Strategie terapeutiche alternative per infezioni sostenute da batteri multiresistenti: i batteriofagi

Ahimsa Carissimi,1,6 Lorenzo Gambitta,2,6 Chiara Parati,3,6 Vincenzo Picerno,4,6 Filippo Urso,5,6 Francesca Vivaldi1,7

1Azienda USL Toscana Nord Ovest
2ASST Sette Laghi, Lombardia
3ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, Lombardia
4Ente Ecclesiastico Ospedale Generale Regionale “F. Miulli”, Puglia
5AO Cosenza, Calabria
6Componente ASC Infettivologia
7Coordinatore ASC Infettivologia

L’antibiotico resistenza è un’emergenza sanitaria globale e a questo riguardo la WHO ha individuato alcuni batteri sentinella come Pseudomonas aeruginosa e Klebsiella pneumoniae.1 Per queste infezioni il ventaglio di alternative terapeutiche si è drasticamente ridotto nel corso degli anni, rendendo inefficace la maggior parte di antibiotici disponibili sul mercato.

Grazie ad un innovativo meccanismo d’azione i batteriofagi, virus in grado di lisare selettivamente i batteri risparmiando i tessuti umani, potrebbero far fronte a questa emergenza sanitaria. I primi studi hanno mostrato una determinante batterio-selettività e atossicità.

Ad oggi le agenzie internazionali, quali l’EMA (European Medicines Agency), stanno valutando in quale forma autorizzare una terapia biologica studiata ad personam. In un’ottica futura il farmacista ospedaliero sarà chiamato ad allestire le terapie e a garantire la qualità e la sicurezza in base alle GMP (Good Manufacturing Practice).2

La terapia con i batteriofagi, per quanto oggi risulti innovativa, ha origine nei primi del ‘900 in Francia.2 L’avvento dell’antibioticoterapia intorno agli anni ’40 portò ad abbandonare l’isolamento e la “coltivazione” dei fagi a favore di una crescente investimento di risorse negli antibiotici di sintesi, soprattutto nei paesi occidentali mentre ne venne mantenuto l’utilizzo in Unione Sovietica.

L’utilizzo della terapia antibiotica è sempre stato legato alla selezione di nuovi meccanismi di resistenza da parte dei batteri tali da rendere necessario lo sviluppo di nuove molecole che ovviassero alle resistenze acquisite.1

Negli ultimi 10 anni l’incremento dell’antibiotico-resistenza è diventata una delle maggiori preoccupazioni globali in campo medico.

In Europa, l’Italia rappresenta una delle nazioni con il maggior numero di infezioni da germi multiresistenti, basti pensare che la percentuale di resistenza del batterio Klebsiella pneumoniae ai carbapenemi (principale marker mondiale di antibiotico-resistenza) è passata dall’1,3% nel 2009 al 28,5% nel 2019 (picco di 34,3% nel 2013) quando la media europea si attesta intorno al 7% con Francia, Germania e Regno Unito intorno all’1%.1

In questo contesto epidemiologico si inserisce anche il progressivo sviluppo di tecniche chirurgiche innovative che consentono l’aumento degli interventi di impianto di protesi (es vascolari, ortopediche). Questo comporta particolare preoccupazione per le infezioni di suddetti dispositivi da parte di germi multiresistenti, in quanto l’infezione dei materiali protesici comporta la produzione del biofilm ovvero l’apposizione di una matrice protettiva intorno al materiale impiantato all’interno della quale coesistono popolazioni batteriche eterogenee tolleranti ad antibiotici ad alte concentrazioni. In questo campo i batteriofagi possono rappresentare un’arma innovativa.

Il place in therapy dei fagi si potrebbe individuare sia nel setting ospedaliero per il trattamento di terapie in acuto sia sul territorio per il trattamento del paziente con infezioni croniche.3

I batteriofagi sono virus, presenti ubiquitariamente in natura, che infettano selettivamente i batteri.

Come ogni virus usano la cellula ospite (in questo caso i batteri) per replicarsi e rilasciare la numerosa progenie virale pronta ad infettare altre cellule.

Il ciclo replicativo di questi virus si divide in due categorie:

nel ciclo lisogenico i virus integrano il proprio genoma nel genoma batterico;

nel ciclo litico replicano senza integrare il genoma e determinano la lisi della cellula batterica.2

I batteriofagi che utilizzano il ciclo litico possono essere utilizzati per la fagoterapia in quanto, si determina una rapida soppressione delle cellule batteriche con un’esponenziale crescita delle particelle virali rilasciate dopo ogni ciclo litico. D’altra parte, una volta terminate la cellule batteriche, i batteriofagi vengono rapidamente degradati.

Questa caratteristica dei fagi di aumentare o diminuire esponenzialmente di numero nei tessuti dove è localizzata l’infezione, in funzione della presenza o assenza di cellule batteriche, viene definita “auto-dosing”.

Una caratteristica fondamentale dei batteriofagi è la capacità di lisare le cellule batteriche presenti all’interno del biofilm; pertanto potrebbero rappresentare una svolta nelle infezioni croniche dei dispositivi impiantabili. Ulteriori vantaggi dei batteriofagi risiedono nell’attività verso batteri multiresistenti, i bassi costi di produzione, la sicurezza nell’utilizzo e la capacità di non alterare la flora batterica intestinale.3

L’azione verso i batteri multiresistenti è garantita dall’elevata specie-specificità dei batteriofagi: per ogni batterio patogeno isolato “viene cucito su misura” il fago specifico in grado di infettare e lisare quest’ultimo.

Dal punto di vista regolatorio il profilo di queste terapie è in via di definizione: l’EMA sta valutando una possibile forma per autorizzare una terapia biologica non standardizzabile ma al contrario caratterizzata da così alta specificità.2 La natura biologica e la modalità di allestimento rende difficile incanalare queste terapie in predefiniti iter legislativi.

Solo in Belgio si ha traccia di un uso in compassionevole di una preparazione galenica magistrale costituita da un cocktail di batteriofagi.3

L’onere economico correlato ai batteriofagi si deve confrontare con la spesa SSN associata a questo scenario di multiresistenza, che già di per sé è arduo da quantificare.

Per fare una stima della spesa sostenuta dal SSN per un’infezione multiresistente si deve tener conto dell’incremento dei giorni di ricovero, rispetto ad un’infezione antibiotico sensibile, della spesa associata alle terapie antibiotiche adottate in acuto e alle terapie erogate sul territorio. All’insieme di questi elementi si aggiunge l’incremento del rischio di diffusione delle infezioni nosocomiali.3

La terapia fagica sicuramente rappresenta una svolta nella lotta contro l’antibiotico-resistenza, ma la strada per l’ottenimento dell’autorizzazione da parte degli enti regolatori è ancora tortuosa.

Ci si può attendere, come è stato per le CAR-T, un riconoscimento dell’innovatività tale da garantire un fondo ad hoc. Nella gestione ospedaliera sarà necessario individuare dei Centri di riferimento in grado di isolare le colonie d’interesse e il farmacista ospedaliero giocherà un ruolo cruciale nell’allestimento della terapia e nella garanzia della qualità e della sicurezza secondo GMP.

BIBLIOGRAFIA

1. Antimicrobial resistance in human medicine- https://www.ema.europa.eu/en/human-regulatory/overview/public-health-threats/antimicrobial-resistance/antimicrobial-resistance-human-medicine (data ultima consultazione 03/07/2022).

2. EMA Workshop on the therapeutic use of bacteriophages https://www.ema.europa.eu/en/events/workshop-therapeutic-use-bacteriophages (data ultima consultazione 03/07/2022).

3. Cesta N, Di Luca M, Corbellino M, Tavio M, Galli M, Andreoni M. Bacteriophage therapy: an overview and the position of Italian Society of Infectious and Tropical Diseases. Infez Med 2020 Sep 1;28(3):322-31.