Dicembre 2017: Legge sul testamento biologico

Alessandra Maestro,1 Stefano Loiacono,1 Nicola Nigri,2 Giuseppe Rizza,3 Emilia Falcone,4 Salvatore Nurra,5 Sara Dereani,6 Ruggero Lasala,7 Elena Loche,8 Antonella Risoli,9 Riccardo Provasi,6 Davide Zanon,1 Davide Zenoni10

1SSD Farmacia e Farmacologia Clinica, IRCCS Burlo Garofolo, Trieste
2Dipartimento Assistenza Farmaceutica, P.O. di Foligno, Usl Umbria 2
3Farmacia Ospedaliera, A.O. Perugia
4Farmacia Ospedaliera Usl Toscana Sud Est – sede Grosseto
5Scuola di Specializzazione in Farmacia Ospedaliera, Università degli Studi di Milano
6S.C. Farmacia, Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Trieste (ASUITs)
7Farmacia P.O. di Altamura, ASL Bari.
8Servizio Di Farmacia Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma
9U.O.C. Farmacia Ospedaliera , P.O. “S.S. Annunziata”- Cosenza
10U.O.C. Farmacia ASST Bergamo EST.

La tematica del “fine vita“ è un argomento di forte interesse sociale, con grandissime ripercussioni in ambito sanitario. Recentemente è tornato in auge su radio, televisione e giornali a seguito della Legge 219/2017, approvata in Senato a Dicembre e pubblicata sulla GU n.12 del 16/01/2018 e di vari casi mediatici come DJ Fabo (Fabiano Antoniani), Piergiorgio Welby, Eluana Englaro e Luca Coscioni, per citarne solo alcuni. Su tali questioni l’opinione pubblica è sempre fortemente discordante.

L’area Scientifica di Galenica e Nutrizione clinica SIFO si è prefissata l’obiettivo di fare il punto su questo delicato e “caldo“ tema che irrompe nel nostro quotidiano, nei ricordi e nel vissuto di tutti noi e che ancora oggi continua a far discutere.

È una questione che tocca principi fondamentali ed universali dell’esistenza degli esseri umani: dalla medicina al diritto, alla morale, l’etica, la religione, la filosofia, e che va a sfiorare anche le nostre convinzioni (personali e sociali), le nostre coscienze, la nostra libertà di pensiero e il nostro rapporto con la stessa Natura umana, le nostre idee di vita e di morte.

Considerato che si tratta di un argomento alquanto articolato, è importante definire in maniera coerente i concetti più o meno giustamente chiamati in causa:

Eutanasia: morte non dolorosa di un paziente. Si distingue in attiva quando è causata dall’assunzione di un farmaco letale; passiva quando è invece causata dall’interruzione delle cure necessarie per la sopravvivenza, tra le quali rientrano nutrizione ed idratazione; è volontaria quando l’intervento è richiesto dal paziente stesso ed è non volontaria quando è richiesta da chi ne fa le veci in caso di impossibilità da parte del paziente stesso.

Testamento biologico (o Disposizioni Anticipate di Trattamento - DAT): diversamente dal testamento comunemente conosciuto, è efficace quando il disponente è ancora in vita. Sottoscrivere un testamento biologico significa decidere, in un momento in cui si è ancora capaci di intendere e volere, quali trattamenti sanitari si intenderanno accettare o rifiutare nel momento in cui subentrerà una condizione che determini incapacità di espressione delle proprie volontà. In letteratura si trova più che altro come living will (letteralmente volontà di vita).

Suicidio: atto di togliersi la vita in maniera consapevole e volontaria (non punito dalla legge, così come il tentato suicidio).

Suicidio assistito: è l’aiuto medico e amministrativo portato ad un soggetto che ha deciso di morire tramite suicidio. Prevede che sia il soggetto stesso a causarsi la morte tramite l’auto-somministrazione di farmaco letale. Il suicidio assistito In Italia era illegale prima della Legge 219/2017 e continua ad esserlo dopo la stessa. È una pratica legale anche in alcuni paesi europei regolata da specifica normativa.

Sedazione palliativa profonda continua nell’imminenza della morte (SPPC): la somministrazione intenzionale di farmaci, alla dose necessaria richiesta, per ridurre, fino ad annullare, la coscienza del paziente. Lo scopo di tale pratica è quello di alleviare il dolore e il sintomo refrattario (che non si riesce a controllare nonostante ogni terapia possibile) fisico e/o psichico, intollerabile per il paziente, in condizione di imminenza della morte. Sono utilizzati protocolli per lo più a base di Midazolam, ma anche a base di Lorazepam, Fenobarbitale, Diazepam e Propofol e di oppiacei quali Morfina, Idromorfina, Fentanil, Meperidina. In Italia era legale prima della Legge 219/2017 e continua ad esserlo.

Stato vegetativo: condizione clinica caratterizzata dalla presenza di un’attività di veglia in assenza di una consapevolezza cosciente di sé e dell’ambiente circostante. Il paziente in stato vegetativo può aprire e muovere gli occhi, deglutire, respirare autonomamente e mantenere l’alternanza del ciclo sonno-veglia così come osservato con registrazioni elettroencefalografiche (EEG). L’individuo è inoltre in grado di compiere alcuni automatismi motori come sorridere, sbadigliare, masticare, grugnire, digrignare i denti, urlare, rispondere a stimoli dolorosi ed effettuare movimenti spontanei. Non è però capace di seguire con lo sguardo uno stimolo visivo, eseguire anche i più semplici ordini verbali, emettere parole o compiere movimenti finalizzati. Lo stato vegetativo viene definito persistente se protratto nel tempo e permanente quando si presume che sia irreversibile.

Idratazione e nutrizione: La Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva si esprime così: “in ambito Scientifico clinico si intende per nutrizione il complesso dei processi fisiologici la cui principale finalità è quella di garantire all’organismo, attraverso l’assorbimento dei nutrienti, i substrati energetici idonei al mantenimento dei processi biochimici cellulari mentre si intende per idratazione l’apporto di acqua ed elettroliti finalizzato al mantenimento della stabilità idro-elettrolitica del milieu all’interno del quale si svolgono i processi della vita cellulare.” Ai fini della Legge n.219 del 22 dicembre 2017, sono considerati trattamenti sanitari sia la nutrizione artificiale che l’idratazione, in quanto somministrazione, su prescrizione medica, di nutrienti mediante dispositivi medici. In quanto tali, sempre secondo questa legge, non possono essere iniziati o proseguiti se privi del consenso libero informato della persona interessata, tranne che nei casi espressamente previsti dalla legge.

Cure palliative: l’insieme degli interventi terapeutici e assistenziali finalizzati alla cura attiva e totale di quei pazienti la cui malattia di base, caratterizzata da una rapida evoluzione e da una prognosi infausta, non risponda più a trattamenti specifici. I principi ispiratori delle cure palliative sono la considerazione della morte come evento naturale da non ostacolare o ritardare con atti di accanimento terapeutico.

Accanimento terapeutico: il Comitato Nazionale per la Bioetica (CNB) lo definisce come la “persistenza nell’uso di procedure diagnostiche come pure di interventi terapeutici, allorché è comprovata la loro inefficacia ed inutilità sul piano di un’evoluzione positiva e di un miglioramento del paziente, sia in termini clinici che di qualità della vita.”

Inoltre per il CNB non sono considerati accanimento terapeutico nè l’idratazione nè la nutrizione di pazienti in stato vegetativo permanente (SVP), in quanto vanno ordinariamente considerate come un sostentamento vitale di base indispensabile per garantire le condizioni fisiologiche di base per vivere. Pertanto sono atti dovuti eticamente.

La sospensione di tali pratiche va dunque valutata non come la doverosa interruzione di un accanimento terapeutico, ma piuttosto come una forma di “abbandono” del malato. D’altra parte Truog e Cochrane, in un commento sull’Archives of Internal Medicine del 2005 sostengono che, sul piano etico, in circostanze appropriate, i pazienti e i fiduciari possono autorizzare il ritiro di tutte le forme di nutrizione e idratazione, sia somministrate per via orale che tramite sondino, a prescindere dal fatto che esse siano classificate come interventi medici o meno. L’European Society for Clinical Nutrition and Metabolism (ESPEN ), nelle linee guida sugli aspetti etici della nutrizione artificiale e dell’idratazione del 2016, allo statement 1 recita: “Nutrizione e Idratazione sono da considerarsi interventi medici quando l’assunzione di cibo e liquidi per via orale non è possibile o quando non provvede adeguatamente ai fabbisogni”; lo stesso documento allo statement 36 recita: “… nutrire un paziente contro la sua volontà e il suo consenso è generalmente proibito…”.

Papa Francesco, nel suo messaggio ai partecipanti al meeting regionale europeo della “World Medical Association” (WMA) sulle questioni del “fine-vita” scrive: “Gli interventi sul corpo umano diventano sempre più efficaci, ma non sempre sono risolutivi: possono sostenere funzioni biologiche divenute insufficienti, o addirittura sostituirle, ma questo non equivale a promuovere la salute. Occorre quindi un supplemento di saggezza, perché oggi è più insidiosa la tentazione di insistere con trattamenti che producono potenti effetti sul corpo, ma talora non giovano al bene integrale della persona.” E in un secondo passaggio aggiunge che è moralmente lecito rinunciare all’applicazione di mezzi terapeutici, o sospenderli, quando il loro impiego non corrisponde a quel criterio etico e umanistico che verrà in seguito definito “proporzionalità delle cure”.

La posizione ufficiale della WMA a cui il Papa ha rivolto il suo appello, è la seguente: “Il suicidio assistito da un medico, come l’eutanasia, non è etico e deve essere condannato dalla professione medica. Dove l’assistenza medica è intenzionalmente e deliberatamente diretta a permettere ad un individuo di porre fine alla propria vita, agisce in maniera non etica. D’altra parte quello di rinunciare ai trattamenti medici è un diritto basilare del paziente e il medico non agisce in maniera non etica anche se il rispetto di tale desiderio si traduce nella morte del paziente stesso”

Dopo le doverose definizioni, sembra opportuno analizzare lo stato dell’arte della normativa legata alle Dichiarazioni Anticipate di Trattamento negli altri Paesi europei.

Per quanto riguarda la legislazione delle Disposizioni Anticipate di Trattamento l’Italia, ha legiferato in ritardo rispetto a molti altri paesi membri dell’Unione Europea. L’Europa stessa, infatti, già nel 1997, in occasione della convenzione di Oviedo, all’articolo 9 si era espressa così: “i desideri precedentemente espressi a proposito di un intervento medico da parte di un paziente che, al momento dell’intervento, non è in grado di esprimere la sua volontà saranno tenuti in considerazione”

Ogni Stato ha poi recepito o meno e ha legiferato per proprio conto, mentre alcuni, come per esempio la Danimarca, avevano già prima leggi nazionali sull’argomento.

Le Disposizioni Anticipate di Trattamento sono infatti valide:

– in Spagna dal 2005, dove è stato istituito un registro nazionale a cui deve attenersi il personale sanitario;

– in Portogallo dal 2012, anche qui è istituito un registro ed è possibile depositare le proprie volontà in presenza di due testimoni e la designazione di un fiduciario;

– in Francia dal 2015 è in vigore la legge Clays-Leonetti, che rende vincolanti le Disposizioni Anticipate;

– In Germania dal 2009, con l’assistenza di un fiduciario e di un medico;

– In Olanda e Belgio è legale l’eutanasia dal 2002;

– In Svizzera;

– In Danimarca dal 1992 è in vigore una legge sulle Disposizioni Anticipate, con l’istituzione di una banca dati che le custodisce e che devono essere rispettate dai sanitari;

– In Finlandia dal 1992;

– In Ungheria dal 1997, con rinnovo delle Disposizioni ogni 2 anni;

– Nel Regno Unito dal 1° Ottobre 2007 sono in vigore le Disposizioni Anticipate, che devono essere scritte, firmate e autenticate.

Alcuni stati dell’Unione Europea hanno inoltre legiferato in maniera più consistente in materia di fine vita, approvando il suicidio assistito e l’eutanasia (rispettivamente Svizzera e Paesi Bassi).

In Italia, invece, prima della Legge 219/2017, erano in vigore:

Articolo 32 della Costituzione: “Nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.” Stabilendo in questo modo la libertà individuale di essere curati.

Il Codice Deontologico medico sostiene che il dovere del medico è di tutelare la vita e la salute del paziente (art. 3 e 4). Allo stesso tempo afferma che il medico deve attenersi alla volontà liberamente espressa dal paziente (art. 38), non potendo d’altra parte assolutamente favorire trattamenti che possano favorire la morte, però assicurando al paziente inguaribile l’assistenza che allievi le sofferenze, dando al medico possibilità di scegliere in base alle condizioni cliniche del paziente (prognosi infausta e stato di coscienza) e alla disponibilità di terapie di sostegno vitale (proporzionate o meno);

Il Codice Penale vieta l’eutanasia attiva (morte con consenso della persona) all’art. 579; l’art. 580 punisce l’istigazione al suicidio, ma anche un qualsivoglia aiuto prestato alla finalità.

Il Codice Penale, agli articoli 41, 328 e 593 vieta che un medico possa andare contro il suo dovere di salvare la vita di un uomo, che un medico possa omettere soccorso o prestazioni di assistenza.

Come si legge, esiste un’incompatibilità tra la libertà di scelta del paziente e il dovere del medico. Difatti, malgrado una possibile scelta contraria del paziente, il medico ha l’obbligo deontologico di salvare e curare una vita.

Il medico non può, con metodi violenti o coercitivi, costringere un paziente a curarsi, e allo stesso tempo non può non curarlo.

Considerata la lacuna normativa precedente alla recente legge, si invita a leggere i casi di giurisprudenza riguardanti Piergiorgio Welby, Eluana Englaro, Giovanni Nuvoli, Walter Piludu.

La Legge, approvata il 14 dicembre 2017 ed entrata in vigore il 31 gennaio 2018, è composta da 8 articoli.

Si invita alla lettura della stessa, completa, pubblicata in Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana – Serie generale n. 12, in data 16 gennaio 2018.

Per conoscenza si riportano di seguito i punti principali:

Consenso informato: l’art. 1 dispone che debba essere documentato (scritto o videoregistrato in base alle condizioni del paziente) e inserito in cartella clinica e nel fascicolo elettronico sanitario; è modificabile e revocabile in ogni momento e riguarda la volontà del paziente di sottoporsi a trattamenti sanitari ed esami diagnostici.

La terapia del dolore e la Sedazione Palliativa Profonda Continua assumono un ruolo fondamentale nella sfera della dignità della fase finale della vita, dovendo il medico, a prescindere dal rifiuto o revoca dei trattamenti sanitari, adoperarsi per alleviare le sofferenze del paziente.

Responsabilità del medico: l’art. 1 solleva il medico da ogni responsabilità civile o penale nel caso in cui il paziente esprima la propria volontà di rifiuto dei trattamenti sanitari, d’altra parte il paziente non può esigere trattamenti sanitari contrari alla legge, per i quali il medico non ha nessun obbligo professionale.

Per quanto riguarda i minori e gli incapaci: essi devono comunque ricevere informazioni relative al proprio stato di salute ed essere messi in condizione di esprimere la propria volontà, che deve essere tenuta in considerazione rispettivamente dai genitori e/o dal tutore; se il genitore o il tutore o il rappresentante legale rifiutano il trattamento nonostante il medico ritenga che siano appropriate e necessarie, la decisione è rimessa al giudice tutelare.

Le Disposizioni Anticipate di Trattamento (DAT): sono l’espressione della propria volontà nel caso in cui si verifichi una futura incapacità di autodeterminarsi, in materia di trattamenti sanitari, accertamenti diagnostici o scelte terapeutiche, possono essere redatte da persone maggiorenni e capaci di intendere e di volere, e deve contenere l’indicazione di un “fiduciario” che ne faccia le veci e rappresenti le sue volontà. Il fiduciario deve essere maggiorenne capace di intendere e di volere e deve sottoscrivere le DAT. Nel caso in cui il fiduciario sia deceduto o divenuto egli stesso incapace, le volontà del disponente rimangono e il giudice tutelare provvede alla nomina di un amministratore di sostegno.

Il medico deve attenersi alle DAT, a meno che le DAT non siano palesemente incongrue o non corrispondenti alla condizione clinica del paziente o nel caso in cui sussistano terapie non esistenti al momento della disposizione; stando così le cose il fiduciario e il medico, in accordo, possono disattendere le DAT, in caso di disaccordo tra le parti si ricorre al giudice tutelare.

Le DAT possono essere redatte per atto pubblico o privato e consegnate personalmente dal disponente presso l’Ufficio dello stato civile del comune di Residenza che provvede alla registrazione nell’apposito registro, ove presente, oppure presso le strutture sanitarie, senza nessun costo per il disponente; possono essere espresse anche tramite videoregistrazione. Sono rinnovabili, modificabili e revocabili in qualsiasi momento. Entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge, quindi entro fine Luglio 2018, le regioni e le ASL provvedono a informare della possibilità di redigere le DAT.

L’articolo 1, comma 9, prevede che “ogni struttura sanitaria pubblica o privata garantisce con proprie modalità organizzative la piena e corretta attuazione dei principi di cui alla presente legge, assicurando l’informazione necessaria ai pazienti e l’adeguata formazione del personale”, così viene sancito che una struttura sanitaria non può esimersi dal considerare le Disposizioni Anticipate di Trattamento redatte dall’assistito.

Considerato che sempre più spesso si parla di costi sostenuti dal SSN per le cure, abbiamo provato a porci la domanda: quanto costa tenere in vita un paziente nell’end-of-life?

Negli Stati Uniti il dibattito sulla riforma dell’assistenza sanitaria è in gran parte incentrato sui costi sanitari. Non si conosce con precisione a quanto ammonta attualmente la spesa per le cure di fine vita negli Stati Uniti.

Secondo una stima, l’assistenza di fine vita rappresenta circa il 10-12% di tutta la spesa sanitaria. Un rapporto Medicare Payment Advisory Commission (MedPAC) indica che circa un quarto del budget totale del più grande fondo assicurativo americano viene speso per servizi per i beneficiari nel loro ultimo anno di vita, di cui il 40% negli ultimi 30 giorni.

In uno studio di coorte retrospettivo pubblicato nel 2016 sul Journal of American Medical Association gli autori si pongono l’obiettivo di confrontare il luogo del decesso, l’assistenza sanitaria e le spese ospedaliere durante gli ultimi sei mesi di vita per le pratiche di fine vita in pazienti che muoiono di neoplasia in sette paesi diversi: Belgio, Canada, Inghilterra, Germania, Paesi Bassi, Norvegia e Stati Uniti.

Nei pazienti di età superiore a 65 anni l’assistenza per il fine vita negli ultimi 6 mesi di vita era più incentrata sull’ospedale in Belgio, Canada, Inghilterra, Germania e Norvegia che nei Paesi Bassi o negli Stati Uniti. Tuttavia, le spese ospedaliere per il fine vita erano più alte nei Paesi come Stati Uniti (18.500 $), Norvegia ($ 19.783) e Canada ($ 21.840), intermedie in Germania ($16.221) e Belgio ($ 15.699) e inferiori nei Paesi Bassi ($ 10.936) ed in Inghilterra ($ 9.342)

In Inghilterra uno studio ha rilevato che i pazienti morti nel 2005/06 hanno trascorso in media 17 giorni in ospedale e due in un Hospice nell’anno precedente la morte.

I ricercatori hanno stimato che il costo per il sistema sanitario e i servizi sociali di cura per i malati di cancro nell’ultimo anno della loro vita ammonta a 1,8 miliardi di sterline. Se si potesse ottenere una riduzione del 10% del numero di ricoveri in emergenza ed una riduzione di tre giorni della durata del ricovero, attraverso un maggiore uso dell’assistenza collettiva, un totale di 104 milioni di sterline sarebbe stato disponibile come risorsa per i servizi di comunità.

CONCLUSIONI

Sabato 3 Febbraio 2018, tre giorni dopo l’entrata in vigore della Legge 219/2017, una donna nuorese affetta da SLA, Patrizia Cocco, si è avvalsa del diritto di scegliere di rinunciare alla ventilazione meccanica e dare inizio alla SPPC, dopo 5 anni di lotta contro la malattia.

Nonostante i progressi della scienza, la morte rimane tuttora un grande mistero di cui si può discutere troppo o troppo poco. Ma di ciò che precede la morte, il fine vita, il dibattito è più che mai aperto. Per i professionisti sanitari, può essere complicato parlare con i pazienti e le loro famiglie di un argomento come il fine vita. Non va quindi trascurato assolutamente il fatto che il paziente non possiede nozioni cliniche e scientifiche approfondite. Infatti, esprimendo la DAT, egli deve sempre interloquire con chi queste nozioni le possiede al fine di aver maggior consapevolezza della decisione che si accinge a prendere.

La morte può arrivare all’improvviso, o giungere gradualmente. Per alcuni, il fisico si indebolisce e la mente rimane vigile, mentre altri rimangono fisicamente forti, ma le funzioni cognitive vengono meno.

Alla fine della vita, ogni storia è diversa.

La Legge di cui abbiamo discusso può o meno riguardarci, piacerci, essere in linea col nostro pensiero, con il nostro credo, con i nostri ideali.

Una cosa però è certa, ci ha regalato almeno un attimo di riflessione sulle modalità di cura di un paziente che non è “malato”, ma “essere umano”, i cui sentimenti e decisioni vanno rispettati; ci ha concesso un momento di riflessione sui concetti di giusto e sbagliato, di etica, morale, di vita a 360 gradi.

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