La valutazione dei rischi.
Il rischio chimico e il rischio cancerogeno

Stefano Macchiavelli,8 Sara Dereani,1,2 Nicola Nigri,1,3 Stefano Loiacono,1,4 Alessandra Maestro,1,5 Chiara Volpato,5
Riccardo Provasi,1,6 Davide Zenoni,1,7 Davide Zanon,1,5 Mariarosa Moneghini9

1 Area Galenica e Nutrizione Clinica SIFO
2 Scuola di Specializzazione in Farmacologia Medica, UniMi
3 Servizio Farmaceutico Presidio Ospedaliero di Spoleto, USL Umbria 2
4 Scuola di Specializzazione in Farmacia Ospedaliera, UniMi
5 SSD Farmacia e Farmacologia Clinica, IRCCS Burlo Garofolo Trieste
6 S.C. Farmacia, ASUITs - Azienda Universitaria Integrata di Trieste
7 U.O.C. Farmacia ASST Bergamo EST
8 Ufficio Servizi in outsourcing, Università degli Studi di Trieste
9 Dipartimento di Scienze Chimiche e Farmaceutiche, Università degli Studi di Trieste

LA VALUTAZIONE DEI RISCHI

Premessa

A conclusione di un percorso durato quasi un anno, in cui abbiamo trattato i diversi aspetti legislativi in ambito di sicurezza, a partire dai DPI, finendo con l’esperienza pratica, sul campo, dei colleghi di Trento, non potevamo non dare modo al lettore di mettere in pratica quanto abbiamo finora descritto. Questo articolo ha lo scopo di trasmettere al farmacista, sia esso titolare della farmacia (datore di lavoro) o lavoratore, la fondamentale importanza del Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) quale principale strumento per la tutela della salute e sicurezza sul luogo di lavoro. Inoltre l’articolo vuole rappresentare una sintetica guida per la corretta valutazione di alcuni dei principali rischi presenti in farmacia, come il rischio da agenti chimici ed il rischio da agenti cancerogeni, citando alcune delle metodologie di valutazione maggiormente diffuse.

Per una maggior facilità di comprensione del testo, si riportano due esempi di organigramma della sicurezza con le figure della sicurezza ai sensi del D.Lgs. 81/2008 e s.m.i. previste all’interno delle farmacie territoriali e delle farmacie ospedaliere. Gli organigrammi devono inoltre prevedere gli addetti alle emergenze (primo soccorso e prevenzione incendi). RSSP = Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione. RLS = Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza.




IL DOCUMENTO DI VALUTAZIONE DEI RISCHI

È una relazione obbligatoria in carico al datore di lavoro sulla valutazione di tutti i rischi per la salute e la sicurezza presenti nell’ambiente lavorativo e nello svolgimento dell’attività lavorativa nella quale siano specificati:

1. I criteri e le metodologie adottate per la valutazione stessa;

2. L’indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate;

3. Il programma di attuazione delle misure ritenute opportune per garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di sicurezza.

Il DVR è quindi lo strumento fondamentale che permette al datore di lavoro (per le farmacie territoriali si identifica generalmente con il titolare o direttore della farmacia) di individuare le misure di prevenzione e di pianificarne, l’attuazione, il miglioramento ed il controllo al fine di verificarne l’efficacia e l’efficienza. Principale scopo del DVR non è da ritenersi la verifica dell’applicazione dei precetti di legge, bensì la ricerca e la valutazione di tutti quei rischi che, nonostante la corretta applicazione delle normative specifiche, rimangono in essere.

L’elaborazione del DVR è uno dei due compiti indelegabili del datore di lavoro, sanciti dall’articolo 17 del D.Lgs. 81/2008. L’altro compito indelegabile è la designazione del RSPP. Nelle farmacie territoriali questo ruolo è spesso rivestito dallo stesso titolare della farmacia mentre nelle farmacie ospedaliere il ruolo è affidato dal Direttore Generale (di norma il datore di lavoro) ad una figura specializzata interna all’Azienda Sanitaria o Istituto.

Il DVR deve essere disponibile per eventuali verifiche da parte degli organi di vigilanza e controllo e conservato all’interno del luogo di lavoro (per le farmacie ospedaliere è conservato solitamente dal RSPP o presso la Direzione Generale). Deve riportare le firme del datore di lavoro, del RSPP, del Medico Competente (ove presente) e, per presa visione, del RLS aziendale, se nominato o eletto.

Il DVR deve avere data certa ed è obbligatorio per tutte le farmacie private e pubbliche che abbiano almeno un lavoratore o equiparato ad esso. È un documento versatile e flessibile, che va elaborato entro novanta giorni dall’inizio dell’attività e che deve essere aggiornato periodicamente e nel caso in cui intervengono mutamenti notevoli, quali cambiamenti organizzativi, introduzione di nuovi rischi, acquisto di nuovi strumenti o macchinari, importanti infortuni o malattie professionali, aggiornamenti normativi che ne implichino una revisione.

Le farmacie con meno di 10 lavoratori hanno la facoltà di elaborare il DVR attraverso l’uso delle procedure standardizzate di cui all’articolo 29, comma 5, del D.Lgs. 81/2008 e recepite con Decreto Interministeriale del 30/11/2012. In questo articolo non verranno trattate le procedure standardizzate che, seppur consentite dalla normativa per settori di attività a basso rischio di infortuni e malattie professionali (quindi per le farmacie territoriali), non sembrano, a nostro avviso, uno strumento completo per il farmacista.

Il concetto di pericolo

Il pericolo è una proprietà intrinseca di un determinato fattore (oggetto, sostanza, ecc.) avente il potenziale di causare danni.

Il concetto di danno

Il danno è l’effetto negativo prodotto da un evento determinatosi a seguito dell’esposizione ad un pericolo che si è tradotto nella lesione psicofisica di uno o più lavoratori.

Il concetto di rischio

Il rischio è un concetto probabilistico: è infatti la probabilità che accada un certo evento capace di causare un danno alle persone. La nozione di rischio implica l’esistenza di un pericolo e la possibilità che essa si trasformi in un danno.

Stima del rischio

Definizione della probabile gravità del danno e della probabilità del suo accadimento - UNI EN ISO 12100-1.

R = P x D

R = rischio

P = probabilità del verificarsi del danno ai lavoratori.

D = magnitudo (gravità) del danno ai lavoratori

Uno dei principali metodi per esprimere P e D utilizza scale di probabilità ed un’analisi matriciale.




La stima numerica del rischio permette di identificare una scala di priorità degli interventi per ridurre il rischio.




Gli interventi devono ridurre il rischio fino a raggiungere un “rischio non significativo” o “rischio accettabile” che non dovrebbe richiedere ulteriori azioni, ma per il quale è comunque necessario il monitoraggio. Se nonostante gli interventi di riduzione non si raggiunge un “rischio accettabile”, è necessario adottare altre misure di tutela al fine di proteggere i lavoratori dal “rischio residuo”.

UNI 11230 – Gestione del rischio

Le fasi per la valutazione dei rischi e la redazione del DVR

La valutazione va fatta precedere da un’attenta ricognizione circa le caratteristiche dell’attività lavorativa, tenendo anche conto dell’eventuale esistenza di attività di servizio (pulizia, manutenzione, ecc.) od occasionali (guasti, riattivazione di impianti, ecc.) eseguite sia dal personale della farmacia che da terzi di altre aziende come pure la presenza in farmacia di clienti. La valutazione dei rischi per la farmacia ospedaliera è compresa nel DVR dell’Azienda.

Le fasi da seguire nell’ordine e da elaborare/analizzare sono:

1. Identificazione dei fattori di rischio;

2. Identificazione dei lavoratori esposti;

3. Stima dell’entità delle esposizioni;

4. Stima della gravità degli effetti che ne possono derivare;

5. Stima della probabilità che tali effetti si manifestino;

6. Disponibilità di misure tecniche, organizzative, procedurali, per eliminare o ridurre l’esposizione e/o il numero di esposti;

7. Definizione di un piano per la messa in atto delle misure individuate;

8. Verifica dell’idoneità delle misure in atto;

9. Redazione del documento;

10. Definizione di tempi e modi per la verifica e/o l’aggiornamento della valutazione.

La valutazione deve riguardare tutti i rischi derivanti dall’attività lavorativa che risultino ragionevolmente prevedibili.

L’individuazione delle sorgenti di rischio

Al fine di valutare i rischi per la predisposizione del DVR è essenziale procedere all’identificazione delle sorgenti di rischio esistenti in farmacia e delle loro reciproche interazioni. Per identificare tutte le sorgenti di rischio è necessario conoscere approfonditamente l’attività svolta nello specifico contesto lavorativo. Questo significa conoscere bene la struttura in cui si svolge l’attività (ambienti di lavoro), l’organizzazione aziendale (chi fa cosa), le attrezzature utilizzate, i prodotti/sostanze utilizzate, le mansioni dei singoli lavoratori (farmacista, commesso, magazziniere, impiegato, addetto alle pulizie, ecc.), gli aspetti psicosociali (stress lavoro correlato, mobbing, molestie, ecc.) e per ultimo, ma non meno importante, conoscere i lavoratori stessi (differenze di genere, di lingua, ecc.).

Partendo dal fondamento che ogni attività, anche appartenente allo stesso settore, ha rischi propri e che questi ultimi rispecchiano la situazione esistente in un preciso contesto, anche per la farmacia vanno individuati i rischi specifici di quella farmacia che, seppur in certi casi possano essere simili a quelli di altre farmacie, non porteranno quasi mai ad una valutazione identica.

Dopo questa importante premessa è nostra intenzione riassumere in questo articolo due delle principali sorgenti di rischio possibili nelle attività farmaceutiche ed esporre, seppur brevemente, alcune metodologie semplici di valutazione dei rischi. È chiaro che ogni datore di lavoro, con l’aiuto eventualmente di persone esperte, stabilirà in proprio le metodologie di valutazione dei rischi più appropriate per la propria farmacia.

I rischi in farmacia - classificazione e tipologie

Ribadendo il concetto che i rischi da valutare sono tutti e che nel DVR va descritta la metodologia di valutazione adottata per stimare ogni tipologia di rischio, si riporta di seguito la classificazione dei rischi ed un elenco non esaustivo come promemoria.

I rischi sono classificati in:

– Rischi per la sicurezza;

– Rischi per la salute;

– Rischi trasversali.

Rischi per la sicurezza

I rischi per la sicurezza, o rischi di natura infortunistica, sono quelli responsabili del potenziale verificarsi di incidenti o infortuni, ovvero di danni o menomazioni fisiche subite dalle persone addette alle varie attività lavorative, in conseguenza di un impatto fisico-traumatico di diversa natura (meccanica, elettrica, chimica, termica, ecc.).

Le cause di tali rischi sono da ricercare, almeno nella maggioranza dei casi, in un non idoneo assetto delle caratteristiche di sicurezza inerenti: l’ambiente di lavoro, le macchine e/o le apparecchiature utilizzate, le modalità operative, l’organizzazione del lavoro, ecc.

I rischi riscontrati nella maggior parte delle farmacie sono elencati di seguito.

– Aree interne di accesso e di transito, rischi di caduta in piano (accesso da esterno, viabilità interna, movimentazione dei carichi, ecc.);

– Strutture edilizie, spazi di lavoro interni e arredi, rischi di caduta dall’alto (altezza, superficie, volume dell’ambiente, pavimenti, pareti, solai, soppalchi, ecc.);

– Porte, vie e uscite (anche in caso di emergenza);

– Illuminazione (normale e in emergenza);

– Scale fisse e portatili;

– Macchine e attrezzature - rischi da carenze di sicurezza, marchio ‘CE’, protezione organi di trasmissione e di lavoro (incapsulatrice, comprimitrice, ecc.);

– Attrezzature manuali e portatili e utensili (forbici, cutter, ecc.);

– Rischi elettrici (progetto e conformità, impianti speciali, messa a terra, ecc.);

– Attrezzature a pressione (bombole di ossigeno);

– Impianti termici (anche climatizzatori a parete);

– Rischi d’incendio ed esplosione (presenza di materiali infiammabili, caratteristiche strutturali e di aerazione, sistemi antincendio, segnaletica di sicurezza, ecc.);

– Agenti chimici pericolosi per la sicurezza (infiammabili, corrosivi, comburenti, ecc.).

Rischi per la salute

I rischi per la salute, o rischi igienico-ambientali, sono quelli responsabili della potenziale compromissione dell’equilibrio biologico del personale addetto ad operazioni o a lavorazioni che comportano l’emissione nell’ambiente di fattori ambientali di rischio, di natura chimica, fisica e biologica, con seguente esposizione del personale addetto.

Le cause di tali rischi sono da ricercare nell’insorgenza di non idonee condizioni igienico-ambientali dovute alla presenza di fattori ambientali di rischio generati dalle lavorazioni, (caratteristiche del processo e/o delle apparecchiature) e dalle modalità operative.

– Agenti chimici;

– Agenti cancerogeni o mutageni;

– Agenti biologici;

– Aerazione e ventilazione dei locali di lavoro ed inquinamento indoor;

– Microclima dei luoghi di lavoro;

– Illuminazione degli spazi e postazioni di lavoro;

– Rumore;

– Vibrazioni;

– Radiazioni ionizzanti;

– Radiazioni non ionizzanti (comprese le radiazioni ottiche artificiali);

– Altri agenti fisici (infrasuoni, ultrasuoni, ecc.);

– Carico di lavoro fisico, movimentazione manuale dei carichi e movimenti ripetitivi;

– Lavoro ai videoterminali;

– Igiene degli ambienti.

Rischi trasversali

Tali rischi sono individuabili all’interno della complessa articolazione che caratterizza il rapporto tra l’operatore e l’organizzazione del lavoro in cui è inserito. Il rapporto in parola è peraltro immerso in un “quadro” di compatibilità ed interazioni che è di tipo psicologico ed organizzativo, oltre che ergonomico. La coerenza di tale “quadro”, pertanto può essere analizzata anche all’interno di possibili trasversalità tra rischi per la sicurezza e rischi per la salute.

– Ergonomia dell’organizzazione e dei sistemi di lavoro, degli ambienti, delle attrezzature e postazioni, dei dispositivi di protezione personale;

– Fattori psicologici (intensità, monotonia, solitudine, ripetitività del lavoro, carenze di contributo al processo decisionale e situazioni di conflittualità, ecc.);

– Fattori di stress lavoro-correlato;

– Organizzazione del lavoro, compiti funzioni e responsabilità, lavoro notturno, lavoratrici gestanti, lavoratori minori;

– Pianificazione, gestione e controllo e coordinamento della sicurezza;

– Informazione, formazione e addestramento dei lavoratori, preposti e dirigenti;

– Istruzioni, prassi e procedure di lavoro in sicurezza ;

– Gestione emergenze (anche il rischio rapina, in particolare per le farmacie territoriali) e pronto soccorso;

– Controlli, verifiche e manutenzioni.

Identificazione delle principali sorgenti di rischio in farmacia

Tralasciando gli approfondimenti sui rischi per la sicurezza e sui rischi trasversali, si vuole focalizzare l’attenzione su alcuni dei rischi specifici per la salute derivati dall’attività propria di una farmacia anche in virtù delle mansioni caratteristiche dei lavoratori.

Verranno quindi trattati di seguito:

– Il rischio da agenti chimici

– Il rischio da agenti cancerogeni e mutageni.

Il rischio da agenti chimici

Premessa

Nel caso la farmacia preveda l’utilizzo di agenti chimici pericolosi, prima di effettuare la valutazione del rischio chimico, la normativa attuale determina l’obbligo di attuare le seguenti misure generali di tutela da predisporre prima dell’inizio dell’attività lavorativa:

– La progettazione e l’organizzazione dei sistemi di lavorazione sul luogo di lavoro;

– La fornitura di attrezzature idonee per il lavoro specifico e le relative procedure di manutenzione adeguate;

– La riduzione al minimo del numero di lavoratori che sono o potrebbero essere esposti;

– La riduzione al minimo della durata e dell’intensità dell’esposizione;

– Le misure igieniche adeguate;

– La riduzione al minimo della quantità di agenti presenti sul luogo di lavoro in funzione delle necessità della lavorazione;

– Metodi di lavoro appropriati comprese le disposizioni che garantiscono la sicurezza nella manipolazione, nell’immagazzinamento e nel trasporto sul luogo di lavoro di agenti chimici pericolosi nonché dei rifiuti che contengono detti agenti chimici.

Il percorso di valutazione dei rischi da agenti chimici deve, primariamente, essere in grado di identificare e classificare gli agenti chimici che possono costituire fattori di rischio per i lavoratori, tenendo conto delle proprietà intrinseche delle sostanze e delle miscele che possono rappresentare un pericolo all’atto della normale manipolazione o utilizzazione.

Il Regolamento CLP individua le classi di pericolo per gli agenti chimici pericolosi distinguendo i pericoli per la sicurezza, legati alle proprietà chimico-fisiche, dai pericoli per la salute connessi alle proprietà tossicologiche a breve, medio e lungo termine. Per ogni sostanza o miscela presente negli ambienti di lavoro, devono essere noti la composizione chimica e le caratteristiche chimico-fisiche nonché quelle relative alla sicurezza nell’utilizzo, nella manipolazione e nello stoccaggio (tensione di vapore, limiti di infiammabilità, incompatibilità con altri prodotti ecc.). Queste informazioni si possono ricavare dalla scheda di sicurezza (SDS).

In estrema sintesi si può affermare che il rischio chimico per la salute è riferito alla probabilità che possa insorgere una malattia professionale, mentre il rischio chimico per la sicurezza è riferito alla probabilità che possa verificarsi un infortunio.

Gli agenti chimici che abbiano esclusivamente proprietà pericolose soltanto per l’ambiente (H400) non sono compresi nel campo di applicazione della normativa attuale per quanto attiene la valutazione del rischio da agenti chimici. La valutazione del rischio chimico può dimostrare che il rischio connesso alla presenza/esposizione ad agenti chimici pericolosi sia:

1. Non basso per la sicurezza e non irrilevante per la salute;

2. Non basso per la sicurezza e irrilevante per la salute;

3. Basso per la sicurezza e non irrilevante per la salute;

4. Basso per la sicurezza e irrilevante per la salute.

A seconda del risultato della valutazione, il datore di lavoro applicherà i seguenti articoli del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81:

– Articolo 225 - Misure specifiche di protezione e di prevenzione;

– Articolo 226 - Disposizioni in caso di incidenti o di emergenze;

– Articolo 229 - Sorveglianza sanitaria;

– Articolo 230 - Cartelle sanitarie e di rischio.




Per una precisa valutazione quantitativa dell’esposizione potrebbe essere necessario effettuare dei campionamenti ambientali, fondamentali anche per dare un indice dell’adeguatezza delle misure di sicurezza intraprese e tenere monitorata una situazione.

Criteri per la valutazione del rischio per la salute

Ai fini della valutazione del rischio da agenti chimici pericolosi, il datore di lavoro deve tenere conto delle condizioni espositive e più cautelative per la salute e la sicurezza dei lavoratori, tenendo in considerazione che i requisiti minimi di valutazione sono:

1. Caratteristiche di pericolosità per salute e sicurezza;

2. Quantità in uso;

3. Proprietà chimico-fisiche;

4. Modalità di impiego;

5. Durata dell’esposizione inalatoria e cutanea;

6. Misure generali di prevenzione;

7. Gli effetti delle misure preventive e protettive adottate o da adottare;

8. Conclusioni tratte da eventuali azioni di sorveglianza sanitaria.

1. Caratteristiche di pericolosità per salute e sicurezza

Per prima cosa è necessario determinare tutti gli agenti chimici presenti (utilizzati o non utilizzati) in farmacia. Successivamente si individueranno tutti gli agenti chimici pericolosi.

La pericolosità intrinseca di un agente chimico pericoloso è una sua caratteristica invariabile, indipendente dalle condizioni in cui viene utilizzata e viene riportata, per la maggior parte delle sostanze e delle miscele pericolose, nelle indicazioni di pericolo (H – Hazard) della scheda di sicurezza. Esistono inoltre numerose banche dati affidabili e bibliografia certa da cui si possono ricavare la pericolosità.

Le caratteristiche di pericolosità per la salute devono tener conto principalmente delle proprietà tossicologiche, epidemiologiche e olfattive delle sostanze e miscele (sezione 11 della scheda di sicurezza e la scheda tecnica fornita dal produttore).

Le frasi H300 sono quelle da prendere in considerazione per la salute, in particolare:

– Tossicità acuta (H301, H302, H310, H311, H312, H330, H331, H332);

– Tossicità specifica per organi bersaglio - esposizione singola (H370, H371, H335, H336);

– Tossicità specifica per organi bersaglio - esposizione ripetuta (H372, H373);

– Tossicità per la riproduzione (H360, H361, H362);

– Sensibilizzazione delle vie respiratorie o della pelle (H334, H317);

– Pericolo in caso di aspirazione (H304);

– Corrosione/irritazione della pelle (H314, H315);

– Gravi lesioni oculari/irritazione oculare (H318, H319);

– Mutagenicità di Categoria 2 sulle cellule germinali (H341);

– Cancerogenicità di Categoria 2 (H351).

Rientrano tra gli agenti chimici pericolosi le sostanze mutagene o cancerogene appartenenti alla categoria 2 come definite dal Regolamento CLP.

Alcune banche dati per le proprietà tossicologiche:

– ECHA – European Chemical Agency;

– U.S. National Library of Medicine;

– CCRIS - Chemical Carcinogenesis Research Information System;

– DRUG INFORMATION PORTAL;

– NCBI - National Center for Biotechnology Information;

– PUBCHEM;

– PUBMED;

– TOXLINE.

2. Quantità in uso

È necessario determinare la quantità di agente chimico utilizzata giornalmente per ogni tipologia di attività e per ogni sostanza e miscela (oppure per gruppi omogenei di sostanze e miscele).

Ad esempio, svolgere l’operazione di pesata di una sostanza tossica per 10 volte al giorno per un anno lavorativo e utilizzando 5 grammi della stessa è molto diverso da svolgere l’operazione in un’unica pesata di 50 grammi una volta al giorno per un anno lavorativo.

Per eseguire la valutazione, in riferimento a detto parametro, si prevedono di norma degli intervalli quantitativi. Per le farmacie i quantitativi utilizzati non saranno ovviamente paragonabili a quelli utilizzati in siti produttivi per cui anche questa indicazione deve far riflettere sulla scelta della metodologia di valutazione da adottare. Se nella farmacia non verranno ipoteticamente mai utilizzati quantitativi giornalieri superiori a 2000 grammi, va da se che gli intervalli di riferimento dovranno partire da 2000 grammi fino a scendere alla quantità minima utilizzata giornalmente.

3. Proprietà chimico-fisiche

Risulta fondamentale consultare la Sezione 9 (proprietà fisica e chimica) della scheda di sicurezza. Dalle proprietà chimico-fisiche delle sostanze e miscele si può dedurre la possibilità della sostanza di rendersi disponibile in aria, in funzione della volatilità del liquido o della granulometria delle polveri. Va precisato che le proprietà chimico-fisiche devono essere quelle della sostanza o miscela tal quale e non quelle in cui si opera durante il loro utilizzo (ad esempio dopo frantumazione di granuli, variazione della temperatura di esercizio durante una preparazione, ecc.).

4. Modalità di impiego

Le modalità di impiego delle sostanze e miscele ci indicano la possibile dispersione nell’ambiente indoor e quindi l’eventuale esposizione nel momento di utilizzo.

In base alle modalità di impiego si possono distinguere per la farmacia, almeno 2 tipologie di impiego della sostanza. Altre tipologie, se utilizzate, devono essere considerate nella valutazione.

– Uso in inclusione in matrice: la sostanza viene incorporata in materiali o prodotti da cui è impedita o limitata la dispersione nell’ambiente. Questa categoria include l’uso di sostanze in granuli, la dispersione di solidi in acqua con limitazione del rilascio di polveri e in genere l’inglobamento della sostanza in matrici che tendano a trattenerla (emulsioni, soluzioni, ecc.);

– Uso controllato e non dispersivo: questa categoria include le lavorazioni in cui sono coinvolti solo limitati gruppi selezionati di lavoratori, adeguatamente esperti dello specifico processo, e in cui sono disponibili sistemi di controllo adeguati a controllare e contenere l’esposizione (cappa chimica).

La manipolazione diretta, in cui il lavoratore opera a diretto contatto con il materiale pericoloso, è quella di gran lunga più utilizzata in farmacia. Il rischio, in questo caso, deve essere ridotto a livelli accettabili utilizzando misure idonee di prevenzione e protezione (ventilazione, aspirazione localizzata, Dispositivi di Protezione Collettiva, Dispositivi di Protezione Individuale).

5. Durata dell’esposizione inalatoria e cutanea

L’identificazione del tempo di esposizione deve essere effettuata su base giornaliera (es. 30 minuti al giorno). Se vi sono basi temporali più ampie, quali la settimana, il mese o l’anno, si considera sempre la peggiore (es. 40 ore all’anno). Anche in questo caso si fa riferimento ad intervalli di tempo in base all’attività lavorativa.

Se la lavorazione interessa l’uso di diversi agenti chimici pericolosi, al fine dell’individuazione del tempo d’esposizione dei lavoratori si considera il tempo che complessivamente espone a tutti gli agenti chimici pericolosi.

Se un agente chimico è pericoloso esclusivamente per ingestione si ritiene che, nella farmacia, il rischio legato a questa via di assorbimento possa essere eliminato alla radice, favorendo la formazione e adottando misure igieniche e comportamentali.

6. Misure generali di prevenzione

Questo parametro deve essere inteso come una verifica della corretta attuazione delle misure generali di prevenzione in quanto esse, oltre ad essere obbligatorie, sono preventive all’utilizzo di agenti chimici.

7. Gli effetti delle misure preventive e protettive adottate o da adottare

Questo parametro ci aiuta a capire se le misure adottate siano efficaci a ridurre il rischio a livelli accettabili e a salvaguardare la salute del lavoratore oppure vi sia la necessità di migliorarle o di adottarne altre. È un parametro che va monitorato ad ogni revisione della valutazione o in caso di infortuni o malattie professionali o, ancora meglio, in caso di infortuni mancati.

8. Conclusioni tratte da eventuali azioni di sorveglianza sanitaria

In caso di rischio non irrilevante per la salute, il datore di lavoro nomina il medico competente e attiva per suo tramite la sorveglianza sanitaria dei lavoratori. Se i risultati collettivi ed anonimi dei controlli sanitari evidenziano anomalie dovute ad esposizione ad agenti chimici, è assolutamente necessario indagare ed attuare immediatamente misure idonee e verificandone l’efficacia.

Metodologie per la valutazione del rischio chimico

In alternativa alla misurazione dell’agente chimico, o quantomeno se non necessariamente richiesto dalla valutazione, è possibile l’uso di sistemi di valutazione del rischio basati su algoritmi costruiti sulla relazione R = P x D.

Gli algoritmi (o i modelli) sono procedure che assegnano un valore numerico ad una serie di fattori o parametri che intervengono nella determinazione del rischio pesando, per ognuno di essi in modo diverso, l’importanza assoluta e reciproca sul risultato valutativo finale.

Ovviamente un modello risulta tanto più efficiente quanto più i fattori individuati e il loro “peso” sono pertinenti alla tipologia di rischio trattato.

Da un modello all’altro variano, di norma:

– I parametri specifici considerati;

– Le scale che definiscono i singoli fattori;

– Il tipo di relazione matematica che lega i parametri individuati;

– La definizione della scala di valori in relazione al rischio.

I fattori individuati vengono quindi inseriti in una relazione matematica (disponibile spesso su software) la quale fornisce un indice numerico che non assegna un valore assoluto del rischio, bensì permette di inserire il valore trovato in una “scala numerica del rischio” individuando, per la situazione analizzata, una graduazione dell’importanza del valore dell’indice calcolato. L’uso di modelli/algoritmi per la valutazione del rischio chimico risulta anche utile come strumento che, a partire da informazioni ugualmente disponibili per tutti, consenta di operare delle scelte tra agenti chimici in possesso di diversa pericolosità che, aventi uguale funzione d’uso e destinati a scopi analoghi, sono utilizzabili in modo equivalente. In rete e in commercio esistono molti modelli per la valutazione del rischio chimico, tra i quali:

MoVaRisCh - Modello di Valutazione del Rischio Chimico - proposto dagli Assessorati alla Sanità delle regioni Emilia Romagna, Toscana e Lombardia;

Euses - European Union System for the Evaluation of Substances;

Ecetoc Tra - sviluppato da un’associazione costituita da primarie industrie europee, e citato dall’Echa tra quelli utilizzabili per l’effettuazione della Chemical Safety Assessment (Csa) in ambito Reach;

Stoffenmanager - Ministero Olandese per gli Affari Social;i

Laborisch - Università Politecnica delle Marche;

Modello n. 73/2011 – ISPRA Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale.

Esempi di procedure di sicurezza per preparazioni galeniche

100 grammi di soluzione dermatologica di Minoxidil al 2% m/m

1. Identificazione agenti chimici




2. Caratteristiche di pericolosità per salute e sicurezza




3. Quantità in uso




4. Proprietà chimico-fisiche

Deve essere consultata la scheda di sicurezza per ricavare i dati più significativi (di seguito una tabella non esaustiva).




5. Modalità di allestimento

Preparare l’alcool a 80° per opportuna diluizione con acqua dell’alcool a 96° e poi aggiungervi il minoxidil. A dissoluzione avvenuta, aggiungere il glicole propilenico. Dopo agitazione effettuare i previsti controlli sul preparato e quindi procedere al suo confezionamento, alla tariffazione nonché alla redazione dell’etichetta e della necessaria documentazione come previsto dalle Norme di Buona Preparazione.

6. Durata dell’esposizione inalatoria e cutanea




Tempo totale di preparazione: 20 minuti

7. Misure generali di prevenzione




8. Misure protettive da adottare




9. Conclusioni

Vista le minime quantità utilizzate e il tempo di esposizione, considerate le indicazioni della scheda di sicurezza e valutato il rischio chimico, si adotta la seguente procedura:

L’allestimento di 100 grammi di soluzione dermatologica di minoxidil al 2% m/m deve avvenire indossando i seguenti DPI: occhiali di protezione, maschera filtrante a conchiglia FFP2, guanti monouso e camice.

Rimane inteso che tutte le disposizioni di sicurezza della farmacia, comprese le misure igieniche sono rispettate.

100 ml di soluzione orale captopril 0.1% m/V (cardiologia neonatale)

1. Identificazione agenti chimici




2. Caratteristiche di pericolosità per salute e sicurezza

Fare sempre attenzione alla data di revisione della scheda di sicurezza. Per il Captopril vi sono alcuni produttori/fornitori che nella scheda di sicurezza aggiornata al 2017, lo riportano “non pericoloso secondo la regolamentazione (CE) N. 1272/2008”. Si consiglia di verificare anche nelle specifiche banche dati. I dati di pericolosità sono stati quindi estrapolati confrontando numerose schede di sicurezza di diversi produttori e della bibliografia specifica.




3. Quantità in uso




4. Proprietà chimico-fisiche




5. Modalità di allestimento

Dopo aver pesato il captopril, lo si trasferisce in matraccio di vetro ambrato da 100 ml e si solubilizza sotto agitazione in circa 80 ml di acqua depurata. A dissoluzione avvenuta si aggiungono, sempre sotto agitazione, l’acido ascorbico ed infine l’aroma. Dopo aver portato a volume con altra acqua depurata, effettuare i previsti controlli sul preparato e quindi procedere al suo confezionamento, alla tariffazione nonché alla redazione dell’etichetta e della necessaria documentazione come previsto dalle Norme di Buona Preparazione.

6. Durata dell’esposizione inalatoria e cutanea




Tempo totale di preparazione: 10 minuti

7. Misure generali di prevenzione




8. Misure protettive da adottare




9. Conclusioni

Vista le minime quantità utilizzate e il tempo di esposizione, considerate le indicazioni della scheda di sicurezza e valutato il rischio chimico, si adotta la seguente procedura:

L’allestimento di 100 ml di soluzione di captopril 0.1% m/V deve avvenire indossando i seguenti DPI: occhiali di protezione, maschera filtrante a conchiglia FFP3, guanti monouso e camice.

Rimane inteso che tutte le disposizioni di sicurezza della farmacia, comprese le misure igieniche sono rispettate.

Il rischio da agenti cancerogeni e mutageni

Premessa

Per poter utilizzare nell’attività lavorativa gli agenti cancerogeni e mutageni, il datore di lavoro deve dimostrare di aver provveduto ad effettuare ricerche mirate per provvedere alla sostituzione di tali agenti con altre sostanze, miscele o procedimenti che, nelle condizioni in cui vengono utilizzati, non siano pericolosi per la salute o siano meno pericolosi alla salute e che queste ricerche abbiano dimostrato che non è tecnicamente possibile la sostituzione di tali agenti in relazione all’attività lavorativa.

Se non è tecnicamente possibile sostituire gli agenti cancerogeni o mutageni, il datore di lavoro provvede affinché l’utilizzazione di tali agenti avvenga in un sistema chiuso, “sempre che ciò sia tecnicamente possibile”.

Per semplificazione, quando si parla di rischio da agenti cancerogeni e mutageni, si utilizza di solito il termine “rischio cancerogeno”.

Pittogramma GHS08 e indicazioni di pericolo per sostanze e miscele cancerogene e mutagene




Si definiscono cancerogeni gli agenti chimici che, per inalazione, ingestione o contatto, possono provocare neoplasie.

– Agente cancerogeno:
Una sostanza o miscela (contenente ≥0,1% di cancerogeno Categoria 1) che corrisponde ai criteri di classificazione come sostanza cancerogena di categoria 1A o 1B di cui all’allegato I del Regolamento CLP.

Si definiscono mutageni gli agenti chimici che, per inalazione, ingestione o contatto, possono provocare alterazioni genetiche.

– Agente mutageno:
Una sostanza o miscela (contenente ≥0,1% di mutageno Categoria 1) corrispondente ai criteri di classificazione come agente mutageno di cellule germinali di categoria 1A o 1B di cui all’allegato I del Regolamento CLP.

Il sistema di classificazione vigente a livello nazionale è quello dell’Unione Europea, stabilito dal Regolamento (CE) n. 1272/2008 (Regolamento CLP), che classifica le sostanze cancerogene e quelle mutagene in tre Categorie:

Sostanze cancerogene:

– Categoria 1A: Sostanze di cui sono noti effetti cancerogeni per l’uomo;

– Categoria 1B: Sostanze di cui si presumono effetti cancerogeni per l’uomo;

– Categoria 2: Sostanze di cui si sospettano effetti cancerogeni per l’uomo.

Sostanze mutagene:

– Categoria 1A: Sostanze di cui è accertata la capacità di causare mutazioni ereditarie nelle cellule germinali umane

– Categoria 1B: Sostanze da considerare capaci di causare mutazioni ereditarie nelle cellule germinali umane

– Categoria 2: Sostanze che destano preoccupazione per il fatto che potrebbero causare mutazioni ereditarie nelle cellule germinali umane.

Le Categorie 2 di cancerogeni e mutageni rientrano nella valutazione del rischio da agenti chimici pericolosi.

Criteri per la valutazione del rischio

La valutazione deve principalmente tener conto di:

– Elenco delle attività lavorative che comportano la presenza di sostanze o preparati cancerogeni o mutageni con l’indicazione dei motivi per i quali sono impiegati (se devono essere utilizzati ai fini dell’attività lavorativa, deve essere dimostrato che non possono essere sostituiti da altri prodotti meno pericolosi);

– Durata e frequenza delle lavorazioni;

– Quantitativi (o loro concentrazione) di sostanze (o miscele) cancerogene e mutagene prodotte, utilizzate, o presenti come impurità o sottoprodotti;

– Possibili vie di assorbimento;

– Numero dei lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti;

– Stima dell’esposizione dei suddetti lavoratori;

– Misure preventive e protettive applicate e tipo di dispositivi di protezione individuale utilizzati;

– Indagini svolte per la possibile sostituzione degli agenti cancerogeni con indicazione delle sostanze e miscele eventualmente utilizzate come sostituti.

La valutazione del rischio di esposizione professionale dei lavoratori deve permettere la loro classificazione in:

– Lavoratori potenzialmente esposti: il valore di esposizione ad agenti cancerogeni e/o mutageni risulta superiore a quello della popolazione generale, solo per eventi imprevedibili e non sistematici;

– Lavoratori esposti: il valore di esposizione ad agenti cancerogeni e/o mutageni potrebbe risultare superiore a quello della popolazione generale.

La valutazione del rischio di esposizione ad agenti cancerogeni e/o mutageni spetta al datore di lavoro che deve prima applicare in ordine gerarchico e per quanto tecnicamente possibile, le seguenti misure:

1. Eliminare o sostituire l’agente cancerogeno o mutageno;

2. Utilizzare un sistema chiuso;

3. Ridurre il livello di esposizione dei lavoratori al più basso valore tecnicamente possibile e comunque non superiore al valore limite di esposizione.

La valutazione va effettuata prima dell’inizio dell’attività lavorativa.

L’obiettivo deve essere quello di ottenere il livello di esposizione più basso tecnicamente possibile in relazione ai processi di lavoro.

Va ricordato che l’esistenza del rischio va sostanzialmente ammessa quando ricorrano condizioni di non adeguata protezione nella preparazione, manipolazione di questi agenti.

Per gli agenti cancerogeni e/o mutageni non è possibile individuare, come per il rischio chimico, una soglia del rischio al di sotto della quale il rischio risulti irrilevante per la salute.

L’impiego di agenti cancerogeni per preparazioni nei laboratori delle farmacie territoriali è raro o comunque molto limitato.

Il laboratorio di una farmacia territoriale potrebbe allestire qualche preparato ad elevato rischio, in quanto cancerogeno e mutageno o potenzialmente tale.

Escludiamo la preparazione di terapie iniettabili in quanto è limitata a poche farmacie, che possiedono la struttura e l’organizzazione idonee a quanto richiesto dalle norme per tale tipo di preparazioni sterili.

Usualmente viene preferita la forma da somministrare per os, in forme solide quali capsule e compresse o in formulazioni liquide, quali sciroppi o sospensioni. Molte farmacie territoriali sono appunto dotate di incapsulatrice da banco e alcune di comprimitrice da banco in modo da poter allestire le preparazioni richieste.

Capita quindi di dover allestire preparazioni contenenti ad esempio azatioprina o mercaptopurina.

Questi farmaci, seppur “pericolosi”, pur non costituendo un rischio significativo di esposizione professionale diretta a causa della loro formulazione (es. compresse o capsule), possono tuttavia costituire un rischio se le formulazioni vengono manipolate, ad esempio frantumando le compresse e ricavandone la preparazione richiesta (ricostituita, diluita, ripartita, ecc.) in qualunque dosaggio a seconda della necessità terapeutica.

Da citare la Raccomandazione n.14 di ottobre 2012 del Ministero della Salute per la prevenzione degli errori in terapia con farmaci antineoplastici e il Position Paper - formule magistrali di maggio 2015 della SIFAP Società Italiana Farmacisti Preparatori.

L’azatioprina, per il CLP, è un cancerogeno di categoria 1B con indicazione di pericolo H350 - Può provocare il cancro.

Il farmacista che effettui allestimenti con questo principio attivo deve operare con tutti i criteri e le metodologie richieste per l’utilizzo di cancerogeni nell’attività lavorativa.

In farmacia può capitare anche di dover manipolare altri principi attivi non considerati cancerogeni o mutageni, ma comunque tossici per l’uomo, come ad esempio la mercaptopurina classificata dallo IARC nel Gruppo 3 (non classificabile cancerogeno per l’uomo) e il cortisone (sospettato di nuocere al feto).

L’applicazione della normativa della Farmacopea sulla preparazione dei farmaci, riduce in modo significativo il potenziale rischio cancerogeno per gli operatori esposti.

È vietato comunque l’utilizzo di agenti cancerogeni e mutageni da parte delle donne in gravidanza e allattamento.

Laddove vengano correttamente applicate tutte le misure generali di igiene del lavoro e sia stata istituita una corretta metodologia tecnica per l’utilizzo sistematico di questi farmaci, l’unica occasione che può assumere un significato di esposizione a un rischio potenziale è l’evento incidentale, quale la rottura di un contenitore, con spandimento del prodotto sulle superfici di lavoro o con l’imbrattamento dell’operatore.

L’impiego di agenti cancerogeni e mutageni nelle farmacie ospedaliere

La manipolazione non corretta dei farmaci citotossici può causare cancro, effetti tossici sugli organi, problemi di fertilità, alterazioni genetiche e malformazioni congenite. L’esposizione avviene solitamente attraverso il contatto con la pelle o le membrane mucose, per inalazione e per ingestione.

Particolare attenzione si deve porre al percorso di “Autorizzazione delle strutture sanitarie” che individua nei requisiti minimi anche adempimenti per l’adeguamento tecnologico e strutturale utili al fine della gestione del rischio cancerogeno.

Per esempio, nelle recenti linee guida di indirizzo tecnico della SIFO, la Società Italiana di Farmacia Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici delle Aziende Sanitarie, per la tutela dell’operatore sanitario a rischio di esposizione ai farmaci antiblastici, si afferma chiaramente che, per il trasferimento di farmaci durante le fasi di preparazione e di somministrazione, è necessario l’utilizzo di un dispositivo di trasferimento a circuito chiuso (CSTD, Closed System Transfer Device) secondo la definizione del NIOSH (National Institute for Occupational Safety and Health) e che è responsabilità della farmacia della struttura ospedaliera esaminare la documentazione tecnica e scientifica e la relativa certificazione/conformità e scegliere dispositivi che forniscano la massima garanzia di protezione del “sistema a circuito chiuso”.

Riguardo a queste procedure si segnala, secondo le Linee Guida 5 Agosto 1999 del Ministero della Sanità, che la preparazione, la somministrazione e lo smaltimento dei chemioterapici antiblastici dovrebbero avere luogo in un ambiente chiamato UFA (Unità Farmaci Antitumorali), rispondente ai seguenti requisiti:

– Centralizzata perché tutte le attività a rischio siano controllate e non improvvisate;

– Isolata perché anche strutturalmente risulti ben identificabile;

– Chiusa perché tutti i materiali utilizzati nella manipolazione possano essere facilmente recuperati e smaltiti;

– Protetta perché possa accedervi solo il personale autorizzato;

– Segnalata con appositi segnali di rischio

In mancanza di “UFA”, si deve impiegare il sistema glove-box.




La farmacia ospedaliera può utilizzare numerosi agenti cancerogeni e mutageni per la preparazione di farmaci iniettabili e orali.

A titolo non esaustivo, si riporta una tabella con agenti cancerogeni tratta dalla pubblicazione INAIL - agenti cancerogeni e mutageni - lavorare sicuri – edizione 2015.




Metodologie di valutazione del rischio

Esistono alcuni metodi di valutazione con modelli (algoritmi) specifici che, a nostro avviso, non sono veramente efficaci per la valutazione del rischio per la salute da agenti cancerogeni e mutageni nelle farmacie. Per la tipologia di agenti utilizzati nelle farmacie e per la particolare tipologia di lavorazione, non vi sono allo stato attuale metodi validati. È corretto, e soprattutto efficace, che vengano applicate tutte le misure idonee allo scopo di rendere il livello di esposizione più basso possibile.

La valutazione del rischio può essere quindi condotta attraverso un processo a più stadi da riportare sul DVR.

1. Individuazione sostanze e miscele cancerogene/mutagene usate o che si ipotizza saranno utilizzate:

– Attraverso la Scheda di sicurezza e/o attraverso le banche dati (IARC, NIOHS, ISS…);

– Solo le sostanze superiori al limite di concentrazione;

– La classificazione delle miscele si effettua sulla base della concentrazione dei singoli componenti all’interno della miscela ;

2. Identificazione dei lavoratori esposti o potenzialmente esposti

Vanno individuati anagraficamente i lavoratori considerando le mansioni svolte.

Va fatta una scheda per ogni lavoratore che sarà consegnata al medico competente ai fini della sorveglianza sanitaria. La scheda deve essere mantenuta aggiornata.

3. Modalità operative

Per ogni sostanza o miscela va elaborata una scheda informativa (allegata alla precedente) che contenga, oltre ai dati reperibili dalla scheda di sicurezza (identificazione e pericoli), almeno:

– Tipo di lavorazione;

– Quantità utilizzata e la somma dei quantitativi delle sostanze cancerogene e mutagene utilizzate dal singolo lavoratore;

– Durata della manipolazione;

– Frequenza della lavorazione.

4. Misure igieniche dei locali

Deve essere regolare e sistematica la pulitura di locali, attrezzature e impianti.

5. Misure preventive collettive

Stoccaggio materie prime o preparati

Il magazzino deve essere provvisto di idoneo sistema di aerazione; i pavimenti devono essere in materiale plastico facilmente lavabile. Le sostanze e miscele cancerogene e mutagene vanno conservate in posto sicuro e accessibile solamente al personale autorizzato.

Allestimento farmaci

I locali riservati alla preparazione dei farmaci devono essere dotati di pavimento e pareti rivestite da materiale facilmente lavabile. Se non si dispone di una glovebox, è opportuno poter disporre di una stanza filtro al fine di mantenere maggiormente isolato il locale di preparazione dagli altri locali del laboratorio. L’ambiente deve essere mantenuto in depressione rispetto all’esterno, in modo da evitare eventuali contaminazioni. Le porte di accesso dovrebbero essere del tipo a battente con apertura verso l’esterno, al fine di mantenere la depressione. Il locale deve inoltre essere protetto da turbolenze d’aria. All’interno della stanza deve essere previsto un “punto di decontaminazione” costituito da un lavandino a pedale e da un lava-occhi di sicurezza.

La velocità dell’aria immessa dall’impianto non dovrebbe superare 0.15 m/sec e i ricambi d’aria nel locale non dovrebbero essere inferiori ai 6 volumi di aria per ora (10 per i nuovi laboratori).

All’interno della stanza filtro o del locale in cui si opera dovranno essere conservati i mezzi protettivi individuali e i mezzi di sicurezza da impiegare in caso di spandimenti accidentali.

La soluzione ottimale è rappresentata da un sistema con labirinto obbligato di docce ed ambiente filtro per gli indumenti da lavoro. Tuttavia può essere sufficiente la presenza di una doccia per le emergenze.

In assenza di glove-box, la manipolazione di queste sostanze deve essere eseguita sotto cappa ad estrazione totale tendente alla totale protezione dell’operatore e con capacità di contenimento ≥ 0,05 ppm e con certificazione secondo la norma EN 14175 parte 1, 2, 3.

La cappa va posizionata lontano da eventuali correnti d’aria (porte, finestre) e fonti di calore (termosifoni, climatizzatori). Deve essere assolutamente effettuata la manutenzione ordinaria e straordinaria a cura di personale preparato (potenzialmente esposto) che preveda il mantenimento delle caratteristiche funzionali e di sicurezza identiche a quelle riscontrate in fase di collaudo cappa.

6. Mezzi protettivi individuali

È indispensabile durante la manipolazione di cancerogeni e mutageni indossare i dispositivi di protezione individuale (DPI) monouso.

La scelta va fatta in base alle caratteristiche chimico-fisiche dell’agente e al tipo di lavorazione.

Unica raccomandazione significativa è quella di usare un doppio paio di guanti e cambiarli al massimo dopo 30 minuti dal momento in cui sono stati indossati e fare un adeguato lavaggio delle mani ad ogni ricambio.

Vanno utilizzati facciali filtranti FFP3 in caso di polveri (da sostituire in base al tipo e durata dell’esposizione), semimaschere con filtro idoneo per liquidi, in base al reagente utilizzato, e occhiali. Maschere e occhiali non sono necessari solamente durante il lavoro sotto cappa (se idonea!!).

Il camice va sempre indossato.

7. Smaltimento rifiuti

Tutti i rifiuti prodotti dall’utilizzo di tali agenti vanno inseriti in primari contenitori di plastica di idonee dimensioni con tappo a vite (High Density Poly-Ethilene, HDPE). Ad ogni raccolta si deve svitare il tappo, inserire i residui di lavorazione nel contenitore e poi chiuderlo immediatamente. Meglio utilizzare contenitori di limitata capacità (in base alla produzione di rifiuti). Il contenitore, riempito per 2/3 va poi conferito nel contenitore madre (di norma fusti blu in HDPE omologati UN).

8. Procedure di lavoro ed emergenze

Allo scopo di ridurre l’esposizione è necessario elaborare delle procedure (scritte) di lavoro per ogni lavorazione che comporta l’utilizzo di tali agenti. Vanno elaborate procedure scritte per tutte le operazioni, comprese quelle di manutenzione e pulizia dei locali, sia esse vengano effettuate da personale dipendente sia da terzi. Devono essere previste delle procedure in caso di emergenza (sversamento, contaminazione, malfunzionamenti attrezzature, ecc.).

9. Informazione, formazione e addestramento

Fondamentale, oltre che obbligatorio, fornire l’informazione, la formazione e l’addestramento. Per gli ultimi due è obbligatorio l’aggiornamento. Il tutto deve risultare da verbali scritti. In tema di formazione sui luoghi di lavoro, dall’entrata in vigore degli Accordi Stato Regione 21/12/2011, le Farmacie (Settore Ateco 47.73.1) sono state catalogate nella tabella che individua la classe di rischio come rischio basso. Per cui la formazione obbligatoria risulta essere:

– 8 ore di corso di formazione per i lavoratori (entro 60 giorni dalla data di assunzione) + aggiornamenti quinquennali di 6 ore;

– 16 ore di corso di formazione per il datore di lavoro che vuole assumere le funzioni di RSPP + aggiornamenti quinquennali di 6 ore;

– 12 ore di corso di formazione per addetti al primo soccorso + aggiornamenti triennali di 4 ore;

– 4 ore di corso di formazione per addetti alla prevenzione incendi + aggiornamenti triennali di 2 ore (rischio incendio basso).

10. Sorveglianza sanitaria

Se la valutazione ha evidenziato un RISCHIO PER LA SALUTE, i lavoratori sono sottoposti a sorveglianza sanitaria obbligatoria effettuata dal medico competente che deve istituire il Registro degli esposti nel quale è riportata, per ciascun lavoratore, l’attività svolta, l’agente cancerogeno utilizzato e, ove noto, l’esposizione a tale agente.

La sorveglianza sanitaria è effettuata almeno una volta all’anno.

11. Verifiche di efficacia

Il datore di lavoro provvede alla misurazione per verificare l’efficacia delle misure adottate e per individuare precocemente le esposizioni anomale causate da un evento non prevedibile o da un incidente. Le misurazioni ambientali, soprattutto per alcuni agenti (principi attivi farmaceutici soprattutto), non sono allo stato attuale ancora validati. Danno comunque una discreta indicazione in caso di anomalie manifeste. È comunque consigliabile la verifica valutando nuovamente in modo analitico tutte le fasi della lavorazione coinvolgendo i lavoratori e personale esperto.

Con la premessa che ogni attività ha una propria valutazione del rischio e solo quella rispecchia la reale situazione, si può comunque ammettere che, applicando esattamente tutte le fasi descritte, il rischio da agenti cancerogeni e mutageni venga molto presumibilmente ridotto a livelli di esposizione non dannosi per la salute dei lavoratori.

BIBLIOGRAFIA

1. INAIL - Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro.

2. ECHA - Agenzia europea per le sostanze chimiche.

3. Igiene e Sicurezza del Lavoro di ISPRA - Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale con Università Politecnica delle Marche, Environment Agency - England, Scottish Environmental Protection Agency (SEPA), ARPA Basilicata, Emilia Romagna, Liguria, Piemonte, Campania, Marche, Sicilia.

4. Linee guida ISPESL per la valutazione del rischio nella piccola e media impresa elaborato dal gruppo di lavoro tecnico dell’osservatorio della sicurezza per l’artigianato, la piccola e media impresa industriale, commerciale e agricola.

5. La valutazione per il controllo dei rischi - Coordinamento tecnico per la prevenzione degli assessorati alla sanità delle regioni e province autonome di Trento e Bolzano.

6. Circolari FEDERFARMA Friuli Venezia Giulia - Unione regionale titolari di farmacia del Friuli Venezia Giulia.

7. Ministero della Salute per la prevenzione degli errori in terapia con farmaci antineoplastici.

8. SIFAP Società Italiana Farmacisti Preparatori - Position Paper 2015: formule magistrali.

9. Ministero del lavoro e delle politiche sociali - sottogruppo agenti chimici del Comitato 9 “agenti chimici, fisici e biologici” della Commissione consultiva permanente per la salute e la sicurezza sul lavoro - coordinatore: Lorenzo Fantini.

10. Modello di valutazione del rischio da agenti chimici pericolosi per la salute ad uso delle piccole e medie imprese – Regioni Toscana, Emilia Romagna, Lombardia.

11. Le sostanze pericolose nei luoghi di lavoro - Individuazione del pericolo, Regolamenti REACH, CLP e Scheda Dati di Sicurezza, Valutazione del rischio da agenti chimici pericolosi, cancerogeni e mutageni - Regione Emilia Romagna, INAIL, AUSL Modena - Atti a cura di C. Govoni.

12. Associazione ambiente e lavoro Milano - Dossier Ambiente n. 92.

13. Dipartimento di Medicina Ambientale e Sanità Pubblica Università di Padova - Valutazione del rischio chimico con gli algoritmi - Dott. Giampaolo Gori.