Safe transition of Pharmacotherapy:
the clinical pharmacy approach:
Report del workshop congiunto ESCP-SIFO
22–23 Maggio 2014, Palermo

Piera Polidori1, Daniela Scala2, Stefano Bianchi3, Anna Carollo1
1Farmacia Clinica, ISMETT, Palermo
2Medicina Nucleare, AORN A. Cardarelli, Napoli
3Dipartimento di Farmacia, Ospedale-Università,  Ferrara



L’aumento dell’aspettativa di vita della popolazione, con quote crescenti di pazienti in età avanzata, affetti prevalentemente da patologie croniche, e della specializzazione delle cure comportano un aumento della complessità della terapia (politerapia) e della sua gestione (farmaci diversi prescritti da professionisti diversi in contesti differenti, ospedalieri e/o ambulatoriali). Questa complessità porta con sé un aumento del rischio di eventi avversi, soprattutto quando la terapia viene modificata a livello dell’interfaccia tra le varie strutture (ospedale, territorio) e tra i vari professionisti.  La letteratura mostra elevate percentuali di errore inerenti le liste di farmaci consigliate al momento della dimissione (>50%) o al termine di una consulenza specialistica (66%) sottolineando l’importanza di disporre di una procedura volta a standardizzare questa delicata fase della presa in carico del paziente. La conoscenza puntuale della terapia farmacologica corrente del paziente costituisce un passaggio fondamentale a garanzia della sicurezza nella prescrizione dei medicinali e della conseguente appropriatezza delle cure. Il processo di riconciliazione terapeutica rappresenta uno “strumento” di elevata potenzialità nel ridurre le discrepanze e nel favorire la continuità delle terapie farmacologiche.
Di questo si è discusso durante i due giorni del workshop congiunto dell’European Society of Clinical Pharmacy (ESCP) e  della Società Italiana di Farmacia Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici delle Aziende Sanitarie (SIFO) dal titolo “Safe transition of Pharmacotherapy: the clinical pharmacy approach” che si è tenuto a Palermo il 22 e 23 maggio.
I temi al centro del workshop sono stati  la terapia nei trapianti di organo, la terapia nelle patologie oncologiche, la riconciliazione delle terapie e la sicurezza del paziente, fino all’aderenza delle terapie da parte del paziente.
Si è trattato di un momento importante di confronto tra varie realtà Europee e di  formazione/approfondimento dei temi del convegno attraverso il consolidato approccio adottato dall’ESCP di alternare letture frontali a momenti formativi altamente interattivi.
Dei 70 abstract inviati da vari paesi, 34 sono stati accettati come poster e 6 come comunicazioni orali (Figura 1)
Al workshop hanno partecipato 83 farmacisti clinici provenienti da varie nazioni europee, dal Cile e dal Qatar (Figura 2)



La prima giornata si è aperta con la lettura del Professore Giovanni Vizzini, Direttore del Dipartimento di Medicina dell’Istituto Mediterraneo per i Trapianti e Terapie ad Alta Specializzazione (ISMETT),  dal titolo “Safe Transition of care in transplanted patients”.
Circa un paziente su 5 preso in carico dall’assicurazione sanitaria federale statunitense per le persone con più di 65 anni, Medicare, e dimesso dall’ospedale è riospedalizzato entro 30 giorni. A partire dal 2013, gli ospedali con alti tassi di riammissione sono soggetti ad una penale da parte di  Medicare. Vizzini cita una revisione sistematica degli interventi per ridurre la riammissione ospedaliera entro 30 giorni in cui gli autori classificano gli interventi in tre grandi categorie: interventi di pre-dimissione, comprendenti l’educazione del paziente, la riconciliazione farmacologica, la pianificazione della dimissione, e la programmazione di un appuntamento di follow-up prima della dimissione; interventi post-dimissione, ossia,  i follow-up telefonici, hotline attivati ​​dal paziente, la comunicazione con i professionisti ambulatoriali,  e visite a domicilio; e interventi di “Bridging” comprendenti la continuità delle cure ospedale-territorio e le istruzioni di dimissioni al paziente. Quindi è fondamentale intervenire nell’ottimizzare le fasi di passaggio tra diversi ambienti di cura, ospedale-territorio, diversi reparti di un ospedale, ospedale-casa,  nelle quali una carente comunicazione può esporre il paziente al rischio di errori di terapia. La letteratura riporta tra le principali  cause di riammissione in ospedale, una inefficace comunicazione al momento della dimissione.
L’ISMETT nasce come progetto di sperimentazione gestionale (art. 9 bis DL 502/92) nel 1997, grazie ad una partnership tra la Regione Siciliana, attraverso le Aziende Ospedaliere di Palermo “ARNAS Civico” e “Vincenzo Cervello”, ed UPMC (University of Pittsburgh Medical Center). L’Istituto fa parte del Sistema Sanitario Regionale della Sicilia, al pari di qualsiasi altra struttura ospedaliera pubblica. Ad ISMETT sono stati avviati tutti i programmi di trapianto di organi solidi (fegato, rene, pancreas, cuore e polmone) con risultati sovrapponibili a quelli dei migliori centri internazionali con un totale, dichiara Vizzini, di più di mille pazienti trapiantati  seguiti in follow-up e 120-130 nuovi pazienti all’anno. Per spostare il più precocemente possibile l’assistenza ai pazienti dagli ospedali al loro domicilio, senza pregiudicarne la qualità anzi possibilmente migliorandola, spiega Giovanni Vizzini, è nato “Home Monitoring ISMETT”, un progetto di telemedicina che consente ai pazienti dell’ISMETT di interfacciarsi da casa con lo staff clinico del Centro ed ai medici dell’ISMETT di tenere sotto controllo e monitorare le loro condizioni di salute. Il progetto è stato finanziato nell’ambito dei progetti Obiettivo del Piano Sanitario Nazionale 2010 (Linea progettuale Assistenza Domiciliare) promossi dal Sevizio di programmazione ospedaliera dell’Assessorato alla Salute della Regione Siciliana. Nasce con l’intento di dimostrare che l’utilizzo di nuove tecnologie e nuovi modelli di cura è possibile anche in condizioni cliniche molto particolari e complesse, come quelle che si presentano nei pazienti sottoposti a trapianto di fegato nell’immediato periodo post-operatorio. Attraverso un dispositivo che ha la forma di un piccolo computer ed è fornito di videocamera integrata, microfono, casse per videochiamate interattive e corredato di devices elettronici per la rilevazione a domicilio dei parametri vitali, il paziente può interagire con medici, coordinatori di trapianto, terapisti e psicologi dell’Istituto. L’apparecchio è infatti collegato con un’interfaccia online accessibile al personale sanitario. Il dispositivo, prodotto da INTEL, è di semplice utilizzo anche per le persone che non hanno conoscenze informatiche. Il sistema permette di eseguire la misurazione periodica dei parametri vitali e la loro registrazione automatica sul sistema; di effettuare sessioni di videoconferenza (“tele-visita”) con il personale sanitario di riferimento; di rispondere a questionari e di visualizzare materiale multimediale che aiuta il paziente stesso a seguire con maggior precisione il suo programma di cura.
I vantaggi del progetto sono molteplici:
• migliorare la qualità di vita dei pazienti che possono essere seguiti direttamente a casa loro anziché spostarsi in ospedale;
• offrire ai medici le informazioni necessarie per tenere sotto controllo la situazione delle misure effettuate dal paziente in tempo reale, senza necessariamente dover impiegare tempo per una visita dedicata;
• contribuire a ridurre i costi della sanità grazie a ricoveri più brevi ed un monitoraggio costante.
I risultati preliminari, mostrati da Vizzini, sono molto confortanti e confermano la bontà di questo tipo di approccio, sia in termini di sicurezza dei pazienti che in termini di miglioramento della loro qualità di vita. In ultimo, ma non meno importante, Vizzini evidenzia l’impatto economico dell’adozione dell’Home Monitoring:  riducendo il periodo di ospedalizzazione di 6 giorni considerando un numero medio di pazienti dimessi per anno pari a 60-70, il risparmio è di 360.000 euro all’anno a fronte di una spesa di 37.800 euro all’anno per l’Home monitoring (7 euro per paziente per 90 giorni per 60 pazienti dimessi all’anno). Vizzini ha poi mostrato l’utilizzo della cartella clinica elettronica presente nel proprio ospedale con la verifica delle prescrizioni e la riconciliazione della terapia effettuata da parte dei farmacisti clinici ISMETT allo scopo di migliorare la sicurezza e la qualità delle cure dei propri pazienti, sia durante il ricovero che durante la transizione di cura.  
La professoressa Katja Taxis del  Department of Pharmacy, Unit Pharmacotherapy and Pharmaceutical Care, University of Groningen, Netherlands ha tenuto la seconda lettura dal titolo “Safe and sound? Evidence based interventions to reduce medication errors”.
Gli eventi avversi dovuti ad errori in corso di “terapia farmacologia” sono la causa di danno più frequente nei pazienti ospedalizzati; possono verificarsi durante tutto il processo di gestione del farmaco, e pertanto, ai fini della prevenzione, si deve prendere in considerazione l’intero sistema di gestione delle terapie. La percentuale più alta di errori si ritrova nella prescrizione della terapia con antibiotici, come riportato dalla revisione sistematica di Lewis e al. citata dalla Taxis. Gli errori di dosaggio sono tra i più frequenti seguiti dagli errori legati a prescrizioni incomplete, alle omissioni, a problemi di illeggibilità,  errori legati da un non corretto intervallo tra una dose e l’altra,  formulazioni non corrette, interazioni con altri farmaci ed infine errori di trascrizione. Le cause più comuni di errori sono legate alla mancata conoscenza del paziente, per esempio terapia inappropriata per quel paziente, il superlavoro, la stanchezza e le interruzioni. Altri fattori che sono stati indicati come contribuenti agli errori terapeutici sono: l’inadeguata continuità di cura tra l’ospedale ed il territorio dopo la dimissione di un paziente, i diversi fornitori di cure sanitarie laddove le terapie possono essere prescritte da più di un medico, il conservare farmaci non più necessari, nomi generici e commerciali e l’errata interpretazione delle indicazioni sull’etichetta. La sicurezza dei pazienti e la riduzione degli errori in terapia farmacologica rappresentano una priorità dell’assistenza sanitaria. Circa 1/100 – 1/1000 errori legati alla terapia sono la causa di una prolungata ospedalizzazione o di ricovero e comportano  un costo stimato di 4685 dollari. La Taxis continua elencando i possibili interventi che sono stati studiati rispetto all’efficacia nel ridurre gli
errori terapeutici in riferimento al ruolo del farmacista clinico. Il sistema di Immissione della Prescrizione Medica Computerizzata o  “Computerized Physician Order Entry” (CPOE) è stato definito come un processo computerizzato che permette l’inserimento degli ordini medici il cui principale obbiettivo è prevenire gli errori ed evitare eventi avversi causati dai farmaci. L’integrazione con sistemi informativi ospedalieri e con sistemi clinici di supporto alle decisioni, la validazione degli ordini da parte del farmacista si sono dimostrati efficaci nel ridurre la probabilità di errori di prescrizione  ma ci sono  pochi dati in letteratura sugli outcome clinici. Così come pochi sono i dati in letteratura su come preparare al meglio gli studenti ad evirare errori di prescrizione. Le raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale dalla Sanità, WHO Guide to Good Prescribing, con la metodologia a sei passaggi è l’unico modello ampiamente adottato che si è dimostrato utile a migliorare la prescrizione anche se necessita di ulteriori implementazioni. Sono necessari studi robusti per valutare che tipo di insegnamento sia realmente efficace.
Per quanto riguarda gli errori di somministrazioni, l’utilizzo di tecnologie informatiche sembra migliorare l’aderenza alle 5 G (il giusto paziente, il giusto farmaco, la giusta via di somministrazione, il giusto orario, la giusta dose), riducendo gli errori di terapia e il rischio di reazioni avverse. I mezzi di sostegno più utilizzati sono:
• codici a barre, che consentono il controllo e la registrazione di errori di terapia;
• distributori automatici di erogazione cioè armadi automatizzati, che controllano l’accesso ai farmaci in base alla dose e al tempo indicato e forniscono la dose di farmaco pronto per la somministrazione;
• schede di somministrazione della terapia, moduli di terapia elettronici che sostituiscono la scrittura a mano, riducendo gli errori di trascrizione;
• sistemi di infusione endovenosa o pompe infusionali.
La Taxis si sofferma sull’uso del codice a barre, sottolineando che  pochi studi hanno valutato l’impatto di questa tecnologia nel ridurre gli errori durante il processo di somministrazione dei farmaci al letto del paziente. La Taxis cita al riguardo la  revisione di Young J e al. del 2010 il cui obiettivo è di determinare  se l’implementazione di un sistema di somministrazione basato sul codice a barre, Bar Code Medication Administration System (BCMA), è associato ad una diminuzione degli errori di somministrazione.  La conclusione di questa revisione della letteratura condotta da Young e al, è che il BMCA non riduce in maniera  significativa  la percentuale di errori di somministrazione. In merito alle interruzioni durante la preparazione/somministrazione di terapia, le strategie proposte riguardano soprattutto la revisione dell’organizzazione del lavoro e delle procedure. Le azioni di miglioramento sono varie, per esempio preparare il carrello della terapia prima del giro di somministrazione per evitare il recupero di farmaci mancanti e di lasciare incustodito il carrello, identificare una zona tranquilla mentre si somministra la terapia, utilizzare messaggi visivi, come per esempio indossare pettorine colorate o apporre sulle porte la scritta “Non disturbare”, per avvisare che gli infermieri non devono essere interrotti o disturbati durante la somministrazione della terapia o i farmacisti durante l’allestimento della terapia. La Taxis riporta i risultati della revisione condotta da  Raban MZ e Westbrook JI nel 2013, che dimostra che non esistono dati robusti sull’efficacia di questi interventi nel ridurre le interruzioni, né tanto meno dell’impatto che tali riduzioni hanno sugli errori di somministrazione/ preparazione. La conclusione della professoressa Taxis è che il rischio è ben noto, ma mancano evidenze scientifiche su interventi efficaci nel migliorare la sicurezza del paziente e che bisogna realizzare interventi adeguati al contesto e alla situazione locale, imparando dalle esperienze precedenti.
La seconda giornata si è aperta con la relazione di Stefano Bianchi, del Dipartimento di Farmacia dell’ Ospedale-Università di Ferrara, dal titolo “Safe transition of pharmacotherapy in cancer patients”.
La transizione di cura  è un aspetto critico nella sanità, soprattutto per i pazienti complessi. In oncologia, il paziente risulta  complesso per i seguenti motivi: patologie croniche  associate, insorgenza di comorbilità con la conseguente necessità di un trattamento poli farmacologico ed aumento degli effetti avversi (possibili interazioni farmacologiche, basso indice terapeutico,  effetti collaterali frequenti e gravi).
Per questi motivi, sottolinea Bianchi, la farmacoterapia è un aspetto importante nella cura della salute per questo tipo di pazienti. Attraverso una specifica legge (L. 405/2001), le farmacie ospedaliere in Italia possono fornire il primo ciclo di terapia dopo la dimissione ospedaliera o visita specialistica ambulatoriale.
All’interno del Dipartimento di Farmacia in Ospedale Università di Ferrara (AOUFE), questa possibilità è stata considerata come un’opportunità aggiuntiva oltre al  risparmio economico connesso con le spese farmaceutiche del sistema sanitario nazionale (SSN). Questo ha permesso di sviluppare una specifica competenza del farmacista volta a migliorare la qualità di cura per i pazienti. Stefano Bianchi spiega che, attraverso il farmacista clinico che segue direttamente i diversi pazienti oncologici (ematologia - oncologia - oncologia pediatrica), diversi obbiettivi sono stati  raggiunti. Almeno tre di queste attività sono finalizzate a migliorare la qualità del trattamento del paziente.
Il primo è la sicurezza e la riduzione dei rischi connessi con il farmaco. A questo proposito il farmacista verifica la corretta somministrazione di farmaci prescritti, valuta l’aderenza alla terapia e persistenza; verifica, anche attraverso chiamata telefonica, se i pazienti riporta effetti collaterali e collabora con il paziente a possibili azioni in termini  farmacovigilanza. Inoltre, lo stesso farmacista analizza le interazioni farmacologiche clinicamente rilevanti tra i farmaci prescritti in dimissione ospedaliera ed  anche con quei farmaci che vengono assunti al domicilio per la terapia cronica. In collaborazione con i clinici i farmacisti prendono tutte le decisioni per modificare eventualmente la terapia.
Un altro aspetto importante, come riporta Bianchi, è l’informazione corretta e completa specificamente indirizzata ai  pazienti. Durante la  dispensazione  del farmaco il farmacista fornisce informazioni chiare ed esaustive sulla corretta gestione e manipolazione dei farmaci prescritti anche con specifiche etichette autoadesive  e opuscoli redatti secondo i principi di health literacy.
Un’attività supplementare del farmacista nella transizione di  cura in oncologia è la preparazione e la somministrazione successiva di protocolli chemioterapici in ospedale. Presso il Dipartimento di Farmacia in AOUFE, conclude Stefano Bianchi, una unità  farmaci antiblastici è stata impostata e diretta da farmacisti che si occupano della gestione completa dei protocolli terapeutici in collaborazione con i clinici e gli infermieri.
La seconda lettura della giornata è stata tenuta dalla professoressa Anne Gerd Granås del  Department of Pharmacy and Biomedical Laboratory Sciences, Faculty of Health Sciences, e dell’ Akershus University College, Oslo, Norway dal titolo “Medicines reconciliation – is it solving the Chinese whisper?”
Gli errori di terapia sono la principale causa di aumentata morbilità, prolungati ricoveri e aumentata mortalità. Come anche ribadito dagli altri relatori, questi errori sono più frequenti nel passaggio, nell’interfaccia tra i diversi setting clinici e specialmente, sottolinea la Gerd Granas, all’ammissione: le differenze tra i farmaci che il paziente sta assumendo prima dell’ammissione in ospedale e quelli prescritti all’ammissione si aggirano tra il 30 – 70%, come ampiamente riportato in letteratura. Viste le dimensioni del problema, i costi ad esso correlati e la possibilità di prevenirli, è evidente la necessità di individuare interventi in grado di ridurre gli errori di terapia all’ammissione nella struttura sanitaria.  
La professoressa Gerd Granas ricorda la definizione di riconciliazione terapeutica: con questo termine viene identificato il processo che permette di giungere alla formulazione di una decisione prescrittiva farmacologica corretta partendo dalla creazione di una lista più accurata possibile di tutti i medicinali che il paziente sta assumendo (nome, dosaggio, via di somministrazione e posologia). Ogni volta che un paziente si muove da un contesto sanitario ad un altro possono avvenire cambiamenti dei medicinali, della via di somministrazione, aggiunta di nuovi medicinali, sostituzioni e soppressione di quelli previamente assunti, che possono generare discrepanze e potenzialmente aumentare il rischio di effetti avversi. La sicurezza del paziente può essere compromessa da un’alta percentuale di errori nella terapia farmacologia, da un’informazione incompleta e dal mancato coordinamento fra i vari livelli assistenziali. La riconciliazione è il processo nell’ambito del quale si raccolgono le informazioni complete e accurate su farmaci e altri prodotti (anche non convenzionali) assunti dal paziente e si  confrontano, con quelli indicati per la cura nella particolare circostanza, in funzione di una decisione prescrittiva corretta e sicura.
La riconciliazione è un’attività clinica importante, centrata sul paziente, che precede la prescrizione, aggiunge la Gerd Granas. La nuova prescrizione o le eventuali modifiche dei trattamenti precedenti, conseguenti alla riconciliazione, devono essere documentate e comunicate ai soggetti interessati e coinvolti nel processo di cura. La Gerd Granas continua ricordando i “High 5s Projects” promossi dall’Organizzazione Mondiale delle Sanità nel 2006 per affrontare le tematiche relative alla sicurezza dei pazienti.  Il nome riflette lo scopo originario del progetto di ridurre in maniera significativa la frequenza di 5 problemi di sicurezza in 5 paesi nei successivi 5 anni. Consisteva in:
• assicurare accuratezza della terapia farmacologica nelle fasi di transizione della cura;
• la gestione dei farmaci iniettabili ad alte concentrazioni;
• assicurare la corretta procedura a corretto sito del corpo.
Nel febbraio del 2010, 15 servizi sanitari in 5 stati Australiani hanno aderito al progetto  “High 5s projects”. Anne Gerd Granas elenca i vari siti web dedicati alla riconciliazione terapeutica dove trovare strumenti e informazioni utili per chi volesse introdurre o implementare questo processo nelle proprie realtà lavorative (http://www.safetyandquality.gov.au/wp-content/uploads/2012/02/International-Medication-Reconciliation-Websites1.pdf) , fa una rapida carrellata della letteratura esistente in merito, sottolineando il ruolo cruciale svolto dal farmacista clinico nella riconciliazione in team con gli altri professionisti della salute, e la necessità di nuovi studi,  e conclude invitando ad associare il processo di riconciliazione terapeutica ad altre iniziative e tecnologie legate alla sicurezza del paziente.
Quattro sono stati i workshop, di tre ore ciascuno, che si sono ripetuti nei due giorni. Premessa essenziale è che ciascun workshop ha previsto una breve  lezione didattica frontale e una più ampia parte interattiva lasciata al confronto tra i partecipanti e alla discussione su casi tratti dall’esperienza clinica. Di seguito una breve sintesi.
“Too much, too little? Using tools for medication reviews of elderly patients” era il primo workshop tenuto da Katja Taxis e Anne Gerd Granas.  L’obiettivo era di informare i farmacisti clinici sugli strumenti utilizzati per valutare la qualità della terapia  prescritta nei pazienti anziani nelle strutture territoriali e residenziali e fornire loro un approfondimento su come utilizzarli al meglio  in casi reali tratti dall’esperienza.
Il secondo workshop dal titolo “Drug related problems in seamless care” condotto da Foppe van Mil, The Netherlands  (chief of the Editorial board of the International Journal of Clinical Pharmacy)  e Anne J. Leendertse dell’Università di Utrecht, The Netherlands,  aveva come obiettivo quello discutere con i partecipanti circa  le possibili soluzioni per prevenire gli errori e i problemi relativi alla terapia nel paesaggio dal setting di cure primario a quello secondario.
Il terzo workshop dal titolo “Ensuring the safe transition of care through medication reconciliation” è stato organizzato da Piera Polidori ed Anna Carollo dell’ISMETT di Palermo e Daniela Scala dell’AORN Cardarelli di Napoli. L’obiettivo era quello di analizzare con i partecipanti i vari passaggi del processo di riconciliazione terapeutica in dettaglio evidenziandone le criticità e le possibili soluzioni attraverso l’analisi di casi tratti dall’esperienza clinica.
L’ultimo workshop condotto  da Bart van den Bert del St. Maartenskliniiek, The Netherlands dal titolo “Medication transfer between hospital and home (Sending the patient home, what do we need to know)”  aveva come obbiettivo quello di individuare con i partecipanti quali informazioni sono essenziali da conoscere all’ammissione e quali alla dimissione, di valutare possibili standard di counselling da fornire al paziente e di discutere possibili esemplificazioni del processo di riconciliazione terapeutica attraverso la discussione di casi reali.  
Come consuetudine ogni evento organizzato dall’ESCP viene sottoposto al giudizio dei partecipanti attraverso una “survey satisfaction” in un ottica di miglioramento ed implementazione.
I risultati della survey hanno confermato le impressioni raccolte a caldo dai partecipanti: elevate le percentuali di “eccellente” e “buono” raccolte sia per le sessioni plenarie che i workshop interattivi. Anche gli aspetti legati all’organizzazione, al supporto da parte dell’agenzia dei servizi e del desk dell’ESCP, nonché l’accoglienza, la sede e gli eventi sociali hanno ricevuto un giudizio più che lusinghiero.
L’esperienza di questo workshop internazionale è stata sicuramente positiva e ha messo in luce l’interesse, la partecipazione e l’esperienza dei farmacisti SIFO nel campo della farmacia clinica.
Eventi di così ampio respiro danno maggiore visibilità e speranze di crescita a tanti farmacisti italiani che in qualche modo portano avanti lo sviluppo della farmacia clinica, oltre ad avere fatto meglio conoscere ai colleghi provenienti da diverse realtà estere, più o meno avanzate, il nostro livello organizzativo e le esperienze di farmacia clinica. È auspicabile che la SIFO possa essere promotrice di ulteriori eventi di rilevanza internazionale per continuare a favorire il percorso di crescita avviato in questo settore della nostra professione altamente qualificante.