita Charon della Columbia University alla fine del secolo scorso), mentre la sua esperienza della terapia del corpo diventerà la clinical evidence.5

Il tamburo, l’ossidiana, la danza sono mezzi tecnici necessari per il “viaggio” in trance o nella “possessione” facilitato dall’uso dei vari allucinogeni come l’Amanita muscaria per i Lapponi, i Siberiani, le foglie dell’Erythroxylum coca per i peruviani, le Lophophora (o peyote) nel Sud dell’America settentrionale, la liana della morte (Banisteriopsis caapi) nel Nord dell’America meridionale, il Katha edulis in Africa e così via. Nel medioevo in Europa le streghea, cultrici di riti pagani e in preda a suggestioni e isterismi dovuti all’uso della Belladonna, dello Stramonio e del Giusquiamo, pagarono con la tortura e il rogo la loro conoscenza delle piante medicinali, dei veleni con i quali curavano coloro che non avevano i mezzi per permettersi un medico;6 sono stati registrati diversi casi di intossicazione soprattutto tra i giovani che le riutilizzano assieme alle nuove droghe fantasma.7 Forse oggi il Messico è il paese più prolifico di stregoni (curanderos) ed è anche dove, dopo la marijuna, si tende a legalizzare anche l’uso del peyote per usi religioso-sciamanici mentre nella zona tra India, Iran e Pakistan i sacerdoti del profeta Zaratustra (i famosi magi) utilizzano l’efedra attualmente monitorata dal Ministero della Sanità a causa delle pericolose reazioni avverse8; tentazioni presenti in numero esagerato anche da noi soprattutto a Torino e sull’Appennino Centrale, da parte di pericolosi ciarlatanib importati dalle varie foreste tropicali.9 I riti di iniziazione prevedono, oltre la sopportazione del dolore, l’uso di varie specie botaniche allucinogene come la corteccia della Tabernanthe Iboga nell’Africa Centrale, che per caso nei primi anni ’60 dimostrerà la sua capacità di interrompere la dipendenza da stupefacenti, eroina e coca in primis, senza provocare crisi da astinenza.10 Esistono anche pratiche curative cruente risalenti al culto di Asclepio, come le cauterizzazioni (comunque ad azione antisettica) applicate dallo stregone in Sudan con un chiodo rovente per “far uscire la malattia” o peggio ancora quelle preventive come la circoncisione maschile e assolutamente devastante la mutilazione femminile. In certe regioni italiane tra gli “abusi popolari” possiamo citare la lacerazione del frenulo linguale del neonato con un’unghia che le mammane coltivavano a bella posta per rompere le membrane. Operazione chirurgica necessaria solamente se particolarmente corto; usanza basata su tradizione e superstizione che sarà troppo praticata fino alla fine dell’800.11

Comunque se la salute del paziente non migliora, il Navajo più che accusare l’uomo-medicina tende a rimproverare l’ammalato per non essersi concentrato nella misura necessaria: evidentemente gli Indiani d’America praticano anche la psicoterapia e la compliance. D’altra parte anche nell’Iran mongolo, Abu Said (1305-1335), nono sovrano dell’Impero, raccontava che un uomo che aveva il fratello con le viscere malate venne a visitare Maometto che gli prescrisse una pozione a base di miele, quando poi tornò per dirgli che il fratello era peggiorato, il Profeta ribatté: Dio ha detto il vero, sono le viscere di tuo fratello che mentono.

La magia era (e ovviamente è tuttora) un accessorio quotidiano del vivere civile a cui si mescolano prepotentemente gli dei inventati dall’uomo e per questa ragione bizzosi e vendicativi com’è nella sua stessa naturac. Per esempio Giove, che veramente seccato a causa di uno stupido scherzo a suo danno ad una cena offerta in suo onore da parte di Prometeo (condannato poi per furto ad essere straziato da un’aquila), punisce anche tutti gli uomini creando la donna e poi manda il Diluvio universale che potrebbe essere il primo genocidio su scala industriale. Se vogliamo anche il nostro Signore le dà vita, ma in un secondo tempo; quindi si arrabbia per una questione di frutta, li caccia dal Paradiso terrestre (crea il discutibilissimo peccato originale e poi … partorirai con dolore … ecc. ecc.) e manda il solito diluvio. Nell’Al di là del bene e del male (L’essere religioso) l’aristocratico Friedrich Nitzsche propone un distinguo: Ciò che nella religiosità degli antichi greci fa stupire, è la smisurata pienezza di gratitudine che da essa prorompe … più tardi, quando in Grecia la plebe divenne preponderante, la paura allignò a dismisura anche nella religione; si andava preparando il cristianesimo.

La musica come terapia, che era già nota empiricamente nel biblico episodio dei folli accessi del re Saul (1079-1007 a.C.) calmati dal suono della cetra di David (meloterapia), troverà un’interpretazione razionalistica in Pitagora (570-495 a.C.): Egli era dell’opinione che anche la musica fornisse un notevole contributo alla salute, qualora a essa ci si dedicasse nel modo confacente. In effetti la considerava un mezzo tutt’altro che secondario di procurare la “catarsi”. Era questo il nome che dava alla cura operata per il tramite della musica. Da cui catartico o purificatore, la freudiana liberazione dall’angoscia intesa come patologia, o più semplicemente purgante drastico. Per entrare infine ai nostri giorni negli studi odontoiatrici per ridurre lo stato d’ansia dei pazienti e anche in quelli di chirurgia, cardiologia, oncologia.12

I libri, opera dell’uomo e (una volta unici) contenitori dello scibile umano, sono stati nei millenni oggetto di violenza inaudita e mai giustificabile se non con argomentazioni di parte, soprattutto politiche e religiose: la scellerata paura dei potenti di ogni epoca rispetto all’autentico potere del “liber” ossia della “libertas” delle idee, del pensiero, determinerà e continua a determinare la sorte di mitiche bilbioteche. Ininfluente che l’infame “Index librorum prohibitorum” voluto da Paolo VI nel 1558 sia scomparso troppo tardi nel 1966: l’11 giugno 2016 il quotidiano Il Giornale ripubblica il Mein Kampf e tutti si arrabbiano! Mentre nessuno si scandalizza dell’epico Alamut. La fortezza di Vladimir Bartol che giustifica la necessità degli hashashin per raggiungere chimerici traguardi sociali. Il bruttino Akhenaton, amato dalla bellissima Nefertiti, per annientare i vecchi idoli e la loro storia, nel 1358 a.C. distrusse la biblioteca di Tebe sulla cui porta stava scritto Medicina per l’anima. L’imperatore cinese Qui Shi Huangdi (260-210 a.C.), fondatore della dinastia Qui, volle eliminare le opere di Confucio (551-479 a.C.) distruggendo così anche 3000 anni di cronologia. La leggendaria biblioteca di Alessandria d’Egitto col suo mezzo milione di papiri (il sogno di Tolomeo I (305-283 a.C.) era di raccogliere in un unico luogo il sapere universale e farlo tradurre in greco) subirà devastanti incendi dal 47 a.C., fino al califfo Omar I che con lucida e spietata “razionalità” nel 642 d.C. per 6 mesi ha fatto riscaldare i bagni pubblici bruciando … I libri se non riportano quanto scritto nel Corano allora vanno distrutti, poiché non dicono il vero. Se i libri riportano quanto scritto nel Corano vanno distrutti egualmente perché sono inutili ... I Mongoli nel 1258 rasero al suolo le trentasei di Baghdad che nel 2003 subirà un successivo disastro dovuto all’incuria dell’esercito americano: oggi, ignaro della splendida civiltà Sumera, l’ISIS sta completando l’opera!

Anche Trieste ha subito la stupidità delle cicliche distruzioni fino all’arrivo di Pietro Kandler (1805-1872), che si compiaceva d’aver fermato nel porto una barca piena di documenti sulla vita pubblica delle famiglie della città destinate al macero di Fiume, mentre altri privati vi hanno contribuito con l’incuria, il disinteresse; per esempio la distruzione di tutti i manoscritti di Richard Francis Burton da parte della moglie Isabel in un eccesso di pudicizia vittoriana.13 Ricordiamo che fra i residenti anglosassoni a Trieste durante il periodo della sua massima prosperità sotto l’Impero d’Austria, due hanno raggiunto una celebrità internazionale: James Joyce (1882-1941), irlandese purosangue e appunto il Burton nato in Inghilterra da padre irlandese, che non viene citato e ricordato come meriterebbe, in effetti fu un grande esploratore, erudito letterato, orientalista (tradusse il Kama Sutra, il Giardino profumato), filologo, etnologo, spadaccino; nacque a Torquay nel 1821 e morì a Trieste, dopo avervi vissuto per 18 anni, nel 1890.

In occasione di una mostra su Joyce, la nostra farmacia è presente nel Catalogo14 con una fotografia d’esterno e una dell’interno, in quanto lo scrittore irlandese abitò al terzo piano della allora via Barriera Vecchia 32, dalla fine di agosto del 1910 ai primi di settembre del 1912. Verrà poi presentata sul quotidiano “Il Piccolo” l’apposizione delle targhe, voluta da Renzo S. Crivelli, sui “luoghi” di J. Joyce: la farmacia ne ha due, una per segnalarne l’abitazione e l’altra per lo sfratto da parte del Picciola junior dell’Inadempiente, che lo ripagherà definendolo in malo modo in alcune sue lettere (“inhuman person”, “as I told Picciola who is a pig, in any case”, “Am waiting repley from this pigskin”, ecc.). I lavori di ristrutturazione della piazza (1934-1936) hanno demolito l’intima scenografia nella quale Joyce poteva trovare il suo vino bianco di Lissa (Opolo) nel Caffè Bizantino, i rosoli e i dolcetti della pasticceria Pirona tuttora esistente e la disponibilità delle signore della casa di tolleranza “La Chiave d’oro” di via Foschiatti 7, già “Contrada del sapone”, ora sede di un “Centro massaggi cinese”. Nella biblioteca dell’Artista anche l’Amlet and Oedipus di Ernest Jones, psicanalista freudiano, a testimonianza dei suoi tentativi di capire e curare la schizofrenia dell’amata figlia Lucia Anna, nata a Trieste (1907), fino alla infausta diagnosi di Carl Gustav Jung; che sarà anche l’involontaria causa di una straziante (per l’Artista) perdita della rendita mensile di 1000 franchi (da marzo 1918 a ottobre 1919) da parte della miliardaria mecenate Edith McCormick (nata Rockfeller) in seguito al suo rifiuto di farsi psicanalizzare da suo idolo.15

Possiamo vantare la presenza della prima edizione delle sue poesie con dedica autografa al fratello Stanislao che aveva tanto insistito per la loro pubblicazione. Questo libro ha ovviamente una sua storia: durante la titolarità di mio Padre, frequentano la farmacia Bruno Pincherle (pediatra), salvo il periodo dell’esilio romano tra l’8 settembre ‘43 e il 5 maggio ‘45, e il suo amico Chino Alzetta (direttore del bar Grande Italia in piazza Goldoni): personaggi noti per la loro attiva posizione antifascista e per una profonda cultura umanistica. Il Pincherle lascerà una precisa disposizione testamentaria affinché la sua preziosa e ricca biblioteca, sia quale bibliofilo che quale studioso di Stendhal,16 non vada dispersa (ricca grazie al parziale salvataggio dell’Alzetta prima del saccheggio17 da parte dei “domobranzi”d). Il 2 giugno 1966 scriverà nella sua agenda: A Pavia da Introzzie - condanna a morte alle 12 - poi il pomeriggio in riva al Ticino: quando il 5 aprile 1968 arriverà la signora senza naso, il fratello Gino la donerà alla biblioteca comunale di Milano dove affianca, completandolo, il fondo stendhaliano Bucci.18 Stelio Crise (1915-1991) uomo di vasta cultura e realizzatore di importanti iniziative cittadine ricorda, nei ringraziamenti alla fine del suo appassionato studio su Joyce (Epiphanies & Phadographs, Joyce e Trieste), il mio professore di storia e filosofia iscritto al Partito della Repubblica Sociale Italiana soprattutto per la sua convinzione antimonarchica: Infine uno speciale ringraziamento, affettuoso è dovuto al prof. Giovanni Bruggeri per la sua fraterna, preziosa, dotta collaborazione. Cita inoltre il volumetto delle poesie: Sul foglio di guardia dedica autografa di Jim al fratello Stannie. La data è Trieste 12. V. 07. (Già nella raccolta Bruno Pincherle che, cuor d’oro, ne ha fatto regal dono a chi nulla meritava), a sua volta, lo ha voluto generosamente regalare all’asta organizzata da Artisti triestini (Mascherini, Mattioni, Anita Pittoni, ecc.) in favore dei terremotati del Friuli (1976), dove ho potuto acquistarlo.

Il passaggio degli eserciti durante i vari secoli ha contribuito in maniera massiccia all’opera di distruzione, fino alla fine della seconda guerra mondiale quando, durante i quaranta giorni di occupazione, i partigiani jugoslavi dispersero anche la biblioteca dell’Ordine dei Farmacisti. L’acquisto di un volume, con sul frontespizio il timbro del Gremio farmaceutico di Trieste, offertomi da un privato alcuni anni fa, potrebbe essere la prova che non tutto è stato distrutto, ma qualcosina era stata, diciamo, “conservata” in attesa di tempi migliori: il volume faceva parte della raccolta dei fascicoli della rivista curata dal plurititolato e anche “chimico-farmacista” Antonio Cattaneo.

La guerra nella Jugoslavia del dopo Tito che porterà al suo smembramento, nei luoghi delle più orrende e rivoltanti crudeltà, caratteristiche di quelle civili, distruggerà, tra gli altri beni preziosi, le due biblioteche di Sarajevo: la Vijecnica che subirà nell’agosto del 1992 (un secolo dopo l’inizio della sua costruzione) un bombardamento che brucerà l’80% dei volumi (nel 2014 verrà riconsegnata alla città dopo un restauro durato 22 anni), mentre la Gazi Husrev-begova nata nel 1537 riuscirà rocambolescamente a salvare i libri (più di 400.000) che troveranno posto nella ricostruzione realizzata nel gennaio 2014, grazie alla generosità dell’emirato del Qàtar sensibile all’eroico sforzo della popolazione mussulmana nella conservazione dei documenti di valore inestimabile. Di questa follia se ne occuperà anche l’arte cinematografica con il film Farenheit 451 di François Truffaut tratto dal romanzo Gli anni della Fenice di Ray Bradbury che descrive come i resistenti alla legge che ordina la distruzione di tutti i libri, organizzano clandestinamente il loro apprendimento a memoria per essere poi tramandato alle future generazioni: un ritorno all’antica civiltà della trasmissione orale.

Controcorrente, anche se comunque in (inevitabile?) ritardo, è la rivalutazione del patrimonio librario e documentale del Nobile Collegio Chimico Farmaceutico di Roma, e il suo inserimento nel sito www.sbn.it dove si possono effettuare ricerche sul catalogo nazionale del Sistema Bibliotecario Nazionale.19

NOTE

a. In Italia a Triora (provincia di Imperia) nel 1587 una quarantina di donne, che erano ritenute responsabili di una pesante carestia, furono arrestate su denuncia dei vicini, torturate e bruciate vive dopo i feroci interrogatori da parte dell’autorità laica e quella religiosa: ovviamente se confessavano erano colpevoli, se resistevano alle raffinate sevizie era evidente il patto con Satana e quindi colpevoli. È interessante che i due poteri legislativi si sono divisi i compiti giudicando i reati normali quali l’assassinio di bambini o religiosi per osceni rapporti col diabolico.

b. La parola quack (ciarlatano) deriva dall’antico olandese quacksalver: ambulante che cercava di vendere fantasiose cure appunto ciarlando. Non mi risulta sia stato abrogato il Regio Decreto del 18 giugno 1931: È vietato il mestiere di ciarlatano.

c. L’imbecillità non ha confini: il viceministro israeliano Ayoub Kara ha dichiarato che il terremoto nell’Italia centrale è la punizione divina per l’astensione dell’Italia a una risoluzione dell’Unesco, mentre il padre domenicano di Radio Maria lo giudica il castigo di Dio per una questione di sesso.

d. Semplicisticamente durante la guerra, in Jugoslavia collaboravano con i tedeschi i Domobranzi (Domobrani), che erano i coscritti dell’esercito in genere sloveni ed in parte croati, gli Ustascia che erano i croati guidati da Ante Pavelic ed i Cetnici che erano nati dal corpo degli ufficiali serbi filomonarchici di Mihailovic. Dall’altra parte il partito comunista che formò l’ossatura del movimento partigiano: tutti nelle loro diversità avevano in comune la diffidenza, il doppio gioco ed i massacri.

e. Paolo Introzzi (1898-1990) titolare della cattedra di Clinica Medica dell’Università di Pavia per 22 anni, forse l’ultimo dei “Baroni” con i difetti ma anche con i ben più importanti pregi del “Maestro”.

BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA

1. Pazzini A. Storia dell’Arte Sanitaria dalle origini ad oggi. Roma: Ed. Minerva Medica, 1973-1974.

2. Dal veleno della tarantola peruviana, una nuova classe di farmaci contro dolore neuropatico, Il farmacista online, n.1332, 6 marzo, 2016.

3. La medicina popolare in Finlandia. Fitoterapia 33, 10 gennaio 2016.

4. La medicina narrativa corregge le aridità dell’EBM e rafforza l’alleanza tra medico e paziente. Endocrinologia 2017;33,1-18 gennaio.

5. Biscuso M. Filosofia e Medicina. Milano-Udine, Ed Mimesi, 2009. (Rivista di Storia della Medicina 1, 324, 2013).

6. Belladonna, Stramonio e Giusquiamo, le erbe delle streghe, Farmacista 33, n.31-13 febbraio 2016.

7. Le droghe fantasma e il rituale dell’Ayahuasca. Farmacista 33, n.47-4 marzo 2017.

8. L’efedra, pianta dei magi zoroastriani. Farmacista 33, n.184-3 febbraio 2016.

9. Una teoria integrata degli effetti dell’ayahuasca, Fitoterapia 33, 9 ottobre 2016.

10. Iboga, arbusto allucinogeno contro dipendenze da stupefacenti. Farmacista 33, n.33-29 febbraio 2016.

11. Rigo S. Sul tagliare lo scilinguagnolo. Rivista di Storia della Medicina, 1/2 gennaio-dicembre 2006.

12. Musicoterapia, uno strumento per i dentisti per ridurre l’ansia nei pazienti. Odontoiatria 33, n.592-26 luglio 2016.

13. Burton RF. Le terme di Monfalcone (aqua dei et vitae). Monfalcone: Ed. della Laguna, 1992.

14. Trieste: la città di Ulisse - Gli anni triestini di James Joyce, Sala Comunale di Trieste, 1991.

15. Joyce J. Lettere e saggi, Milano: Ed. Il Saggiatore, 2016, pag. 979.

16. Pincherle B. In compagnia di Stendhal, Trieste, Ed. All’insegna del pesce d’oro, 1967.

17. Coen M. Bruno Pincherle. Pordenone: Studio Tesi, pag. 37, 1995.

18. Maggioni G. Ricordo di Bruno Pincherle pediatra e letterato. Il Lanternino, n.1-1997, pag. 14.

19. Strumenti del futuro per il passato della professione. Il Farmacista, n. 7-2011, pag. 12.