Dati preliminari di efficacia della campagna vaccinale
verso SARS COV 2 (febbraio – marzo 2021)

Marco Bellizzi

Dirigente Farmacista, Ospedale di Sondrio ASST Valtellina ed Alto Lario

La pandemia da SARS-CoV-2, attualmente ancora in atto, minaccia una terza ondata di contagi: dai dati dell’Istituto Superiore di Sanità (aggiornati a marzo 2021) emerge un quadro generale assai preoccupante che riguarda sia l’andamento dei contagi, in netta risalita dopo un periodo di relativa stabilità, sia la distribuzione degli stessi, che registra una riduzione dell’età mediana dei soggetti colpiti da COVID-19 (~44 anni).

Sin dall’inizio della pandemia è risultato evidente come la malattia da COVID-19 presentasse una prognosi ampiamente più sfavorevole verso le persone anziane rispetto ai soggetti più giovani. Questa peculiarità rappresenta un problema molto rilevante nella ‘anziana Europa’. Dei 30 stati con la maggior percentuale di popolazione geriatrica a livello mondiale, gran parte di questi si trova proprio nel continente europeo. L’Italia è dunque considerata un ‘paese di persone anziane’ in quanto l’aspettativa di vita va oltre gli 80 anni di età.

Uno studio tutto italiano ha rafforzato l’ipotesi che ai fattori di rischio correlati alla gravità della malattia da COVID-19 debbano esser sommati, oltre all’età dei soggetti, le preesistenti comorbilità e l’eventuale permanenza in Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA). Tali condizioni aggraverebbero di fatto la suscettibilità verso lo sviluppo di sintomi gravi e potenzialmente letali.1

Una piccola nota positiva, già emersa a partire dalla seconda metà di gennaio 2021, riguarda il trend in diminuzione del numero di casi di contagio negli operatori sanitari e, per l’appunto, nei soggetti ultraottantenni, vaccinati con criteri di priorità, ‘verosimilmente ascrivibile alla campagna di vaccinazione in corso’.2

Ulteriori conferme giungono direttamente dai dati presentati dal Public Health England3 calcolati partendo dai valori di odds ratio del numero di casi attesi in soggetti ultraottantenni, assumendo che il vaccino non avesse effetto, confrontati con il numero cumulativo di casi registrato dopo la somministrazione della prima dose di vaccino Pfizer (BNT162b2), stratificati per differenti gruppi di giorni dopo la vaccinazione. L’analisi statistica ha infatti evidenziato una riduzione dei contagi attesi già a partire dal quattordicesimo giorno successivo alla vaccinazione. (Tabella 1)

Nel gruppo di soggetti over 80 analizzati l’effectiveness vaccinale (efficacia riferita alla popolazione ‘reale’), stimata con il valore di odds ratio pari a 1, è risultata del 57% (I.C. 48%-63%) a 28 giorni dalla prima somministrazione e dell’88% a 7 giorni dalla seconda somministrazione. È importante sottolineare che tale gruppo di soggetti non è ritenuto rappresentativo di tutta la popolazione over 80 in quanto non ha tenuto conto di individui residenti nelle RSA.

Inoltre, è stata evidenziata una riduzione del rischio di ospedalizzazione correlata a infezione da SARS-CoV-2 (confermata tramite PCR) a 14 giorni dalla prima dose (Tabella 2a), e dell’evento morte correlata a COVID-19 (confermata tramite PCR) a 21 giorni dalla prima dose. (Tabella 2b)




LIMITAZIONI

Tali modelli hanno contemplato una serie di bias che possono potenzialmente modificare il valore di effectiveness del vaccino, riducendola o aumentandola. Per esempio, i soggetti reclutati nelle prime fasi di campagna vaccinale potrebbero esser stati esposti ad un rischio più elevato di contagio rispetto ai soggetti reclutati nelle fasi successive; questo ha quasi certamente portato ad errori di classificazione dei casi (misclassificazione), a causa della bassa specificità e sensibilità dei metodi di test che hanno potuto provocare una sottostima del valore di efficacia.

Al contrario, la presenza di soggetti già immuni al SARS-CoV-2, a causa di una precedente infezione non diagnosticata o di soggetti infetti ma asintomatici, ha rappresentato bias determinanti una sovrastima del valore di effectiveness.

Un ulteriore contributo a supporto dell’efficacia dei vaccini Pfizer (BNT162b2) ed AstraZeneca (ChAdOx1) giunge da uno studio che ne valuta l’effectiveness preliminare sulla malattia sintomatica, l’ospedalizzazione e la mortalità nelle persone anziane (over 70) nel Regno Unito.

Early effectiveness of covid-19 vaccination with bnt162b2 mrna vaccine
and chadox1 adenovirus vector vaccine on symptomatic disease, hospitalisations and mortality in older adults in england

Jamie Lopez Bernal, Nick Andrews, Charlotte Gower, Julia Stowe, Chris Robertson,
Elise Tessier, Ruth Simmons, Simon Cottrell, Richard Roberts, Mark O’Doherty,
Kevin Brown, Claire Cameron, Diane Stockton, Jim McMenamin, Mary Ramsay

Tale studio, basato sulla metodica ‘caso-controllo a test negativo’, ha valutato i valori di efficacia ‘reale’ derivanti da dati riferiti alla popolazione inglese over 70 (effectiveness) che ha ricevuto due dosi del vaccino Pfizer o una dose del vaccino AstraZeneca.

Gli studi caso controllo a test negativo, al netto dei bias ineludibili, sono infatti considerati molto autorevoli e attendibili per la stima dell’effectiveness vaccinale tanto che, al giorno d’oggi, sono ampiamente utilizzati per valutare i dati di efficacia di svariati vaccini nei confronti di virus influenzali e altri ‘virus respiratori’.

METODICA

Lo studio ha coinvolto tutti gli individui di età maggiore o uguale a 70 anni afferenti al Sistema Sanitario Inglese, risultati eleggibili per l’analisi statistica, comparando i valori stimati di odds ratio riferiti a soggetti vaccinati e non vaccinati per i quali sia stata testata la positività al virus SARS-CoV-2 attraverso l’utilizzo del metodo PCR. I parametri di eleggibilità hanno tenuto conto di tutti i soggetti che hanno sviluppato sintomi da COVID-19, poi confermati a mezzo di PCR nel periodo 8 dicembre 2020 – 19 febbraio 2021. L’estrazione dei dati è stata effettuata a partire dai database del Sistema Sanitario Inglese che contengono i dati vaccinali degli individui coinvolti nell’analisi statistica. Gli outcome misurati sono stati: infezione sintomatica da SARS-CoV-2 confermata tramite PCR; ospedalizzazione; morte correlata a COVID-19.

RISULTATI

Su 156.930 campioni di PCR associati al database vaccinale analizzati entro 10 giorni dallo sviluppo dei sintomi più comuni della malattia da COVID-19, 44.590 (28,4%) sono risultati positivi mentre 112.340 (71,6%) sono risultati negativi. In Tabella 1 sono schematizzati i dati di copertura vaccinale (casi e controlli negativi) stratificati per tipologia di vaccino e fascia di età. Si noti che il vaccino BNT162b2 (Pfizer) presenta un valore tempo - individuo maggiore poiché consta di dati raccolti in un intervallo di più ampio, il che rende i dati analizzati senza dubbio più completi, visto l’arco temporale considerato.




Le Figure 1a-b mostrano il numero dei casi e dei controlli stratificati per intervalli di giorni e suddivisi graficamente per prima e seconda somministrazione (Pfizer) e solo prima somministrazione (AstraZeneca).

Al netto dei risultati di seguito evidenziati, vi è da tener conto di tali limitazioni:

il numero di individui testati a 42 giorni dalla prima somministrazione BNT162b2 è oltremodo esiguo;

il numero di individui testati a 28 giorni dalla somministrazione ChAdOx1 è molto basso;

è stato riscontrato un consistente incremento dei test (controlli/casi) nel periodo immediatamente successivo all’inoculazione di ChAdOx1 e ciò ha potuto influire sulla stima dei dati di efficacia.







A pochi giorni dall’inizio della vaccinazione sostenuta con BNT162b2, prima che la risposta immunitaria possa esser stata elicitata in maniera completa ed efficiente, gli individui hanno mostrato una maggiore probabilità di risultare positivi alla malattia probabilmente poiché le prime fasi vaccinali hanno coinvolto soggetti più fragili e, dunque, a più alto rischio di malattia. Le odds ratio (OR) hanno quindi iniziato a ridursi a 14 giorni dalla vaccinazione, raggiungendo il valore di 0,50 (95% CI 0,42-0,59) nel periodo di 28-34 giorni, per poi stabilizzarsi.

In Tabella 2 e Figura 2 sono tabulati i dati riferiti alle vaccinazioni effettuate prima della data del 4 gennaio con il vaccino BNT162b2, unico disponibile nel mese di dicembre 2020, per un gruppo ristretto di persone (ultraottantenni).




Le probabilità, odds, per esser più corretti, di risultare positivi sono aumentate a 7-9 giorni dalla prima somministrazione fino a raggiungere il valore di 1,48 (95% CI 1,23-1,77), per poi invertire il trend a partire dal giorno 10, fino a raggiungere il valore di 0,41 (95% CI 0,32-0,54) nell’intervallo 28-34 giorni. Questi risultati, se comparati a valori basali estrapolati da individui non vaccinati, hanno mostrato una effectiveness del 59%, che sale al 70%, OR = 0,30 (95% CI 0,22-0,41), se si comparano i dati a valori basali desunti dal periodo 4-9 giorni in cui vi è una più alta probabilità di contrarre malattia. Considerando le seconde dosi, invece, l’odds ratio ha registrato il valore 0,21 (95% CI 0,14-0,32) a 7 giorni e di 0,15 (95% CI 0,11-0,21) a 14 giorni dalla somministrazione, indicando valori di effectiveness pari all’85% che sale all’89% (OR= 0,11, IC 95% 0,07-0,15) rispetto a valori di rischio basale di contratte malattia più elevato (4-9 giorni).

I risultati riferiti alla somministrazione di BNT162b2 e ChAdOx1 a partire dal 4 gennaio sono mostrati in Tabella 3 e Figura 3.




In questa analisi non è stato evidenziato alcun incremento significativo del rischio nel periodo immediatamente successivo alla somministrazione di entrambi i vaccini. La odds ratio riferita alla somministrazione di ChAdOx1 nel periodo 0-3 giorni ha mostrato una diminuzione probabilmente causata dall’incremento dei test diagnostici per SARS-CoV-2 dovuti alla maggior reattogenicità del vaccino in questione.

A supporto di tale tesi, l’odds ratio riferita alla somministrazione di BNT162b2 ha iniziato a diminuire nettamente a 10-13 giorni dalla somministrazione, raggiungendo un valore di 0,39 (95% CI 0,31-0,49) a 28 giorni dalla vaccinazione che ha indicato una effectiveness del 61%.




Con l’utilizzo di ChAdOx1 la diminuzione della odds ratio è invece iniziata a 14-20 giorni dalla somministrazione e ha raggiunto il valore di 0,40 (95% CI 0,27-0,59) a 28 giorni (aOR, effectiveness pari al 60%) e di 0,27 (95% CI 0,10-0,73) a 35 giorni dalla vaccinazione (effectiveness pari al 73%, seppur con ampi intervalli di confidenza, vedi Tabella 3).

Dall’analisi sono emersi intervalli di confidenza sovrapponibili per entrambi i vaccini; questo implica la necessità di condurre ulteriori follow-up per comprendere se gli effetti di ChAdOx1 possano, di seguito, tendere al plateau. A differenza dei dati riferiti al periodo precedente al 4 gennaio, i valori di odds ratio aggiustati e non hanno mostrato differenze significative. Questo è stato probabilmente dovuto a fattori di confondimento legati a età ed a soggetti in regime di cure domiciliari, esclusi nella precedente analisi che, come sopra accennato, è stata effettuata su un gruppo più ristretto di persone (ultraottantenni).

In Tabella 4 sono illustrati i casi di ricovero ospedaliero correlati a COVID-19 occorsi entro 14 o più giorni dalla positività ai test in individui vaccinati (prima dose) e non. I valori di hazard ratio (rischio) hanno mostrato valori simili per entrambi i vaccini considerati: 0,57 (95% CI: 0,48-0,67) per BNT162b2 e 0,63 (95% CI: 0,41-0,97) per ChAdOx1 per soggetti vaccinati almeno 14 giorni prima del test. L’analisi ha dunque evidenziato, nei soggetti vaccinati, delle percentuali di protezione verso l’ospedalizzazione da COVID-19 rispettivamente del 43% e del 37%.




In Tabella 5 sono invece tabulati i dati relativi alle morti correlate a COVID-19 ed il relativo hazard ratio entro i 21 giorni successivi alla positività al test per individui ultraottantenni vaccinati (BNT162b2) e non. Il valore di hazard ratio rilevato, riferito all’evento morte per individui vaccinati almeno 14 giorni prima del test di conferma di positività se comparato a quello di individui non vaccinati (OR=1), è stato di 0,49 (0,38-0,63). Questo dato indica che i soggetti già vaccinati, poi divenuti sintomatici, hanno presentato una protezione addizionale riguardo all’evento morte entro 21 giorni dalla positività al test pari al 51%.

DISCUSSIONE

Tale studio ha fornito delle evidenze tangibili sulla efficacia riferita alla popolazione anziana ‘reale’ (effectivenes) nel Regno Unito. Una singola dose di BNT162b2 ha infatti mostrato una effectiveness del 60-70% nel prevenire la malattia sintomatica in soggetti ultrasettantenni che raggiunge percentuali dell’85-90% dopo la somministrazione della seconda dose. È stata inoltre rilevata una diminuzione del 44% nel rischio di ospedalizzazione per individui vaccinati poi divenuti sintomatici in aggiunta ad una riduzione del 51% nel rischio di morte a 21 giorni dal riscontro diagnostico della patologia.

La effectiveness, misurata dopo la prima somministrazione del vaccino ChAdOx1, ha invece mostrato valori del 60-75% di riduzione della malattia sintomatica oltre che effetti protettivi verso l’ospedalizzazione; i dati analizzati non sono stati tuttavia sufficienti per poter delineare un’analisi più completa dell’efficacia (a causa della mancanza della seconda dose) e dell’effetto sulla mortalità.

Vi è però da evidenziare che i dati analizzati sono prettamente osservazionali e, quindi, comportano una serie di fattori di confondimento di cui tener conto. Per esempio, nelle prime fasi della vaccinazione (BNT162b2 per gli ultraottantenni) si è riscontrata una maggior probabilità di risultare positivi tra gli individui considerati e questo ha comportato con molta probabilità una sottostima della effectiveness del vaccino considerato; in effetti, i soggetti vaccinati in prima istanza hanno mostrato, a conti fatti, un maggior rischio di sviluppare COVID-19 per via del corso della pandemia e delle caratteristiche dei soggetti stessi (popolazione fragile).

Un ulteriore fattore di confondimento, ma in direzione opposta, è derivato dal rinvio della somministrazione di molte dosi di vaccino BNT162b2 (e.g. problemi di salute dei vaccinandi oppure recente positività al test) che ha senza dubbio inciso sulla probabilità di risultare positivi al test SARS-CoV-2 dopo la prima somministrazione, riducendola.

Nel caso di ChAdOx1, invece, un fattore confondente che causa una sottostima dell’efficacia ‘reale’ è stato imputato alla reattogenicità dello stesso che ha portato allo sviluppo di reazioni avverse a breve termine quali febbre e astenia. Questo ha comportato un aumento dei test diagnostici per SARS-CoV-2, inficiando negativamente l’effectiveness per via dell’aumento del numero dei controlli. Nonostante ciò, il valore di effectiveness si è attestato sul 75% a 35 giorni dalla somministrazione della prima dose.

La natura ‘osservazionale’ di questo studio, in conclusione, impone cautela nell’interpretazione dei risultati poiché ha presupposto l’esistenza di svariati fattori di confondimento in aggiunta a quelli già segnalati. Tali bias possono di fatti inficiare la effectiveness in due modi: sottostimandola oppure sovrastimandola.

La sottostima può derivare da individui che, una volta vaccinati, non attuano rigorosi comportamenti di prevenzione mettendo a rischio di contagio altre persone, o da individui che recandosi al punto vaccinale possono contrarre il virus durante lo spostamento.

La sovrastima, invece, può derivare da errori di ‘misclassificazione’ (test PCR a bassa specificità e sensibilità) o da uno spropositato numero di test effettuati in differenti periodi di insorgenza dei sintomi (anche dovuti al vaccino stesso, ndr). Qualsiasi misclassificazione, dopotutto, può falsare i risultati di efficacia.

Oltre a ciò, va sottolineato che l’analisi dei dati presentati, riferita solo alle prime fasi della campagna vaccinale sostenuta nel Regno Unito, consta di un follow-up limitato. Questo rende necessaria una ulteriore analisi al fine di confermare o meno i dati di efficacia ‘reale’ riferita ad un periodo post-vaccinale più lungo e, quindi, statisticamente più attendibile.

N.B. L’articolo riportato è riscontrabile all’indirizzo https://www.medrxiv.org/content/10.1101/2021.03.01.21252652v1 e, all’atto della redazione (14/03/2021), non ha ancora ricevuto la certificazione derivante dalla ‘peer review’.

BIBLIOGRAFIA

1. D’Ascanio M, Innammorato M, Pasquariello L, Pizzirusso D, Guerrieri G, Castelli S, Pezzuto A, De Vitis C, Anibaldi P, Marcolongo A, Mancini R, Ricci A, Sciacchitano S. Age is not the only risk factor in COVID-19: the role of comorbidities and of long staying in residential care homes. BMC Geriatrics 2021;21:63.

2. Epidemia COVID-19, Aggiornamento nazionale, 17 Marzo 2021, Istituto Superiore di Sanità (Roma).

3. PHE monitoring of the early impact and effectiveness of COVID-19 vaccination in England, Public Health England.