Monitoraggio della spesa farmaceutica per farmaci e DM: il prezzo è giusto?

Beatrice Mainero

Scuola di specializzazione in Farmacia Ospedaliera – Università degli Studi di Genova

Socio SIFO Regione Liguria

Parole chiave: Spesa farmaceutica, Farmaci, Dispositivi medici, Tetti di spesa, Payback.

Durante il XLIII Congresso Nazionale della Società Italiana di Farmacia Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici delle Aziende Sanitarie (SIFO) dal titolo “Clinica, Etica, Managerialità. Costruiamo insieme la salute di domani”, tenutosi a Bologna, il 28 ottobre 2022, è stata organizzata la main session “Monitoraggio della spesa farmaceutica per farmaci e DM: il prezzo è giusto?”.

La sessione è stata aperta dalla dott.ssa Giovanna Scroccaro, presidente del Comitato Prezzi e Rimborsi di AIFA, e dal dott. Adriano Vercellone, del Consiglio direttivo SIFO.

L’incontro si è aperto con una riflessione sull’aumento della spesa farmaceutica di farmaci e dispositivi da parte delle Regioni e delle aziende sanitarie, principalmente per l’aumento della cronicità d’impiego di alcuni farmaci, anche ad alto costo, e all’avvento di nuove tecnologie, sia farmaci che dispositivi, che, solitamente, rappresentano un costo di terapia più elevato.

Per poter illustrare i determinanti del prezzo dei farmaci è intervenuto il prof. Claudio Jommi, economista all’Università SDA Bocconi. La sua relazione è partita dal presupposto che i farmaci commercializzati in Italia siano venduti da imprese che agiscono a livello globale, anche se non si tratta di un contesto di mercato, bensì di un contesto regolato. Tuttavia, le dinamiche che influenzano la determinazione dei prezzi sono simili a quelle del mercato; infatti, da una parte c’è l’offerta, l’industria, che ha come obiettivo la produzione di innovazione ma il fine di remunerare il capitale investito, e dall’altra parte, la domanda, che, per gran parte dei farmaci, è veicolata attraverso il Servizio Sanitario Nazionale.

Quando le imprese lanciano sul mercato un nuovo farmaco o un’estensione di indicazione, i tre elementi che influenzano la definizione dei prezzi a livello internazionale riguardano sia la marginalità rispetto a ogni unità venduta, ma soprattutto i costi fissi per l’attività di ricerca e sviluppo; infatti, quando si arriva al mercato sono stati sostenuti dei costi di ricerca e sviluppo “sommersi”, che devono essere recuperati attraverso le vendite successive al lancio del prodotto sul mercato. Inoltre, si cerca di diminuire l’eccessiva differenza di prezzi pubblici in mercati omogenei per evitare il cross-reference pricing, cioè la determinazione dei prezzi sulla base degli altri Paesi e impedire che quei Paesi che hanno maggiore disponibilità a pagare utilizzano i prezzi benchmark di Paesi con minore disponibilità al fine di ridurre il commercio parallelo. Infine, le imprese cercano di mantenere il prezzo sul territorio, cioè evitare che un prezzo negoziato inizialmente a livello centrale venga successivamente rivisto attraverso procedure di gara o meccanismi diversi di ulteriore abbattimento dei prezzi.

È noto come le imprese sostengano un costo per ricerca e sviluppo pari al 18% del loro fatturato, nonostante la stima riguardi principalmente farmaci ad alto valore terapeutico aggiunto e non tenga conto dell’effetto degli incentivi pubblici. Inoltre, alcuni contributi recenti hanno evidenziato come sia importante per le logiche di pricing investigare maggiormente sugli investimenti per ricerca e sviluppo per aree terapeutiche, ad esempio per i farmaci orfani; infatti, il costo di ricerca e sviluppo è inferiore di circa il 25% rispetto a un farmaco noto in quanto gli studi sono più brevi e il target di popolazione è maggiormente ristretto. Vi sono poche evidenze disponibili dei costi per la produzione e la commercializzazione dei farmaci: è necessario considerare il margine della distribuzione e l’imposta sul valore aggiunto; è molto difficile effettuare l’analisi comparativa dei margini ottenuti dalla distribuzione rispetto al prezzo del pubblico, infatti sono formalmente tracciate solo la distribuzione in regime convenzionale e la Distribuzione per Conto (DPC); in Italia la marginalità è media rispetto al prezzo al pubblico ed è decisa a livello politico.

Invece, per quanto riguarda la domanda, in Italia, così come in molti Paesi europei, c’è una regolazione dei prezzi: il prezzo è il frutto di una negoziazione tra quello richiesto dall’industria e quello successivamente negoziato; in tal contesto i fattori determinanti sono il valore comparativo, i prezzi alternativi (in presenza di valore terapeutico aggiunto viene richiesto un premio di prezzo) e i vincoli di spesa.

Per definire il legame tra prezzo e valore si impiega l’indicatore QALY che esprime l’effetto di un farmaco sulla sopravvivenza e qualità della vita; si incorpora l’effetto incrementale sul QALY al costo incrementale attraverso il rapporto incrementale di costo-efficacia mediante un indicatore dove al numeratore vi è l’incremento sui costi e al denominatore l’incremento sull’efficacia. Tale indicatore può essere definito in base al valore soglia che un Paese è disposto a pagare per unità di beneficio aggiuntivo e, se il prezzo del farmaco non è coerente, viene richiesto all’industria di abbassare il prezzo o di praticare uno sconto non visibile che renda la costo-efficacia coerente al valore soglia. Questo è il modello inglese o quello neozelandese; quello italiano, invece, non prevede la definizione di un valore soglia bensì l’utilizzo della costo-efficacia come uno degli strumenti, impiegando un approccio multicriterio. Fondamentale è anche la scelta dei comparatori.

Jommi ha espresso chiaramente come, a suo parere, sia preferibile impiegare sistematicamente la costo-efficacia per giudicare la coerenza del valore prezzo anche «perché rappresenta uno strumento di benchmark di riferimento e di equità rispetto all’accesso laddove sia gestita in modo flessibile».

Inoltre, si negozia in condizioni di vincoli di spesa, che dipendono dai vincoli macroeconomici (PIL, debito pubblico), ma anche dalla disponibilità del Paese a investire in sanità pubblica così come alla modalità per cui vengono definiti i budget. Esistono budget estesi che includono sanità e i servizi sociali, fino ad arrivare alla logica di spesa per fattori produttivi, come avviene in Italia, dove sono definiti dei tetti sulla spesa per i farmaci e per i dispositivi medici.

Per quanto riguarda il tema della trasparenza piena sul prezzo al netto degli sconti si deve tener conto che sono proprio gli Stati a più basso reddito, che negoziano sconti maggiori con l’impresa, a non volere la piena trasparenza perché c’è il rischio che l’impresa non li pratichi più o che non lanci più farmaci nei mercati di questi Paesi. Invece, è auspicabile una maggiore trasparenza di processo di valutazione tecnica e di processo negoziale in termini di regole e di applicazione delle tali a ciascuna negoziazione.

Infine, è stato sottolineato come in Italia, rispetto all’Europa, sulla base dei dati pubblici aggregati, la spesa media ospedaliera e la differenza media per il mercato ospedaliero complessivo a livello aggregato tra prezzo di cessione massima e prezzo effettivo è di circa il 37%, gran parte legata a scontistiche negoziate a livello locale e a livello dei payback associati ai contratti outcome based o financial based.

La relazione del dott. Andrea Messori, dell’unità di Health Technology Assessment (HTA) della Regione Toscana, ha riguardato i determinanti del prezzo di un dispositivo medico: in questo caso si parte dal prezzo del competitor, si tiene conto del beneficio incrementale, quando il dato è disponibile la qualità della vita (beneficio umanistico) e il costo della malattia.

Nella Regione Toscana, si è sperimentato un ulteriore parametro, la soglia Willingness to pay, che corrisponde a 60.000 € per QALY guadagnato e, sul tema della trasparenza, sono presenti sul sito internet della regione 135 schede HTA, 9 linee di indirizzo e 3 schede di valutazione del prezzo value-based.

Le metodologie value-based associate al valore soglia, sono finalizzate a incorporare il beneficio clinico, infatti, una stima di questo parametro, si ottiene dal prezzo del competitor, il beneficio clinico, dal miglioramento della qualità della vita e dal delta dei costi assistenziali. A tal proposito, il dott. Messori ha riportato l’esperienza della Toscana, dove, per la valutazione del prezzo value-based ci si basa sull’analisi costo-efficacia mediante una ricerca in letteratura impostando un filtro riguardante Paesi con un sistema sanitario paragonabile a quello italiano, come Regno Unito o Paesi dell’area europea. Si inseriscono i costi al numeratore e l’efficacia al denominatore, se il rapporto è superiore alla soglia il parere è sfavorevole, se inferiore favorevole. Nel caso del prezzo value-based se il prezzo reale è maggiore del prezzo value-based il profilo è sfavorevole, altrimenti favorevole.

Nell’ambito di una gara qualità/prezzo (70/30), l’overall result incorpora sia le informazioni sulla qualità (valutate con scala 0-70) sia quelle sul prezzo (con punteggio 0-30), con aggiudicazione al dispositivo medico (DM) con maggior punteggio. Tuttavia, le due scale risultano slegate, in Toscana si è impiegato il Net Monitory Benefit, che permette di valutare non solo le qualità tecniche di un dispositivo medico, ma anche la sua efficacia clinica. Infatti, valutata la clinica, per l’esame del prezzo si impiega scala monetaria proporzionata a punteggio 0-70, garantendo una sintonia tra le due scale valutative.

Un altro strumento interessante, quando non si trova un accordo tra il venditore e il Servizio Sanitario Regionale, è il prezzo-volume per negoziare secondo la velocità di decrescita del prezzo, se sufficientemente elevata il prezzo complessivo ideale pagato scende, ma quello nominale resta al valore di listino e la compensazione viene effettuata con una nota di credito.

L’intervento si conclude con alcune riflessioni: i punteggi di gara dovrebbero premiare il beneficio clinico, si dovrebbe stabilire un numero di lotti congruo e si dovrebbe ridurre allo stretto indispensabile le situazioni dove un lotto contiene un unico dispositivo. Infatti, potrebbe essere utile effettuare una peer-review di una bozza di capitolato con un valutatore che possa osservare ed eventualmente proporre di accorpare i lotti. Il valore della base d’asta non dovrebbe essere troppo basso affinché l’innovazione sia più accessibile; ad esempio in Toscana sui dispositivi medici innovativi non è possibile effettuare una gara. Inoltre, bisognerebbe trovare spazio per i punteggi prezzo-volume. Attualmente, non esiste un’agenzia nazionale: sarebbe importante avere a disposizione degli organismi per gestire il procurement. Infine, servirebbe una formazione in lettura delle evidenze cliniche e in condivisione di dati tecnici con vocabolario adatto in quanto gli studi clinici sono pochi o difficilmente accessibili.

Nel corso della tavola rotonda si sono, poi, alternate le opinioni dei diversi stakeholder: la dott.ssa Scroccaro ha invitato i partecipanti a esprimere la propria opinione sull’attuale modello di gestione il prezzo legato alla suddivisione in farmaci di fascia A e di fascia H, negoziati dall’AIFA, e in farmaci di fascia C e CNN, il cui prezzo è definito unilateralmente dal produttore. Nonostante ciò, vengono comunque acquistati e pagati dal SSN in quanto vengono usati nel settore ospedaliero, in assistenza domiciliare e per la distribuzione diretta: molti vaccini sono in classe C. L’art. 18 della legge 5 agosto 2022 ha cercato di porre un limite alla permanenza dei farmaci in fascia CNN: AIFA ha indicazione di procedere a definire il prezzo più basso all’interno dalla categoria ATC di quarto livello in caso manchi la domanda di prezzo e rimborso da parte del produttore entro un arco di tempo definito di 70 giorni. Inoltre, in caso di farmaci biologici, in presenza di biosimilari è possibile, alla scadenza del brevetto, attivare processi di gara, determinando un’ulteriore riduzione di prezzo anche di quei farmaci già negoziati.

Il primo a prendere parola è il dott. Carlo Riccini di Farmindustria, che ha mostrato come il trend di spesa farmaceutica sia inferiore del 20% rispetto agli altri Paesi nonostante una popolazione più anziana e come negli ultimi 5 anni sia aumentato solo dell’1% e ha proposto che in Italia si guardi a una gestione della spesa legata al valore, adeguato all’innovazione e non ai prezzi, che ritiene troppo compressi. Il dott. Massimiliano Rocchi di Egualia, per quanto riguarda i biosimilari, ha sottolineato come non sia più sufficiente il criterio di aggiudicazione al prezzo più basso; infatti, sono presenti continui e costanti incrementi dei fattori della produzione, ad esempio in 3 anni l’energia è aumentata del 230%. Ritenendo necessario il superamento dei modelli attuali, ha lanciato la proposta di rivedere il prezzo di cessione negoziato con le stazioni appaltanti per cercare soluzioni che permettano di garantire un buon livello di servizio.

La dott.ssa Annalisa Campomori, farmacista all’Ospedale di Trento e componente del Comitato Prezzi e Rimborsi di AIFA, ha rimarcato la distinzione tra farmaci di fascia C negoziati e non negoziati (CNN) e che, per l’acquisto, sia fondamentale valutare caso per caso. Ad esempio, dal rapporto OsMed 2021 è emerso come il farmaco in fascia CNN più utilizzato sia stato il remdesivir e subito dopo i farmaci per la fibrosi cistica, poi rimborsati; invece, sarebbe importante evidenziare i motivi del mancato accordo che determina l’inserimento in fascia C. Inoltre, ha sostenuto come il controllo della spesa sia possibile mediante un controllo dei prezzi, anche arrivando ad accordi negoziali sfidanti in questo periodo di forte innovazione. Infine, ha sottolineato come l’Italia si distingua per una maggiore accessibilità al farmaco rispetto agli altri Paesi.

Il dott. Adriano Leli, responsabile della Centrale Acquisti dell’Emilia-Romagna, riguardo al tema dei farmaci in fascia CNN ha ricordato che si tratta di un contesto di logica di acquisto differente, e se il tempo di permanenza in tale fascia è breve non si vedono riflessi. Inoltre, ha citato la bozza del nuovo Codice degli Appalti. L’art.1 riguarda il principio di risultato, innovativo in quanto l’obiettivo è quello di stipulare contratti con tempestività e al miglior rapporto costo-qualità; infatti è necessario che i criteri di valutazione siano più flessibili per dar spazio all’innovazione. La dott.ssa Lorella Lombardozzi, responsabile del Servizio Farmaceutico della Regione Lazio, ha invece posto l’attenzione sul fatto che, nel contesto delle gare, la base d’asta non può essere troppo bassa, altrimenti c’è il rischio che le aziende non partecipino in tutte le Regioni o che cessino la commercializzazione in Italia, in quanto non più conveniente.

Il dott. Vercellone ha portato sul tavolo l’argomento dei dispositivi medici, non regolamentati a livello nazionale, i cui prezzi vengono definiti da procedure d’acquisto regionali o aziendali, ricordando che esiste un tetto di spesa per i DM pari al 4,4% del Fondo Sanitario Nazionale, e ha sottolineato come vi sia uno sforamento consistente. Il decreto legge 5 agosto 2022, n. 137, ha indicato che, entro 90 giorni, un decreto ministeriale avrebbe definito i compiti dell’Osservatorio Nazionale dei prezzi dei dispositivi medici, nell’ottica di istituzione di un’agenzia nazionale.

La dott.ssa Fernanda Gellona, direttore generale di Confindustria dispositivi medici, ha ricordato che il tetto di spesa è stato fissato nel 2015, in tempo di emergenza finanziaria e, di conseguenza, è stato introdotto il payback come misura di storno. Tuttavia, ha evidenziato come i tempi siano maturi per rivedere questi concetti in quanto i DM sono così connessi alla prestazione sanitaria che parlare di un tetto di spesa per i DM è come parlare di un tetto di spesa alle prestazioni. La dott.ssa ha invitato a cercare di superare la logica dei tetti di spesa, ritenendolo uno strumento non efficace per raggiungere l’obiettivo del contenimento della spesa. La dott.ssa Lombardozzi è intervenuta sul tema, ritenendoli, infatti, utili ma insufficienti alla gestione della materia e si è dimostrata concorde al monito lanciato dalla dott.ssa Gellona in merito all’Osservatorio Nazionale: è importante comprendere l’equivalenza dei prodotti per poterli confrontare e per differenziare il prezzo del bene da quello del servizio. Infine, il dott. Leli, andando in controtendenza, ha sostenuto che standardizzare con categorie CND non sia così utile, è il mercato che fa il prezzo, a eccezione dei dispositivi medici innovativi.

Take home message

Le posizioni dei produttori, le Regioni e le aziende sanitarie sono per alcuni aspetti molto lontane, ma trovano convergenza su alcuni aspetti. È proprio in questo contesto che viene sollevata la richiesta al nuovo governo di attivare un confronto sul tema della governance dei farmaci e dei dispositivi medici per trovare un punto d’incontro tra le parti al fine di ottenere un giusto ed equo profitto per entrambe.