Sali & tabacchi

Laura Fabrizio
laurafabrizio01@gmail.com


“La scommessa è che le singole parole, quasi sussurrate, conservino il fascino
della narrazione, suscitando nel lettore il desiderio di leggere e ricercare, per propria
autonoma scelta, anche quello che è taciuto”.



Chi di noi non ricorda la storica insegna con la scritta in chiaro, su fondo scuro, “Sali & Tabacchi”? Diffusissima in tutti i centri urbani e rurali d’Italia fino agli anni ottanta del XX secolo, quando lo Stato decise di abbandonare progressivamente il regime di monopolio sulla produzione e commercializzazione dei Sali e dei Tabacchi – quest’ultimo vigente fin dal 1862 – mantenendo quello dell’Alcool dei Valori bollati e acquisendo, contestualmente, quello nel settore del gioco pubblico e delle lotterie. La produzione e la vendita del Chinino di Stato erano cessate ancor prima.
Può essere interessante sapere che il più antico monopolio di Stato della storia risulta essere quello del sale e il più recente quello della coltivazione e vendita della marijuana, legalizzate in Uruguay nel Dicembre del 2013 – primo Stato al mondo –.
Viaggiando per l’Italia, è ancora facile trovare le vecchie insegne di “Sali & Tabacchi” con lo stemma della Repubblica Italiana poiché non tutte sono state rimosse e sostituite con quelle del libero mercato. Non solo, ma il fascino e la forza di attrazione esercitati dall’assonante accoppiata “Sali & Tabacchi” sembrano ora aver colpito altri settori del commercio. Infatti, passeggiando per le vie di Roma si possono contare numerosi ristoranti e cocktail-bar denominati, sorprendentemente, “Sali & Tabacchi”. Perfino a Berlino-Kreuzberg, nel quartiere dei Giornali, ho avuto modo di pranzare in un ristorante, frequentato anche da noti giornalisti, politici, attori e cantanti, con buona cucina italiana e, anche qui, una profana insegna di “Sali & Tabacchi”.
Come Farmacista, non avevo mai sottovalutato il vasto uso e il polivalente significato della locuzione “Sali & Tabacchi” nei vari contesti storico-culturali. Vale la pena ricordare che il tabacco fu importato a Venezia nel XVII secolo e che era venduto dagli “Speziali”, ma che la stessa parola “tabacco” esisteva in Italia prima ancora della scoperta della pianta di Nicotiana tabacum e indicava una bevanda medicinale aromatica che “generava calore”, ricavata dall’Inula Viscosa il cui nome arabo era “Tubbaq”. Questo nome si incrociò, secondo il Clavigero – Storia del Messico – con l’Haitiano “Tobaco”, attraverso lo spagnolo “Tabaco”. Nel Pulci il verbo derivato “tabaccare” significava, infatti, attirare piacevolmente e nel Doni “tabacchino” era chi corteggiava tutte le donne. Già nel 1465, prima dell’arrivo di Colombo in America, Macinghi Strozzi intende “attabaccarsi” come “innamorarsi forte”. Bartolomè de Las Casas – autore del celebberrimo “Brevissima relazione della distruzione delle Indie” – afferma che la voce era quella con cui i Caribi delle Antille designavano la pipa in cui fumavano le foglie di pètun.
Il primo resoconto sul tabacco lo abbiamo da alcuni inviati di Colombo nell’isola di Guahami, poi rinominata San Salvador, che riferirono di aver visto alcuni indigeni che tenevano in mano un piccolo tizzone o rotolino di erba da cui aspiravano il fumo. L’erba bruciata si chiamava “Cohiba” e il tizzone “Tabaco”. Poi si prese la parte per il tutto e ha prevalso quest’ultima voce. Altri pensano che il nome derivi da quello della Provincia di San Domingo, chiamata “Tabaco” dove nel 1496 fu trovata per la prima volta questa solanacea le cui foglie essiccate, ancora oggi, si fumano, si trinciano, o si polverizzano per fiutarle.
Sono molte, infatti, le varietà di tabacco: forte, dolce, scuro, biondo, da sigaretta, da sigaro, da pipa, da fiuto, nazionale, estero. Da qui l’uso del plurale “Tabacchi” nell’insegna di ogni rivenditore, analogamente a quello di “Sali”: sale marino, salgemma, sale da cucina, comune, jodato, fino, grosso, di rocca, integrale, puro, fossile.
Quella del sale è, più di ogni altro minerale, una storia fortemente legata al destino dell’umanità. Tutti usiamo il sale da cucina e tutti sappiamo che un’assunzione eccessiva costituisce fattore predisponente per alcune malattie cardiovascolari come l’ipertensione arteriosa. D’altra parte sappiamo che un basso livello di sodio ematico può determinare o favorire alcune patologie importanti o aggravarne altre in atto.
Il termine “Sale” ha radice indoeuropea comune a tutte le correlate lingue, antiche e moderne, con significato originario di andare, scorrere, fiume, onda, mare, acqua marina – che è salsa da cui si ricava il sale –. Per “sale” intediamo, quasi sempre, il “Sodio cloruro”, indispensabile non solo all’alimentazione, dove è usato anche come mezzo conservante, ma anche all’industria per la produzione di soda caustica, cloro, carbonato di sodio, ipoclorito di sodio, emulsionanti e saponi, fertilizzanti, erbicidi e prodotti antigelo nell’industria del freddo. In campo medico-farmaceutico è l’unico componente, sciolto in acqua, della universalmente nota soluzione fisiologica.
Riflettendo, non può che stupire come la parola “sale” abbia potuto, presso tutti i popoli e in ogni epoca, originare così tante denominazioni di città – Salisburgo, Salt Lake city, Salsomaggiore,etc. –; di isole e località – Salina, Saline/as –; di strade – Salaria –; di attività – salamoia e salatura di alimenti, pelli, colloidi emulsoidi –; di guerre – del sale –; di storiche proteste politiche – marcia del sale di Gandhi e la lunga marcia di Mao sostenuta fortemente dai produttori di sale del nord della Cina che volevano rompere il monopolio difeso dal Koumintang, ma poi mai abbandonato dallo Stato cinese che liberalizzerà il mercato del sale soltanto dal prossimo anno, dopo ventisette secoli di monopolio –. Anche ai nostri giorni la remunerazione del lavoro in genere e degli operai in particolare, viene detta “salario”, dal latino “salarium” forma sostantiva di “salarius” attinente al sale, e cioè propriamente “razione di sale” con cui nell’antica Roma si compensavano magistrati e soldati, poi indennità in denaro, quindi stipendio, ma rimase il nome.
Anticamente – ma anche oggi –, presso molti popoli al sale, in vario modo, veniva attribuito il potere di prevenire, diagnosticare e allontanare il malocchio. Anche “salare la scuola”, quindi, “marinarla” è un modo di dire abbastanza diffuso tra i giovani studenti.
Non solo, ma sono comuni a quasi tutte le culture, antiche e moderne, molte espressioni, modi di dire, di intendere e di fare che confermano l’eccezionale importanza che ha sempre avuto e continua ad avere il sale nel vissuto di tutti i popoli: restare di sale, restare impietrito, di sasso – con allusione all’episodio biblico della moglie di Lot –; sapere di sale, avere sapore cattivo, essere amaro – tu proverai così come sa di sale lo pane altrui. Dante-Par. VII –; cum grano salis – con un grano di sale –, con un po’ di discernimento, con buon senso: simili affermazioni sono da prendere con un grano di sale; giudizio, criterio, equilibrio, senno, saggezza – contrario di stoltezza, insensatezza –; spirito, arguzia: discorso scritto senza sale; non metterci né sale né olio – non interessarsi o non volersene immischiare –; il sale della sapienza – salis sapientiae, nel battesimo cattolico –; non avere sale in zucca, nel cervello, essere scarso di intelligenza o di giudizio, essere sciocco;
Anche a me è capitato in più occasioni, durante questi ultimi anni di sincero, forte e incondizionato mio impegno alla presidenza del Consiglio Direttivo della SIFO, incontrare persone che mi guardavano insistentemente in fronte, convinte di trovare la scritta “Sali & Tabacchi” quale patente di incapacità o di ingenuità. Ebbene, mi dispiace di averle deluse, ma l’amore per la professione, la coerenza e il rispetto verso il popolo dei soci, mi hanno permesso, fin qui, di onorare sufficientemente il mandato ricevuto.
Nel film “Il sale della terra” – da non perdere – uscito in questi giorni anche in Italia, per la regìa di Wim Wenders e con le splendide fotografie di Sebastiao Salgado, si coglie bene il messaggio che “dopotutto, la gente è il sale della terra!”.