Responsabilità giuridica nell’esercizio della professione


Maria Ernestina Faggiano1, Isotta Triulzi2
1Comitato Unico di Redazione Editoria SIFO
2Istituto di Management, Scuola Superiore Sant’Anna, Pisa



Moderatori: Andrea Cammilli, Isidoro Mazzoni
– Federico Bisceglia, Il parere del magistrato
– Cristina Magni e Enza Curcio, Il Farmacista tra competenze e responsabilità civile
– Marcello Pani, La prevenzione dei furti nelle Farmacie del SSN: progetto Padlock e collaborazione con AIFA


L’evoluzione che, con passo lento e continuo, coinvolge la professionalità del farmacista del SSN, coinvolge non soltanto gli aspetti prettamente professionali, ma anche la collocazione di questo operatore della salute rispetto ad altre trasformazioni sostanziali, che impattano sul benessere del cittadino, come cambiamenti economici, sociali e istituzionali e rispetto agli altri partner, che ruotano al paziente. La responsabilità degli atti compiuti dal farmacista è, quindi, un tema centrale da comprendere e da fare diventare perno nel lavoro quotidiano, confrontandosi ed attingendo da “esperti della norma” quali magistrati e giuristi. È in quest’ottica che si è svolta la sessione “Responsabilità giuridica nell’esercizio della professione”, che ha visto protagonista anche il farmacista del SSN, che richiama attenzioni su di sé, organizzandosi in sinergia nelle difficoltà consuete, quali i furti dei beni farmaceutici.
Nel ricordare le attività che si svolgono, istituzionalmente, in una farmacia ospedaliera, Federico Bisceglia, sostituto procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, nell’intervento “Il parere del magistrato” (Riquadro 1) ha delineato le responsabilità, che per ogni mansione svolta dalla farmacia ospedaliera, il farmacista ha, elencandole come di seguito riportato:
• responsabilità nel controllo della prescrizione;
• responsabilità nella preparazione dei farmaci;
• responsabilità nella conservazione, distribuzione; somministrazione dei medicamenti;
• responsabilità contabile per l’appropriatezza prescrittiva;
• responsabilità in materia di sicurezza sul lavoro
(es. malattie professionali);
• responsabilità per attività collaterali a quella specifica
(es. lo smaltimento).



La prescrizione di un farmaco è compito univoco del medico; il farmacista ha la responsabilità di assicurarne la fornitura e di evidenziare al medico eventuali usi inappropriati e off-label, ravvedendosi in questo caso anche la “responsabilità d’équipe”.
Il farmacista, dunque, non può assolutamente esimersi dal dispensare i farmaci, configurandosi in tale ipotesi anche una responsabilità omissiva. Attività propria per il farmacista è, invece, la verifica degli errori di carattere strutturale per esempio l’abbinamento di sostanze tra loro dannose; in tal caso, dopo aver evidenziato l’errore di prescrizione al medico, se quest’ultimo conferma la prescrizione, il farmacista è tenuto obbligatoriamente a soddisfare la prescrizione richiesta, non rispondendo, in questo caso, di eventuali errori dovuti all’errata prescrizione. In ogni caso, il farmacista deve esigere il rispetto delle procedure previste e la comprensibilità delle ricette anche per ciò che attiene la leggibilità della prescrizione.
Il discorso cambia quando si parla di preparazione galenica del farmaco: in questo caso, la responsabilità è tutta del farmacista. Eventuali collaboratori, infatti, rispondono direttamente al farmacista (responsabilità di équipe).
Per questo, è necessario elaborare strategie per ottenere la completa tracciabilità del farmaco, indispensabili a tal fine applicativi informatici o manuali. Di fatto il Ministero della Salute spinge sempre più per una centralizzazione (Raccomandazione Ministeriale n. 14 del 2012).
La preparazione deve avvenire inevitabilmente sotto il coordinamento e la responsabilità del farmacista ospedaliero, che deve garantire i livelli minimi di sicurezza anche nel caso che essa avvenga in ambiente esterno alla farmacia ospedaliera.
La centralizzazione favorisce indubbiamente migliore specializzazione degli operatori, migliore formazione, migliore gestione dei rapporti tra le unità operative interessate, possibilità di verificare puntualmente le criticità del processo produttivo, gestendo le fasi di controllo.
Nel caso in cui non si disponga di una struttura adeguata per procedere alla preparazione del farmaco, è necessario rivolgersi a strutture qualificate esterne; il rifiuto di effettuare la preparazione nei casi in cui non si dispone di una struttura adeguata e congrua alle normative vigenti, non configura il reato di interruzione di pubblico servizio ovvero quello di rifiuto in atti di ufficio. È superfluo ricordare che il farmacista, qualora non potesse preparare, anche in parte i galenici, il cui approntamento già si verifica, rende noto a chi di dovere che, a decorrere da una certa data, non sussistendo i requisiti previsti dalla normativa vigente, gli allestimenti non saranno più prodotti in toto o parzialmente. Esigenze di carattere economico-aziendali non possono mai imporre al farmacista di procedere alla preparazione di farmaci in assenza dei requisiti necessari.
La conservazione dei farmaci è di responsabilità del farmacista; infatti, è di sua esclusiva competenza garantire l’idoneità del luogo di conservazione. La carenza strutturale del luogo di conservazione dei medicamenti va segnalata tempestivamente dal farmacista agli organi ed ai vertici dell’Azienda, che dovranno prendere i provvedimenti del caso. È possibile, altresì, collaborare con aziende farmaceutiche per garantire la presenza di strumenti utili alla conservazione del farmaco; questo tipo di collaborazione non esime dall’obbligo di intervenire in caso si presentino delle criticità. L’inerzia del farmacista nei confronti della Direzione Sanitaria o dello stesso paziente per ciò che attiene la conservazione dei farmaci, lo espone a responsabilità omissiva configurando così il reato di omissione in atti di ufficio. 
Ovviamente, la dispensazione del farmaco avviene sotto diretta responsabilità del farmacista; si dovrà anche in questo caso seguire categoricamente procedure di sicurezza adeguate, evidenziando le eventuali criticità.
Nella fase di somministrazione dei farmaci, invece, il farmacista non ha alcuna responsabilità. L’obbligo per il farmacista rimane quello di verificare che il farmaco prescritto corrisponda a quello dispensato, le possibili interazioni dello stesso e la segnalazione di sospette reazioni avverse. Addentrandosi nei meandri di quella che può configurarsi come responsabilità giuridica nell’esercizio della professione è d’obbligo una precisazione di carattere tecnico-giuridico. Spesso, usiamo indistintamente o anche impropriamente il termine “legge”. La norma giuridica, infatti, assume valenza diversa a seconda di chi la emana ed alla tipologia dell’atto adottato per l’emanazione (si pensi ad un articolo della costituzione, una norma penale, o un atto amministrativo tipo piano regolatore). 
A regolare questo universo di regole, c’è la “Gerarchia delle fonti”, secondo cui, la norma di fonte inferiore non può porsi in contrasto con la norma di fonte superiore. Nel caso avvenga un contrasto, si dichiara l’invalidità della fonte inferiore.
Alla sommità della scala si trovano i principi fondamentali dell’ordinamento da cui discendono i diritti inviolabili. Tali norme non possono essere modificate o riviste. Seguono, poi:
• Le norme contenute nella Costituzione e le leggi di rango costituzionale;
• Le leggi statali ordinarie e fonti e gli atti aventi forza di legge (decreti legge e decreti legislativi);
• Leggi regionali;
• Regolamenti;
• Usi e consuetudini.
Date queste premesse, si deve capire dove inserire le possibili violazioni delle leggi che guidano il corretto e diligente svolgimento dell’ attività professionale, appunto la responsabilità giuridica nell’esercizio della professione.
Le premesse ci portano a non confondere una norma deontologica da una violazione del codice penale, ma non ci aiutano ad interpretare testi normativi sempre più complessi ed a volte ambigui. In questi casi l’unica soluzione si profila l’interpretazione della Corte di Cassazione.
Ancor più complicato orientarsi nella galassia legislativa della farmaco-economia, gli interventi per il contenimento della spesa, la responsabilità contabile, norme di competenza legislativa concorrente Stato-Regioni, dove lo Stato crea la legge cornice e le Regioni i regolamenti di applicazione. 
Chiaro rimane l’ intervento della Cassazione ribadendo più volte che il farmacista deve perseguire un unico fine: la cura del malato, utilizzando i presidi diagnostici e terapeutici di cui può disporre, senza farsi condizionare da esigenze di diversa natura.

“A nessuno è consentito di anteporre la logica economica alla logica della tutela della salute, di diramare direttive che, nel rispetto della prima, pongano in secondo piano le esigenze dell’ammalato. Il medico non è tenuto al rispetto di quelle direttive, laddove esse siano in contrasto con le esigenze di cura del paziente, e non può andare esente da colpa, ove se ne lasci condizionare, rinunciando al proprio compito e degradando la propria professionalità e la propria missione ad un livello ragionieristico”
Cassazione 2 marzo 2011 n. 8254
Gli avvocati civilisti Cristina Magni e Enza Curcio hanno affrontato il tema “Il farmacista tra competenze e responsabilità civile”.
Il farmacista è l’esercente di una professione sanitaria, un professionista autonomo con delle responsabilità, inutile dirlo, legate alle sue competenze descritte nelle normative che disciplinano la professione. Nei criteri limite, sono incluse tutte quelle competenze che esulano dalle competenze del farmacista: l’atto medico è un limite invalicabile e tutte le competenze degli altri professionisti ne derivano.
Nel nostro ordinamento sono previste quattro responsabilità: penale, civile, disciplinare (quando sono violate le norme di appartenenza) e responsabilità amministrativa (violazioni normative dell’ente di appartenenza).
La responsabilità civile del farmacista è una responsabilità contrattuale che trova fondamento nell’ articolo 1218 del Codice Civile: il debitore è tenuto a pagare il danno se non prova che l’inadempimento non è dipeso da sua colpa.
Alla base del rapporto tra farmacista e paziente sussiste il “contratto di cura” che trova fondamento nel Decreto Legge n. 32, 3 marzo 2003. Le due obbligazioni del contratto sono: la prestazione sanitaria e il consenso informato. Dalla violazione di una delle due obbligazioni, il paziente può chiedere il risarcimento del danno e dovrà accertare la condotta colposa in termini di imperizia (es. confusione di farmaci), negligenze ed imprudenza. È necessario accertare anche il nesso di causalità, cioè che il danno sia la conseguenza della condotta ritenuta inadempiente. Solo, laddove viene provato che il danno sia la conseguenza di quella condotta, sussiste responsabilità. Diversamente anche in presenza di condotta colposa che non costituisce la causa del danno si è esenti da responsabilità.
Solo per la responsabilità civile, per i farmacisti appartenenti ad un Ente, sussiste anche la responsabilità solidale. La struttura di appartenenza ha una responsabilità maggiore, perché risponde alle carenze della struttura rispetto alla quale il farmacista non ha responsabilità.
Per individuare le responsabilità vanno individuate le competenze del farmacista che si possono raggruppare in tre settori:
• Logistica;
• Tecnica: preparazione medicamenti, capitolati di gara…;
• Attività culturale: redazione di prontuari, protocolli e partecipazione alle Commissioni sanitarie.
Qual è il valore che la giurisprudenza dà a linee guida e protocolli? La Cassazione ritiene che linee guida e protocolli siano delle indicazioni di base su cui si deve innestare il comportamento corretto secondo scienza e conoscenza. I sanitari devono conoscere linee guida e protocolli, ma quando un caso complesso lo richiede si devono discostare da quest’ultime.
Le linee guida hanno due volti: da un lato costituiscono lo strumento della buona pratica, dall’altro costituiscono il risultato di un’attività posta in essere dal farmacista quando, per esempio, partecipa a quelle commissioni circa elaborazioni protocolli, linee guida sull’uso appropriato del farmaco.
Quali sono i criteri ispiratori per redigere buone linee guida?
• Tutela della salute;
• Utilizzare evidenze conformi alle regole dettate da miglior scienze;
• Basarsi sulla prova dell’efficacia degli interventi sanitari per fare scelte su impiego risorse;
• Rispetto dell’RCP del farmaco (Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto), oltre a tutte le normative che ogni regione può emanare in aggiunta alle schede tecniche emanate dal Ministero stesso.
L’altro aspetto è quello che riguarda la valutazione dell’appropriatezza prescrittiva controllata del farmacista; l’appropriatezza indica la qualità dell’intervento curativo in termini di corretta efficacia, che fornisce un rapporto favorevole tra rischio e benefici. A seguito della Legge che ha introdotto la distribuzione diretta del farmaco, c’è stato uno sviluppo della figura del farmacista, volto al controllo dell’appropriatezza della prescrizione e della spesa, in quanto deve assicurare che la prescrizione del farmaco rimborsabile venga fatta in base alle condizioni dettate dall’ AIFA.
Dalla stessa normativa deriva la rilevanza della multidisciplinarietà, ossia lo sfruttamento delle conoscenze del farmacista nei rapporti con gli altri operatori della sanità. Dalla Raccomandazione n. 14 del Ministero Salute del 2012 deriva il concetto di multidisciplinarietà come attività in équipe, perché si prevede un intervento congiunto di più figure sanitarie, in favore di un paziente. Come viene valutata la condotta del farmacista che opera nell’équipe? Si valuta usando il “principio dell’affidamento”: egli si affida in qualche modo così che gli altri membri operino secondo l’osservanza delle regole di diligenza propria; il farmacista non deve controllare quello che compie il medico, ma deve controllare la parte delle “legis artis” che sono in comune.
I punti da tenere presenti, quindi, per limitare una responsabilità sono:
• rispetto competenze con criteri guida e limite;
• rispetto delle linee guida;
• rispetto della professionalità del farmacista che non deve essere un mero esecutore.
L’ultimo intervento della sessione “La prevenzione dei furti nelle farmacie del SSN: Progetto PADLOck e collaborazione con AIFA”, che ha visto impegnato Marcello Pani (Coordinatore dell’area Logistica e Innovazione di SIFO), ha descritto un’iniziativa che vuole migliorare la sicurezza nelle strutture della farmacie ospedaliere, tenendo conto dei nuovi scenari di rischio. Ultimamente, infatti, i furti nelle farmacie ospedaliere sono notevolmente aumentati, in particolare, per i farmaci ad alto costo, come i biologici, richiedendo ai farmacisti di impegnarsi per l’implementazione e gestione di sistemi di sicurezza sempre più efficaci.
Nasce, per questo, il progetto PADLOck (Progetto di Adeguamento Dei Livelli di sicurezza delle farmacie Ospedaliere contro il rischio di furti e definizione di standard tecnici), caratterizzato da tre concetti: prevenzione, messa in sicurezza e miglioramento dei sistemi di monitoraggio.
Il farmaco rubato esce dal controllo delle specifiche di conservazione, subendo così la prima possibilità di degrado. Può essere quindi messo nel ciclo distributivo nei modi più disparati, non sottoposto alla catena del freddo o, se fosse ben conservato, potrebbe rientrare in circolazione con dati modificati (es. lotto e data scadenza).
Il progetto PADLOck è cominciato nel febbraio del 2014 con un check-up tecnico presso 12 centri ospedalieri italiani, che avevano già subito furti, per poi procedere ad un lavoro di elaborazione di linee guida denominate ‘Benchmark per la Farmacia Ospedaliera Sicura’. Le proposte sono mirate ad una serie di azioni preventive: allarmi, telecamere a circuito chiuso, introduzione di una guardia giurata presso la farmacia ed ausili necessari per la prevenzione dei furti. È contemplato anche l’ individuare un’unica area di stoccaggio dei farmaci costosi per poter utilizzare tutti gli accorgimenti idonei alla protezione dai furti, compresi la chiusura a chiave di armadi e/o frigoriferi e del locale stesso. Utile potrebbe essere anche la limitazione dell’accesso ai locali della farmacia al personale non addetto (es. corrieri, operai). Nel caso di avvenuto furto, poi, è fondamentale una tempestiva denuncia ai Carabinieri/NAS, indicando la tipologia di farmaci, la quantità e lotti sottratti, la comunicazione alle Direzioni Sanitaria e Generale e alle Aziende Farmaceutiche interessate dei farmaci derubati.
La raccomandazione a tutti i farmacisti è che ci si renda consapevoli della gravità del problema, che ha un impatto non solo economico, ma anche di salute pubblica. Il progetto rimarrà tale fino al 2015, quando, con la prosecuzione delle verifiche in altri centri ospedaliera, si trasformerà in linee guida da implementare definitivamente.