L’arte di comunicare: il Farmacista in prima linea

Antonio Consiglio,1 Michelangela Fabbrocini2

1Componente Area Scientifico-Culturale SIFO Informazione Scientifica, Educazione e Informazione Sanitaria
2Responsabile Scientifico dell’Evento Formativo: Consigliere Regionale SIFO Campania

Non si può non comunicare!

Paul Watzlawick

È quanto scrisse lo psicologo e filosofo austriaco, naturalizzato statunitense, Paul Watzlawick, in una delle sue opere di spicco, dal titolo “Pragmatica della Comunicazione Umana”. Siamo di fronte ad un assioma che si traduce nell’impossibilità, per ciascuno di noi, di non comunicare; siamo di fronte ad un’affermazione inconfutabile, citata dal Prof. Franco Ginanni, biologo e formatore senior, durante il Corso Formativo SIFO “La Comunicazione del Farmacista Territoriale ed Ospedaliero”, tenutosi a Napoli in data 1 Dicembre 2017.

Il Corso, organizzato dal Dott. Adriano Vercellone e dalla Dott.ssa Michelangela Fabbrocini, Farmacisti Dirigenti presso la ASL Napoli 3/Sud, rispettivamente Segretario e Consigliere Regionale SIFO Campania, con la collaborazione della Segreteria Organizzativa di Omnia Congressi ed Eventi, ha messo in luce in modo originale ed interattivo, gli aspetti salienti dell’Arte della Comunicazione, che coinvolge e deve coinvolgere la figura del Farmacista in quanto protagonista e promotore della risorsa Salute.

Ma cosa significa in realtà comunicare? Quali le modalità e le strategie per farlo in modo efficace? Prescindere da tali quesiti non fa altro che innalzare barriere invalicabili fra relatore (il farmacista) e interlocutore (il paziente, i suoi congiunti o altri operatori sanitari). Il saper distinguere fra i due concetti di informazione (nel significato di “dare forma alla mente”, “istruire”) e comunicazione (dal latino cum “con” e munire “legare”, “costruire”) rappresenta già un bel passo avanti. L’informazione, sottolinea Ginanni durante l’incontro, è una “trasmissione unilaterale di dati”, messa in atto con l’obiettivo di rendere edotto il pubblico in ascolto riguardo ad uno specifico argomento, e rappresenta “la base del processo comunicativo”.

Ben distinto è, invece, il concetto di comunicazione. Attraverso una metafora cara al mondo della biologia, Ginanni accosta quest’ultimo al concetto di cellula: proprio come una cellula, con tutte le sue componenti funzionali (mitocondri, microtubuli, lisosomi e via dicendo), il processo comunicativo, nella sua dinamicità e interattività, si articola di informazioni trasmesse, elaborate e percepite. Il complesso “tessuto della comunicazione” ci vede attori sul grande palcoscenico della realtà, e sta a noi impiegare i mezzi di volta in volta più idonei per riuscire ad esprimerci al meglio delle nostre possibilità.

Più volte capita, generalmente in modo inconscio, di utilizzare espressioni del tipo “mi lasci finire!” oppure “non ha capito!”, lontane anni luce dall’intento di instaurare un dialogo proficuo e costruttivo: riparametrare alla base il linguaggio verbale con espressioni più accomodanti, come “un’ultima cosa…” o “forse non mi sono spiegato”, porterebbe a risultati inaspettatamente positivi. Evitare l’impiego eccessivo di avverbi per prendere tempo, calibrare la scelta delle parole in base al tipo di interlocutore che si ha di fronte, e cercare di trasmettere sempre un “messaggio chiaro, semplice, preciso e sintetico” sono solo alcune delle carte vincenti da giocare.

Se le parole che utilizziamo nel nostro discorso sono importanti, il tono e l’espressione con cui le pronunciamo risultano decisive: il modo di parlare, infatti, può darci molti input sul modo di essere di una persona. Comunicare in modo precipitoso, con poche brevi pause, è sintomatico di un carattere ansioso, preda di tensioni e di paure dalle quali non riesce ad evadere; un modo sobrio e lento di esprimersi, invece, è tipico della persona sincera, sicura, che sa cosa sta dicendo e come lo deve dire.

Il ruolo preponderante, nel processo comunicativo, è tuttavia proprio del linguaggio del corpo, definito non verbale, del tutto involontario e inconscio. Mediante una serie di esercizi interattivi che hanno coinvolto in presa diretta i discenti, il prof. Ginanni ha fatto emergere l’incredibile potenza espressiva del corpo umano: dalle posizioni che assumiamo, spesso senza neanche accorgercene, mentre qualcuno ci parla, o dai gesti che compiamo mentre argomentiamo la nostra tesi, si deduce una mole di informazioni tale da poter prevedere con buone probabilità l’esito di un dialogo. Le braccia conserte in segno di chiusura, il gomito ad angolo acuto appoggiato sul tavolo in segno di sfida, o ancora il dito indice appoggiato sulla tempia, a significare che qualche passaggio del discorso non è chiaro: sono tutte posture e gestualità che ogni professionista della salute dovrebbe imparare a riconoscere, in modo da orchestrare nella maniera più appropriata le proprie argomentazioni, e di porre, se necessario, le domande giuste al momento giusto.

Ma fare domande implica un’abilità non indifferente, che prima di tutto presuppone il riconoscimento del tipo psicologico di interlocutore con cui ci si confronta. Capita di imbattersi, infatti, in diversi caratteri psico-sociali. Se ne distinguono principalmente sette: l’indeciso, bisognoso di continui chiarimenti, che tende a farci ripetere più volte le stesse cose; il logorroico, con la sua smania di cambiare continuamente argomento, e potenzialmente in grado di farci perdere il filo del discorso; l’importante, il quale millanta competenze su qualsiasi tipo di tematica possibile; il silenzioso, a tratti inespressivo, tutt’altro che entusiasta all’idea di rispondere e confrontarsi col prossimo; il distratto, che ha difficoltà ad ascoltare e non riesce a concentrarsi; il polemico, in cerca di uno scontro col proprio interlocutore e sempre pronto alla replica; il riflessivo, infine, lento nei ragionamenti, che parla pacatamente e con molte pause, come se volesse prender tempo.

A seconda di ogni carattere, sostiene Ginanni, è indispensabile adottare il giusto modo di esprimersi e di dirigere l’eloquio, anche mediante domande specifiche e mirate: nel caso dell’indeciso, per esempio, servono molte domande di fatto (chi..? come..? quando..?), incalzanti, risolutive e chiarificatrici, utili affinchè egli prenda maggior coscienza di sé stesso in relazione alla situazione che sta vivendo. Diametralmente opposto, invece, il caso dell’importante, fin troppo sicuro di sé, che per questo va invece “smascherato” con poche domande controverse, che lasciano spazio a più possibilità di risposta, ma che in realtà servono a destabilizzarlo, fino a che la sua mente sia libera da convinzioni ottuse e ostinate.

Il tutto si complica, ovviamente, quando ci si trova di fronte ad un paziente, quindi ad una persona che vive a stretto contatto col Dolore. In questo caso, sostiene Ginanni, è necessario che entri in gioco la capacità di “ascoltare non solo con le orecchie, ma anche coi sensi”, che si può acquisire, nel tempo, con la giusta predisposizione mentale, con l’esercizio costante, e con una buona dose di forza di volontà. L’arte dell’ascolto attivo sta proprio in questo: impegnarsi affinchè “l’interlocutore si senta compreso e non giudicato”. L’ascoltatore (il farmacista) ha un ruolo attivo nei confronti dell’interlocutore (il paziente), ed assurge a responsabile dell’attenzione che dedica a quest’ultimo.

L’ascolto attivo non può esistere senza l’empatia, il primo passo per raggiungere la fiducia reciproca. Ma come si raggiunge l’empatia? Innanzitutto, è bene sapere che la parola in questione deriva dal greco empatéia, composta da en, “dentro”, e pathos, “sofferenza, sentimento”. Mettersi, quindi, “nei panni dell’altro”, riuscendo a cogliere a pieno ogni sfumatura del suo stato d’animo, richiede l’intelligenza, la pazienza e la sensibilità di isolare i propri sensi dalle interferenze del mondo circostante e di quello interiore, al fine di convogliarli tutti verso un’unica direzione, ovvero verso la persona che in quel preciso momento vogliamo aiutare.

Decisamente costruttivo e pregnante, infine, l’intervento della Dott.ssa Daniela Scala, Farmacista Dirigente presso l’AORN A. Cardarelli di Napoli e Coordinatrice dell’Area Culturale SIFO “Informazione Scientifica, Educazione ed Informazione Sanitaria”. L’intervento, incentrato sul progetto della “Farmacia Narrativa”, ha messo in luce l’importanza del ruolo che la narrazione riveste ogni qual volta si pensi al farmacista non solo come operatore della Salute, ma anche e soprattutto come un uomo, come entità intrisa di sensazioni, esperienze, volontà, istinti, passioni e propensioni.

Mettersi a nudo, “narrare” il proprio vissuto di farmacisti in qualità di esseri umani desiderosi di fare del bene, e di agire per il bene altrui, è la chiave che può aprire la mente e il cuore al prossimo, al suo dolore, e al suo bisogno di non sentirsi mai solo. Dal punto di vista del paziente, “narrare” il proprio vissuto, la propria malattia al farmacista, significa donarsi completamente all’ascolto e alla comprensione da parte di quest’ultimo, pronto ad accogliere a braccia aperte un’anima che ha imparato a soffrire.

Questo magnifico proposito si configura anche nella necessità di distinguere tra i concetti di “disease”, “sickness” ed “illness”: pur riferendosi tutti e tre alla malattia, ricorda la Dott.ssa Scala, con disease si intende la malattia dal punto di vista biomedico e quindi di chi la cura, con sickness il ruolo sociale del malato e della malattia, e con illness la malattia percepita da chi la vive sulla propria pelle, in prima persona e su più livelli, da quello fisico a quello psicologico e relazionale. A seconda di chi sia il soggetto narrante (paziente, medico o farmacista), la narrazione si colora quindi di molteplici sfumature, l’una diversa dall’altra, che insieme compongono lo straordinario mosaico della Vita, della cui armonia tutti noi, in un modo o nell’altro, con le nostre piccole grandi storie, facciamo parte.

In sostanza, è bene che ogni Farmacista del SSN che si rispetti, nella sua missione quotidiana di Promotore della Salute, faccia tesoro di alcuni messaggi chiave indispensabili alla buona comunicazione. A tal fine, come è necessario agire? Bisogna innanzitutto imparare a conoscere il proprio destinatario e le sue “propensioni relazionali”, sfruttando i giusti veicoli espressivi (dalla semplice parola all’intonazione con cui la si pronuncia). Bisogna saper suscitare interesse, informare in maniera esauriente, ma senza risultare tediosi. Ascoltare con le orecchie non basta: bisogna insegnare agli occhi e al cuore l’arte dell’ascolto, in modo da poter dare il giusto peso a reazioni e intenzioni altrui. Bisogna suscitare stimoli creativi e “creattivi”, migliorare la qualità delle informazioni per estinguere le incomprensioni; valutare il rischio di possibili interferenze esterne e, per quanto possibile, prevenirne l’origine, curando la logistica e mettendo a proprio agio l’interlocutore. Tutto ciò richiede esercizio continuo, un’incrollabile volontà di mettersi in gioco e un grande spirito di adattamento.

Bene, sappiamo cosa fare. Ma cosa dobbiamo assolutamente evitare? Per prima cosa, bloccare sul nascere ogni giudizio ed ogni tendenza a classificare. Comportarsi da “inquisitori”, incalzando fino allo stremo chi abbiamo di fronte, magari con un “terzo grado”, è profondamente controindicato: agevolare è la parola d’ordine! Tenere le orecchie ben aperte non serve a nulla se la mente è chiusa, come non serve a nulla un ascolto a singhiozzo, o ancora peggio “a semaforo rosso” (ora parli tu, ma tra poco ti interromperò perché toccherà a me parlare). Mai imporre il proprio punto di vista, mai moralizzare su qualsivoglia situazione: l’interlocutore potrebbe trincerarsi per sempre dietro le sue convinzioni, giuste o sbagliate che siano. Evitare di persuadere a tutti i costi, elogiare o consolare senza alcun senso il nostro prossimo per farlo sentire “coccolato”.

In conclusione, qual è la morale che possiamo trarre da questo avvincente viaggio nel mondo delle tecniche di comunicazione? Il messaggio è forte e chiaro: imparare, passo dopo passo, ad adattarsi alla miriade di angolature dell’animo umano, ammirarne l’infinità dei colori, ma senza lasciarsi da essi abbagliare. Dedizione costante, passione per quel che si fa, intraprendenza con temperanza.

Ben vengano altri corsi formativi sul tema comunicazione, ben vengano altre occasioni di crescita umana ed intellettuale per noi Farmacisti.

Si ringraziano per la partecipazione all’evento

Regione Campania: Ugo Trama. Asl Napoli 1 Centro: Maria Laura Assenso, Emilia Giordano, Manuela Iadanza ed Uberia Padricelli. Asl Napoli 2 Nord: Daniela di Gennaro. Asl Napoli 3 Sud: Rita Castaldo, Mila Fabbrocini, Luciana Guerriero ed Adriano Vercellone. AORN Cardarelli: Eugenia Piscitelli, Paola Saturnino e Daniela Scala. AOU Vanvitelli: Stefania Ziccardi. Istituto Tumori “G. Pascale”: Michela Aurilio e Daniela Di Lorenzo. A.O. Rummo (BN): Michelina Barbieri. Casa di cura Nostra Signora di Lourdes: Anna Castaldo.