Evoluzione innovativa della radiofarmacia:
siamo pronti a gestirne le potenzialità?

Jessica Silicani

Specializzanda in Farmacia Ospedaliera presso Azienda Ospedaliero Universitaria Pisana

Socio SIFO Regione Toscana

Parole chiave: Innovazione, Multidisciplinarietà, Sostenibilità, Collaborazione.

«La radiofarmacia è solitamente un argomento di nicchia, vedervi così numerosi è un segnale positivo e importante». Così ha esordito la dott.ssa Monica Santimaria, radiofarmacista dell’UOC Medicina Nucleare dell’Ospedale di San Bortolo di Vicenza, esprimendo la propria soddisfazione all’aula gremita nonostante l’ora tarda a cui si è tenuta la focus session dal titolo “Evoluzione innovativa della radiofarmacia: siamo pronti a gestirne le potenzialità?” nella Sala Bologna del Palazzo della Cultura e dei Congressi, durante il XLII Congresso Nazionale SIFO. La dott.ssa Piera Maiolino – direttrice dell’UOC Farmacia Ospedaliera presso l’Istituto Nazionale Tumori-Fondazione G. Pascale di Napoli e moderatrice della sessione assieme alla dott.ssa Santimaria – ha introdotto le tematiche del segmento ricordando la volontà di fornire una visione completa della gestione del radiofarmaco all’interno delle strutture ospedaliere che andasse oltre l’aspetto tecnico di preparazione e coinvolgesse il punto di vista di professionalità diverse.

Il primo relatore a intervenire – il dott. Alfredo Muni, medico direttore della SC Medicina Nucleare dell’Azienda Ospedaliera SS. Antonio e Biagio Cesare Arrigo di Alessandria e membro del Consiglio direttivo nazionale dell’Associazione Italiana di Medicina Nucleare ed Imaging Molecolare (AIMN) – ha effettuato una panoramica sui regimi di rimborsabilità attualmente in essere per il comparto della Medicina Nucleare, cercando di rispondere alla domanda: “Gli scenari di rimborsabilità in Medicina Nucleare sono adeguati a garantire una corretta valorizzazione dell’innovazione?”. Il dott. Muni ha spiegato che è necessario che il valore commerciale e il valore etico si uniscano, permettendo al cittadino di essere curato al meglio. Al contempo bisogna garantire la sostenibilità del Sistema Sanitario Nazionale (SSN) garantendo guadagno all’azienda che ha investito soldi e tempo nella ricerca.

Il dott. Muni ha effettuato una disamina attenta evidenziando limiti e inadeguatezze delle tipologie di remunerazione disponibili per le prestazioni terapeutiche (ricovero ordinario e DH) e ambulatoriali (rispettivamente DRG – raggruppamenti omogenei di diagnosi – e nomenclatore tariffario). In particolare, i limiti maggiori riguardano la rimborsabilità delle nuove terapie disponibili (Radio Ligand Terapia - RLT).

A oggi, infatti, un radiofarmaco nuovo terapeutico che ottiene il riconoscimento dell’innovatività può essere finanziato con un fondo specifico, il Fondo per i Farmaci Innovativi Oncologici, introdotto con la legge di bilancio del 2017. Quando questa possibilità viene meno e il farmaco perde l’innovatività è necessario trovare il modo di rifinanziarlo. Il documento di pianificazione della prevenzione e contrasto del cancro del Ministero della salute del 2022 sottolinea la necessità di favorire lo sviluppo della teragnostica: per farlo è necessario cambiare paradigma strutturale, organizzativo e culturale.

Quando un farmaco perde l’innovatività non finisce automaticamente nelle liste dei farmaci rimborsabili: ci sono farmaci importanti che non hanno l’innovatività ma che sono indispensabili e che costano molto. In questi casi è importante la sinergia fra il medico nucleare e il farmacista affinché, mediante i propri assessorati, facciano in modo di includere i farmaci in questa lista, perché per i farmaci del DRG 409 (farmaci di medicina nucleare) è possibile rendicontare in file F il costo del radiofarmaco e abbattere la tariffa del 90%. Tutto questo ha dei limiti: purtroppo, infatti, il costo medio di un DRG 409 è due volte e mezzo più elevato della cifra che viene rimborsata.

Il dott. Muni ha poi raccontato la sua esperienza nel corso della commissione del Ministero della salute sulla revisione dei DRG critici, durante la quale è stato richiesto il superamento del DRG 409 e la codifica del radiofarmaco e dell’attività utilizzata. Ciò che infatti incide maggiormente sul costo delle prestazioni di Medicina Nucleare è il costo del farmaco stesso: nell’organizzazione attuale qualsiasi prestazione sarà rimborsata sempre di 1471 euro sia per terapie come 177Lu-Oxodotreotide, il cui costo è di circa 14.000 euro, sia per RTM (131INa), che ha un costo che va dai 768 ai 1118 euro.

È necessario rivedere i sistemi di codifica dei DRG, dato che quello attuale ha circa 20 anni, e aggiornare costantemente le tariffe di remunerazione dell’attività ospedaliera affinché tengano conto delle nuove tecnologie e quindi dei nuovi farmaci, consentendo una valutazione comparativa delle performance e dell’impatto economico tra tecnologie e tra strutture ospedaliere. Se il DRG non è remunerato in modo corretto può portare a storture, come non ricoverare i pazienti non redditizi. Il DRG può garantire la cura innovativa al paziente se ben remunerato, ma il direttore generale dell’AO o i presidenti delle Regioni perseguono obiettivi che assegnano risorse umane ed economiche alle aziende in base al fatturato: quando si va a negoziare il budget, questo potrebbe impedire all’innovazione di raggiungere il cittadino.

In conclusione il dott. Muni ha riflettuto sulla tenuta del fondo FIO e sulla capacità di quest’ultimo di fare fronte alle crescenti immissioni sul mercato di farmaci innovativi ad alto costo. Bisogna infatti pensare a nuovi scenari di rimborsabilità o non potremo più garantire l’equità di accesso e la sostenibilità dei costi.

La prof.ssa Emanuela Foglia del Centro in Economia e Management in Sanità e nel Sociale della Business School di LIUC – Università Cattaneo ha discusso in merito alla sostenibilità economica dei percorsi diagnostico-terapeutici con radiofarmaci.

La radioligand therapy per il tumore GEP-NET (tumori neuroendocrini del tratto gastro-entero-pancreatico) è una tecnologia nella sua fase di maturità: abbiamo ampiamente superato la curva di apprendimento sia per i clinici che per i farmacisti che gestiscono questa tipologia di farmaci e che arrivano ad avere un profilo organizzativo consolidato. I problemi principali sono in questo caso l’accesso alla terapia – i centri autorizzati hanno ciascuno modelli organizzativi di gestione del paziente diversi che potranno dare esiti differenti – e il tema della rendicontazione.

Nel caso del trattamento dei tumori GEP-NET siamo di fronte a una tecnologia che non è più nel fondo degli innovativi ma che ha mostrato una grande efficacia. Sia che si assuma il punto di vista dell’ospedale sia quello del sistema sanitario – quindi costi reali da una parte e tariffe di rimborso dall’altra – quando si procede a gestire il paziente con una terapia con radioligandi il percorso di cura viene ottimizzato, cioè alla fine per il sistema quel paziente va a costare meno in termini di gestione in ambito clinico: si è infatti osservata una liberazione di slot ambulatoriali nella Medicina Nucleare e una riduzione delle tempistiche di gestione farmaco.

L’investimento necessario per impostare questo tipo di terapia innovativa, per posto letto e per numero di pazienti seguiti nel periodo di riferimento analizzato, è stato di circa 1600 euro: un costo esiguo e sostenibile se si pensa che lo sforzo organizzativo per le CAR-T è di 15.000 euro.

Rispetto alla valutazione fatta dalla dott.ssa Foglia e dai suoi collaboratori con alcuni dei 33 centri che si occupano di questi pazienti, circa un 30-39% di essi potrebbe non necessitare di un ricovero ordinario. È possibile quindi stratificare la popolazione e decidere quella che necessita di maggiori servizi o degenze e chi può essere gestito con un percorso più semplificato a minor investimento: la scelta del setting corretto risulta fondamentale.

Per valutare l’assorbimento economico e di conseguenza la tariffa di rimborso è opportuno definire dei percorsi stratificati per paziente e, una volta concordati, definire quale può essere il metodo di rimborsabilità andando a modificare il DRG 409.

La dott.ssa Foglia ha evidenziato la necessità di lavorare sui protocolli – agendo sulle procedure sia lato farmacia sia lato UO – soprattutto nello scenario di cambiamento del setting del paziente per portarlo fuori dalla degenza protetta. A parità di radioligand therapy non è detto che i modelli siano gli stessi per pazienti diversi. Sicuramente c’è bisogno di un PDTA in cui si definisca chi è il clinical manager rispetto al caso, ovvero la definizione del team multidisciplinare.

La dott.ssa Foglia ha sottolineato il bisogno di lavorare (lato Farmacia e UO) sugli indicatori di monitoraggio, per capire chi sono i best performer e stabilire degli standard di qualità.

La dott.ssa Carla Masini, direttrice della Farmacia Oncologica IRST di Forlì-Cesena, e la dott.ssa Valentina di Iorio, radiofarmacista presso il medesimo istituto, hanno delineato le luci e le ombre del nuovo Regolamento 536/2014 nella sperimentazione con radiofarmaci, raccontando la propria esperienza nella costruzione dell’officina certificata GMP all’interno dell’Azienda in cui lavorano.

Il nuovo regolamento 536/2014 prevede che il radiofarmaco terapeutico debba essere prodotto in GMP sia per aziende farmaceutiche sia per ospedali, mentre il radiofarmaco diagnostico può continuare a essere allestito secondo NBP in medicina nucleare. Il nuovo regolamento è in vigore da gennaio 2022 ma è previsto un periodo di transizione per l’applicazione delle GMP perché tutti gli studi che sono stati presentati entro il 31 gennaio 2023 avranno due anni di tempo per essere gestiti secondo la vecchia direttiva e non in base al nuovo regolamento.

Entro il 31 gennaio 2025 questi studi dovranno comunque essere emendati e adempiere alle regole del nuovo regolamento. Questo mentre tutti gli studi sottomessi al Comitato Etico (CE) o in AIFA prima del 2021 non potranno essere emendati ma verranno chiusi automaticamente.

Fino a oggi la sperimentazione con radiofarmaci è stata regolamentata dai D.Lgs 211/2003 e 200 del 2007. In base a questi, la produzione del radiofarmaco sperimentale era diversa in funzione della tipologia di studio: profit o no profit. Nel primo caso la produzione doveva avvenire in GMP in officine autorizzate. Questo non era un problema nel caso di radiofarmaci pronti per l’uso, forniti al centro clinico direttamente dallo sponsor, ma lo diventava nel caso di radiofarmaci diagnostici dove fosse richiesta la preparazione locale a livello ospedaliero. Nell’ambito di una sperimentazione profit queste preparazioni avrebbero dovuto appunto avvenire in GMP, modalità non applicabile a livello italiano. Nelle sperimentazioni no profit per le stesse operazioni si poteva invece operare in deroga alla 211, inviando documentazione ad AIFA in cui si certifica che la preparazione avverrà seguendo le NBP.

Con il nuovo regolamento abbiamo un cambio di paradigma: la differenza non è più sulla base della tipologia di studio ma sulla destinazione d’uso del radiofarmaco sperimentale. Nel caso in cui il radiofarmaco da preparare sia un diagnostico possiamo avere una deroga alle GMP. Se l’allestimento riguarda un radiofarmaco sperimentale terapeutico deve essere preparato in officina autorizzata GMP sia che parliamo di sperimentazione profit sia di una no profit.

Il nuovo regolamento getta quindi un’ombra sull’effettiva capacità dei centri clinici e degli istituti di ricerca di condurre sperimentazione clinica su radiofarmaci terapeutici. È possibile chiedere supporto a un’officina GMP per la produzione del radiofarmaco, col vantaggio di non dover investire nell’allestire un’officina GMP, ma con il limite dato dai costi e dall’effettiva disponibilità dell’officina a produrre il radiofarmaco d’interesse e i tempi lunghi di autorizzazione alla produzione. Altra opzione sarebbe quella di avere monografie di produzione italiana o europea sulla base delle quali la preparazione non sia più sperimentale ma galenico-magistrale, opzione però poco praticabile perché le monografie su terapeutici sono esigue. L’IRST Forlì-Cesena, grazie a due finanziamenti ottenuti con bandi pubblici, ha adeguato la propria produzione alle norme GMP.

Relativamente al farmaco diagnostico, per quanto non sia richiesta la compliance alle GMP per queste preparazioni, il regolamento non è chiaro sulla validità delle autocertificazioni previste dalla normativa precedente. La nuova normativa in merito alle figure che dovranno operare all’art. 61 parla di farmacisti o “altre persone legalmente autorizzate”: in questo caso il legislatore ha lasciato un elemento di incertezza.

Questo nuovo regolamento garantirà un maggiore accesso alla sperimentazione clinica. Precedentemente, infatti, il quadro normativo ha escluso l’Italia da importanti studi clinici profit con nuovi radiofarmaci terapeutici, e questo perché la selezione dei pazienti doveva avvenire sulla base di un esame PET che richiedeva l’utilizzo di un radiofarmaco diagnostico da preparare: lo studio VISION, uno studio di fase 3 che ha dimostrato come il 177Lu-PSMA-617 sia il nuovo standard di terapia per i pazienti con carcinoma prostatico ormonoresistente. Per sottoporre il paziente a screening doveva essere effettuata una PET con 68Ga-PSMA-11 che per sue caratteristiche deve essere prodotto a livello locale poco prima della somministrazione. Sulla base della vecchia normativa, trattandosi di sperimentazione profit e di un farmaco da allestire, questa doveva avvenire in GMP: a livello ospedaliero non è stato possibile e nessun centro italiano è stato coinvolto in questo studio. Con il nuovo regolamento sarà possibile accedere a questa tipologia di studio. Da notare che si preparava già il 68Ga-PSMA-11 per una sperimentazione clinica no profit.

Il nuovo regolamento permetterà nuove co-sponsorizzazioni. Un centro clinico che si riesca a dotare di una radiofarmacia GMP può produrre il radiofarmaco sperimentale sia per sé stesso sia per altri centri partecipanti alla stessa sperimentazione e la normativa prevede la possibilità di una cessione dei dati alle aziende farmaceutiche che fossero interessate. Il centro clinico potrebbe perciò essere oggetto di una commissione da parte dell’azienda farmaceutica alla produzione del farmaco.

La dott.ssa Daniela Saetta, dirigente farmacista dell’Azienda Ospedaliera di Perugia-Università di Perugia, a chiusura della sessione ha effettuato una presentazione orale dal titolo “Un report case dimostra l’appropriatezza prescrittiva della 18F-fluorometilcolina nel pre-operatorio degli adenomi paratiroidei e l’importanza del suo inserimento nell’elenco della legge 648/96”.

La 18F-fluorometilcolina è un farmaco impiegato nell’imaging diagnostico per il carcinoma prostatico e epatocellulare, ma anche nelle diagnosi per iperparatiroidismo (HPT), disturbo endocrino causato dall’iperfunzionamento delle ghiandole paratiroidi. Dal mese di ottobre 2021 la Fluorocolina (F) cloruro è nell’elenco della Legge 648/96 ed è erogabile a totale carico del SSN per iperparatiroidismo primario dopo una diagnostica per immagini convenzionale negativa o non conclusiva. L’inserimento nell’elenco della Legge 648/96 è stato una scelta importante come nel caso clinico riportato dalla dott.ssa Saetta: una paziente di 65 anni presentava un innalzamento PTH associato a ipercalcemia e lieve ipovitaminosi D. A seguito di una ecografia del collo veniva evidenziato un nodulo di 8 mm in sede extra capsulare del 3” medio inferiore del lobo tiroideo di destra. Come di prassi era stata prescritta una scintigrafia paratiroidea con 99mTc-Sestamibi, ma l’esito è stato negativo. Usando la 18F-Fluorometilcolina è stato ripetuto l’esame PET che ha evidenziato una focale iperfissazione del RF in emiloggia tiroidea di destra coerente con la diagnosi di paratiroide adenomatosa/iperplastica.

Nell’HPT primario la PET-TC con Colina ha una sensibilità del 90% superiore a quella di indagini tradizionali (ecografia collo e scintigrafia con 99mTc-Sestamibi). Il caso clinico evidenzia il ruolo cruciale della PET con 18F-Fluorometilcolina come strumento per effettuare adeguate decisioni cliniche. L’estensione della 18F-Fluorometilcolina in 648 evidenzia il ruolo professionale del radiofarmacista, poiché è colui che all’interno dell’équipe multidisciplinare (medico nucleare, endocrinologo e chirurgo) conosce bene il regolatorio ed è in grado di produrre un dossier e seguire l’iter burocratico per ottenere il parere favorevole del CTS e AIFA per l’inserimento in elenco.

La sessione si è conclusa con un appello della dott.ssa Santimaria ai professionisti presenti in sala a non lasciare sola la medicina nucleare non soltanto per gli aspetti tecnici ma anche per quelli gestionali, sottolineando la necessità di una formazione accurata e di fare squadra col medico nucleare per capire come soddisfare i bisogni clinici del paziente.

Il dottor Muni è intervenuto in chiusura ribadendo l’importanza, compresa attraverso la sua esperienza lavorativa e con il cambiamento dettato dall’introduzione delle NBP, della presenza di un farmacista ospedaliero in ogni medicina nucleare.