Farmacia clinica oncologica: confronto internazionale tra esperti

Carmen Beatrice Traversi

Scuola di specializzazione in Farmacia Ospedaliera, Università di Genova

Socio SIFO Regione Liguria

Sabato 7 ottobre 2023, in occasione del XLIV Congresso Nazionale SIFO, si è tenuta presso la Sala Ellisse la Focus Session dal titolo: “Farmacia clinica oncologica: confronto internazionale tra esperti”, che ha evidenziato l’evoluzione e l’importanza crescente della farmacia clinica oncologica a livello internazionale. I contributi degli esperti provenienti da Francia, Cipro e Inghilterra hanno messo in luce la diversità delle pratiche e dei progetti, ma anche i punti in comune nell’approccio alla gestione farmaceutica in ambito oncologico.

Ha aperto la sessione André Rieutord, Direttore della Farmacia del Gustave Roussy Cancer Campus, introducendo quella che è l’esperienza francese del farmacista in ambito oncologico. In particolar modo ha introdotto il Computerized Provider Order Entry (CPOE) in oncologia e lo strumento di decision-making PharmIA, supporti utilissimi dal momento che le terapie oncologiche diventano sempre più complesse, e che consentono di raccogliere le informazioni automaticamente, senza dover cercare di collocarle nella giusta categoria. Il farmacista fa da reviewer delle informazioni inserite; nello specifico presso la loro struttura il medico inserisce la richiesta che viene processata dal sistema informativo ospedaliero, il programma PharmIA aggrega e crea una priorità delle richieste che vengono validate dal farmacista, che potrà dispensare il farmaco e monitorare il paziente; questi strumenti di decision-making aiutano quindi il farmacista nella corretta gestione del paziente, oltre che permettere di dargli le giuste informazioni e di educarlo nella corretta gestione della terapia.

La Pharm Care in oncologia in Francia è partita dalla revisione di 32 lavori in materia del periodo 2006-2023, proseguendo con la raccolta del tipo di azioni intraprese, come la storia medica, la riconciliazione terapeutica, l’ottimizzazione dei trattamenti e l’educazione del paziente e l’analisi della tipologia di paziente, che può essere oncogeriatrico, pediatrico o un paziente che ha iniziato la terapia orale.

Uno dei progetti portati avanti presso il Gustave Roussy è quello della consulenza presso il Day Hospital, “Day Hospital Toxicity”: qualora un paziente sviluppi delle reazioni avverse, quanto prima viene contattato il Team “DH TOX” per una consulenza, un team multidisciplinare che comprende medici, infermieri, farmacisti e farmacologi, che analizzano quanto accaduto e cercano di trovare la causa dell’evento avverso e le giuste misure preventive. Verrà scritto il report del consulto e durante il follow-up il farmacista prende nota di tutti i farmaci assunti, nonché farmaci di automedicazione per valutare le eventuali interazioni, si analizza la compliance e vengono valutate le strategie per prevenire una futura tossicità e se vi è correlazione con il farmaco utilizzato.

L’altro progetto di carattere nazionale, partito circa un anno e mezzo fa, è quello dei farmaci chemioterapici orali; quando viene iniziato un trattamento con chemioterapici orali da parte degli oncologi, sia il farmacista ospedaliero sia quello di comunità vengono informati sul nuovo trattamento del paziente, raccolgono la storia clinica del paziente, ne monitorano l’aderenza e l’eventuale comparsa di effetti collaterali.

Per valutare l’impatto di questi progetti è necessario chiederci quali sono i punti critici da risolvere, creare database e analizzare i dati per dare dimostrazione del valore aggiunto degli outcome del paziente ottenuti con il consulto del farmacista. L’intervento del farmacista può contenere notevolmente i casi di tossicità e permettere di ridurre i dosaggi quando possibile.

Segue l’intervento di Stavroula Theophanous-Kitiri, Farmacista Clinico e Direttrice della Farmacia del Bank of Cyprus Oncology Centre, che ha focalizzato il suo intervento sul percorso del farmacista clinico in ambito oncologico e sul ruolo che ha nel prevenire errori terapeutici.

Il farmacista si assicura che l’ospedale abbia i medicinali corretti per ciascun paziente e che questi vengano somministrati nella maniera corretta per la sicurezza dei farmaci.

Presso la loro struttura, il dipartimento di Farmacia si divide in Farmacia Centrale, Farmacia Ambulatoriale, Farmacia Oncologica e i servizi ai reparti; il personale è composto da quattro farmacisti, tre farmacisti clinici e tre assistenti farmacisti.

La Quality Assurance è garantita da due funzioni, il Quality Management, che consiste nella stesura di procedure e l’esecuzione di audit, e dal Risk Management, che permette di valutare i rischi e mettere in atto azioni per prevenirli. Il farmacista è impegnato nell’approvvigionamento dei farmaci sia per consumo sia di quelli approvati per il singolo paziente, verifica gli arrivi, dispensa farmaci ai pazienti ambulatoriali, controlla le cartelle dei pazienti ricoverati, i protocolli chemioterapici, gestisce i farmaci oppioidi, monitora il consumo dei farmaci, è implicato nella sperimentazione. Il problema maggiore a livello nazionale è quello della gestione delle carenze.

Il farmacista può inoltre far parte di diverse commissioni come quella per i farmaci, della salute e sicurezza, clinical governance, ricerca, controllo delle infezioni e altri team multidisciplinari.

Verifica l’approvazione dei farmaci per singolo paziente, previene l’uso di farmaci contraffatti, controlla le dosi prescritte e l’eventuale possibilità di aprire le capsule.

Con il passare del tempo sono sempre di più i farmaci chemioterapici orali autorizzati, e i pazienti assumono questo tipo di terapie per tempi prolungati: pertanto è fondamentale verificare la compliance per ottenere l’effetto terapeutico desiderato. Questa può essere influenzata da diversi fattori e in questo il farmacista gioca un ruolo chiave.

In particolar modo, il farmacista ospedaliero oncologico sviluppa e corregge i protocolli, gestisce la terapia con antiemetici e i farmaci da somministrare a casa, verifica le varie incompatibilità, la stabilità e la fotosensibilità, fornisce i set di somministrazione al personale infermieristico, raccoglie gli incident reporting e i near misses.

Per quanto riguarda le prescrizioni di chemioterapici, ne verifica i dosaggi, che vengono calcolati in base alla superficie corporea, ne definisce la dose finale (aggiustando i dosaggi fino al 5% in base al quantitativo contenuto nelle fiale), valuta i diluenti appropriati per la ricostituzione e la diluizione, calcola il volume di farmaco e, dopo verifica del protocollo, firma le prescrizioni (responsabilità pari a quella del medico).

Per quanto riguarda le somministrazioni intratecali, ogni anno viene revisionata la procedura per una dispensazione, rilascio e ricezione sicura. Vi è una lista del personale deputato, istruito e autorizzato alla prescrizione, dispensazione, rilascio, controllo e somministrazione dei farmaci per uso intratecale. Le prescrizioni di questo tipo di farmaci sono controllate da un farmacista, con la doppia firma di controllo di un farmacista clinico. Sulle etichette è chiaramente indicata la via di somministrazione che arriverà al medico.

Il farmacista inoltre dà istruzioni per una corretta manipolazione dei farmaci chemioterapici e dei loro rifiuti e dei dispositivi di protezione individuale da utilizzare.

Il farmacista clinico di reparto partecipa ai turni, revisiona le cartelle dei pazienti, identifica i problemi correlati ai farmaci come eventuali interazioni e ne discute con i medici per eventuali correzioni da mettere in atto.

L’assistenza farmaceutica è orientata verso il paziente e vengono sviluppati piani di cura secondo la formula Subjective Objective Assesment Plan (SOAP).

Il farmacista di reparto valuta l’outcome del paziente sottoponendolo a interviste nelle visite successive, che vengono raccolte tra la documentazione del farmacista. Gran parte degli interventi non sono correlati ai chemioterapici; il counselling del paziente è seguito da alcune raccomandazioni terapeutiche dopo discussione e approvazione del medico.

Dal momento che le terapie chemioterapiche e la patologia comportano la necessità di gestire il dolore, è necessario valutare e identificare le terapie appropriate per terapia antalgica, così come la gestione della nausea e del vomito dovuti alla somministrazione di chemioterapici.

Molti pazienti in trattamento con chemioterapici soffrono inoltre di mucositi: le lesioni delle mucose possono essere molto dolorose e possono compromettere seriamente la qualità della vita del paziente; a tal proposito il farmacista dà specifiche raccomandazioni per la prevenzione e il trattamento più adeguato alla loro risoluzione.

Il farmacista deve essere inoltre in grado di riconoscere le reazioni avverse che si possono verificare a livello dell’epidermide e fornire suggerimenti per un efficace trattamento, e anche qui rientra tra i suoi compiti quello di proporre una profilassi per prevenire le reazioni della pelle (ad esempio la vinorelbina può causare delle piccole macchie sulla pelle, discolorazione e prominenza delle vene superficiali).

Viene utilizzato la “Yellow Card” come sistema di avvertimento anticipato per l’identificazione di reazioni avverse prima non riconosciute e qualora la gestione di un farmaco abbia comportato un errore o una reazione avversa.

Da uno studio condotto nella loro struttura durante il 2022, è emerso che la farmacia è stata coinvolta in 74 interventi che riguardavano la chemioterapia, e quasi il 50% di questi era per errori di dosaggio; a seguire, duplicazioni di protocolli e omissioni. Il farmacista clinico di reparto è intervenuto invece 46 volte, e in questo caso il 50% degli errori era dovuto a omissioni, a seguire la frequenza di somministrazione errata, via di somministrazione errata e farmaco sbagliato. Gli interventi del farmacista nelle prescrizioni in 24 casi: gli errori erano principalmente quantità errate, farmaco sbagliato e frequenza di somministrazione errata.

L’ultimo intervento è stato di Jonathan Bevan, Digital Medicines Lead del Pinderfields Hospital, che ha riportato quelle che sono le ambizioni e gli obiettivi del sistema sanitario inglese: entro il 2028 ogni anno circa 55.000 persone saranno sopravvissute per 5 o più anni dopo diagnosi di cancro e il 75% delle persone con il cancro saranno diagnosticate in uno stadio precoce.

L’aumento di co-morbidità comporta interazioni più complesse e quindi più discipline coinvolte come cardiologia, endocrinologia e dermatologia; i pazienti fragili richiedono regimi su misura e di razionalizzare gli eventi avversi. Per tale motivo, il sistema sanitario punta molto sulla prevenzione che può favorire una diagnosi precoce e migliore; infatti 4 casi su 10 in Inghilterra potrebbero essere evitati semplicemente adottando uno stile di vita più corretto.

Il ruolo del farmacista quindi può essere quello di consulente e agire al pari del medico. Pertanto, nei reparti, è stato implementato il suo ruolo nella prescrizione non medica; egli fa parte di team multidisciplinari di discussione dei casi; è stato implementato anche il ruolo nella gestione clinica, revisionando le tossicità, richiamando i team multidisciplinari, aggiustando le dosi secondo esigenze cliniche, interrompendo terapie e raccomandando una Best Supportive Care (terapia conservativa).

Come primary care o general practice è coinvolto nella gestione della polifarmacoterapia, individua i sintomi sentinella (Red Flag Symptoms) e promuove uno stile di vita salutare per ridurre il rischio di cancro.

Per concludere, possiamo affermare quindi che la farmacia clinica oncologica sta assumendo un ruolo sempre più centrale nell’assistenza ai pazienti affetti da cancro, contribuendo non solo alla gestione sicura delle terapie, ma anche alla prevenzione di errori, all’ottimizzazione delle cure e al miglioramento complessivo dell’outcome del paziente.