Sessione plenaria

Innovatività e sostenibilità: politiche farmaceutiche a confronto

Nello Martini
Direttore dell’Agenzia Italiana del Farmaco


Sono molto lieto di essere qui con voi oggi e intendo parlarvi del nuovo progetto e della nuova piattaforma di regolazione del servizio farmaceutico del nostro Paese, introdotti dal Decreto legge collegato alla Finanziaria, che consente una pianificazione di medio-lungo periodo.
All’interno di questo progetto vi è il riconoscimento del servizio farmaceutico ospedaliero e territoriale come struttura portante del progetto e del Servizio Sanitario Nazionale (SSN).
Ho ripercorso dal 1998 al 2006 tutti i congressi della SIFO a cui ho avuto l’opportunità di partecipare: da Baveno, nel lontano 1998 sul tema della continuità assistenziale ospedale-territorio, fino a questo Convegno di Rimini del 2007 in cui è presente l’Agenzia Italiana del Farmaco.
Credo vada riconosciuto alla SIFO, a livello istituzionale oltre che mio personale, di essere una società che anche in sede congressuale non si è limitata a dibattere problemi interni di categoria, ma cerca di affrontare le tematiche della Sanità italiana e di declinare il proprio ruolo professionale in funzione delle finalità del SSN.
Il tema che la SIFO ha scelto quest’anno per il suo appuntamento congressuale, “il rapporto esistente tra sostenibilità economica e innovazione”, ne è una riprova concreta, poiché tale tema costituisce l’elemento di criticità delle politiche di welfare non solo in Italia, ma anche a livello europeo e internazionale.
Do quindi atto alla SIFO di aver nuovamente scelto un tema che è al centro del dibattito non solo tecnico, ma politico-assistenziale del nostro Paese.
Ho sempre pensato che il problema da risolvere per il settore farmaceutico sia proprio quello di trovare una continuità tra il mondo assistenziale e della cultura e il mondo regolatorio, di chi ha la responsabilità di decidere.
Il tema affrontato oggi, il rapporto tra sostenibilità e innovazione, mi porta a una prima considerazione: per motivazioni e per responsabilità diverse, la politica farmaceutica nel nostro Paese negli ultimi cinque anni è stata esclusivamente centrata sul problema del governo e del contenimento della spesa.
Ciò significa che è stata la variabile economica a guidare prevalentemente le scelte. Se dobbiamo combinare sostenibilità e innovazione dobbiamo, invece, trovare un trade-off tra le due variabili e considerare il farmaco non solo come un elemento di spesa ma anche come frutto della ricerca, dell’innovatività, degli investimenti in R&S.
Bisogna creare le condizioni affinché nell’ambito del governo della spesa sia la variabile sanitaria e non il tetto di spesa a guidare il processo e a definire le scelte.
Si tratta di un cambiamento importante che deve essere condiviso e questo è il punto centrale del dibattito in questo convegno di Rimini.
È necessario trovare una continuità tra innovazione e sostenibilità e quindi ridisegnare la piattaforma della farmaceutica.
Questo è il cambiamento presente nel Decreto-legge che accompagna la finanziaria e che dovrà essere convertito in legge entro 60 giorni.
Vorrei sottolineare, perché sono importanti anche le parole, il titolo dell’art. 5 di questo decreto-legge che recita testualmente: “Misure di governo della spesa e di sviluppo del settore farmaceutico”: esattamente, sostenibilità economica e innovazione.
Questo progetto e questa nuova piattaforma non hanno un obiettivo di breve periodo e sono il frutto di un lungo dibattito, che è iniziato sulla base del nuovo Patto per la salute, approvato dal Ministero della Salute e dal Ministro, all’interno del quale è stato definito il nuovo patto per la farmaceutica.
A seguito di ciò, è stato quindi insediato un tavolo tra l’AIFA, il Ministero della Salute, le Regioni, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e tutta la filiera, per ridisegnare insieme una nuova piattaforma.
Il tentativo di questo decreto-legge è quello di cambiare le regole di fondo, di introdurre una nuova piattaforma di regolazione di mercato, basata sul principio che il farmaco è bene di salute e, allo stesso tempo, strumento di sviluppo delle politiche di welfare.
La necessità del cambiamento è ineludibile perché il sistema attuale, cosi come sino a oggi concepito, non ha retto e ha marginalizzato l’Italia nei processi registrativi, relegandola al ruolo prevalente di mercato.
È interesse non solo dell’Agenzia, ma delle Regioni, delle istituzioni, delle professioni e quindi della SIFO, avere un disegno o, almeno, un sogno per il quale valga la pena di spendere le proprie energie senza guardare continuamente al passato.
Il sistema dei farmaci si regge fondamentalmente su tre variabili: i farmaci che hanno perso la copertura brevettuale, i farmaci consolidati ancora coperti da brevetto e i farmaci innovativi. Ed è del tutto evidente che in un sistema bilanciato e maturo, le risorse, che si liberano da farmaci che hanno perso l’esclusività di mercato, devono essere obbligatoriamente finalizzate e orientate a sostenere l’innovatività, perché un mercato, che non lega la competitività del prezzo alla sostenibilità economica dei farmaci innovativi ad altissimo costo, non ha possibilità di reggere.
La storia di questi anni in Italia è stata esattamente l’opposto. I colleghi della SIFO presenti sono lettori troppo attenti, con una cultura epidemiologica e di analisi raffinata, per non sapere che la quasi totalità delle risorse che si sono liberate dai generici in questi anni è stata ripresa e riassorbita dal mercato dei medicinali consolidati, con un fenomeno di shift all’interno di categorie terapeutiche, spostando cioè la prescrizione verso principi attivi coperti da brevetti.
Basterebbe citare due categorie terapeutiche, gli inibitori di pompa e le statine, per capire il significato e la portata di tale fenomeno.
Ecco perché il sistema deve riequilibrarsi dal proprio interno, e le risorse della competitività sul prezzo non possono essere riassorbite dal mercato stesso nei settori dei farmaci maturi e consolidati, attraverso un fenomeno di shift o attraverso una dilatazione delle prescrizioni senza motivazione clinica, come si è verificato negli ultimi anni.
Questo è un passaggio ineludibile: o si riesce a licenziare questa nuova piattaforma o altrimenti continua una contrapposizione, che renderà il sistema sempre più marginale, un sistema in cui da un lato viene fissato il tetto, dall’altro viene aumentata la dimensione della domanda e delle prescrizioni e a fine anno, preso atto dello sfondamento della spesa, si applicano misure di ripiano con taglio di prezzi.
Ciò non risponde né a una logica di politica sanitaria, né a un progetto assistenziale e, se me lo consentite, neppure a un progetto industriale moderno.
È necessaria una pianificazione di medio-lungo periodo e l’attribuzione di un budget aziendale programmato, che non ingessi le quote di mercato, ma anzi consenta il massimo della competitività: sfida difficile ma non impossibile e comunque condizione essenziale per il cambiamento.
Ma quali sono gli elementi strutturali di un progetto di trade-off, che sappia coniugare sostenibilità economica e innovazione?
Innanzitutto, va garantita la stabilità del sistema e questo significa che non vanno introdotti continui cambiamenti, tenuto conto che negli ultimi due anni sono stati assunti 10 provvedimenti. È del tutto evidente, però, che se non c’è un progetto condiviso, e se il mercato scarica la competitività dei prezzi non sull’innovazione, ma sulla dilatazione della domanda dei farmaci “maturi”, viene meno una responsabilità etica del mercato.
Un punto cardine del nuovo sistema è garantire la stabilità del settore per assicurare una pianificazione di medio-lungo periodo.
Ciò significa anzitutto dare certezza al tetto di spesa per la farmaceutica territoriale, un tetto definito in maniera non ambigua rispetto alle risorse finanziarie del Fondo sanitario nazionale.
Oltre a ciò, deve essere chiaro quali sono le eventuali risorse incrementali per l’anno 2008 e definire in modo trasparente, come allocare tali risorse nell’ambito delle tre variabili prima citate, assumendo definitivamente che le misure di ripiano non devono comportare un taglio dei prezzi, adottando, invece, come unico sistema, la procedura di payback, già largamente sperimentata. In altre parole: stabilità del sistema con certezza del tetto, delle risorse incrementali e con una modalità di governo incentrata sul meccanismo di payback.
Infine, la programmazione aziendale viene assicurata attraverso l’attribuzione del budget, che non comporta un’ingessatura del mercato, sia perché è previsto un fondo di riserva del 20% delle risorse incrementali, sia perché la possibilità di incremento non ha alcun limite se a essa corrisponde l’acquisizione di quote di mercato concorrenti; tutto ciò garantendo un tetto a parte per l’innovatività, extra budget, pari a un ulteriore 20% delle risorse incrementali.
Il punto centrale del nuovo sistema è costituito dalla spinta e dalla promozione delle innovazioni, ma come valutare il grado di innovatività dei nuovi farmaci e quali i parametri per definire il place in therapy?
È assunto fondamentale di un nuovo sistema di concepire l’innovatività che la definizione vera del profilo di beneficio-rischio scaturisce largamente dalla pratica clinica reale dopo la commercializzazione; le variazioni di contesto, infatti, introducono elementi sostanziali ai fini della trasferibilità, della conferma o della modifica dei risultati prodotti e derivanti dalla sperimentazione clinica pre-marketing.
Questa è, secondo me, la sfida nuova: portare la valutazione del place in therapy e della trasferibilità alla pratica clinica del grado di innovatività di un nuovo farmaco a valle del processo registrativo. È irrealistico, se si conoscono le variabili e le forze in gioco all’interno del processo registrativo europeo, prevedere che l’EMEA sia in grado nei prossimi anni di andare al di là del criterio save and effective e di stabilire l’added therapeutic value (ATV) e, in ogni caso, in attesa che questo avvenga, la differenza è legata alle politiche di rimborsabilità e di governo della spesa dei singoli Paesi della comunità europea.
Recentemente, la CTS ha approvato un documento e un algoritmo per la valutazione del grado di innovatività dei medicinali, dopo un lungo confronto tecnico-scientifico con gli operatori di settore e tenendo conto della letteratura e delle esperienze a livello internazionale.
Il tema è assai critico; in Europa al Pharmaceutical Forum e al Pricing Working Group sono depositati enormi faldoni di carta e di documenti in merito all’innovatività. Però, ed è giusto sottolinearlo, il nostro Paese è uno dei primi ad aver implementato a livello europeo un documento e una procedura concreta per la valutazione dell’innovatività dei medicinali.
Oggi siamo di fronte a una serie importante di registrazioni europee - EMEA di nuovi farmaci, che hanno un nuovo meccanismo di azione e quindi evocano un’innovatività farmacologica, in assenza di studi di superiorità e molto spesso di studi di confronto head to head. Si potrebbe richiedere all’EMEA e al CHMP (Committee for Medicinal Products for Human Use) che gli studi di superiorità e la dimostrazione del ATV divengano parte integrante del processo registrativo; ma tale richiesta, per quanto legittima, rappresenta un’ipotesi irrealistica nel breve-medio periodo. I processi registrativi a livello dell’EMEA rimarranno basati sul criterio save and effective, e non more safe & more effective di quanto già esistente.
E allora, di fronte a una registrazione centralizzata ed europea, come gestire il processo della rimborsabilità e dell’accesso?
Sono le Agenzie che devono svolgere un ruolo fondamentale in tal senso, insieme e in collaborazione con i Servizi Farmaceutici, con le Regioni e con tutti gli altri attori coinvolti.
Il punto chiave è che la rimborsabilità e la pratica clinica, pur a fronte di una registrazione europea, debbano diventare attività di ricerca e parte integrante dell’atto regolatorio, per verificare sul campo la conferma e la trasferibilità del profilo di beneficio-rischio originato nella fase pre-registrativa con l’ulteriore acquisizione di dati, non presenti all’atto della registrazione e, invece, indispensabili per ridefinire, in un arco di tempo determinato, le condizioni e i criteri con cui il farmaco viene ammesso alla rimborsabilità.
Credo sia l’unica strada da percorrere se non vogliamo infilarci in una sorta di contrapposizione ideologica tra chi dice di no a tutto e chi, invece, vorrebbe che ogni farmaco fosse ammesso al rimborso. Quindi, i dati scaturiti dalla pratica clinica sono essenziali per determinare il place in therapy e il grado vero di innovatività dei medicinali.
Ma per fare dell’utilizzo del farmaco nella pratica clinica il laboratorio di ricerca, bisogna definire una nuova piattaforma.
Non sto affermando che bisogna subire un abbassamento dei livelli dei processi registrativi bensì considerare che anche on the best di una procedura registrativa europea, al meglio della metodologia e della ricerca pre-marketing, l’utilizzo di un farmaco, nella pratica clinica corrente in pazienti (non selezionati, con polipatologie, con politerapie) esclusi nelle fasi di randomizzazione dei clinical trial, può modificare radicalmente il profilo di beneficio-rischio.
La ricerca non deve fermarsi all’atto della commercializzazione: è necessario avere un planning complessivo della ricerca pre e post-marketing, una sorta di life cycle del farmaco.
Invito la SIFO a riflettere su tutto ciò e a dotarsi di documenti programmatici e di strumenti metodologici che tengano conto di un’eventuale, possibile, nuova piattaforma e di un eventuale, possibile nuovo progetto.
Voglio porre alla vostra attenzione un caso emblematico: i nuovi farmaci antitumorali.
Nel caso di farmaci antitumorali ad altissimo costo (40.000 – 60.000 euro per paziente e per anno) si inizia un trattamento senza sapere se il paziente al quale è somministrato il farmaco sarà responder o non responder; non abbiamo, nella stragrande maggioranza dei casi parametri clinici o bio-marker per poter individuare la frazione di soggetti che rispondono al trattamento. In altri termini, se il rate è del 15%, devono essere trattati 100 pazienti per avere una risposta in 15. In questo caso non vi è un trade-off tra innovatività e sostenibilità perché buttiamo l’85% delle risorse.
L’idea che abbiamo introdotto, e che stiamo sperimentando, è di avere una condivisione del rischio e dei costi all’inizio del trattamento con questi farmaci fino al follow-up per arrivare, con un lavoro sinergico tra il servizio farmaceutico e l’oncologia, a verificare la progressione, o meno della malattia: nel caso in cui ci sia progressione il farmaco deve essere escluso dalla rimborsabilità, mentre nel caso inverso sarà il SSN a farsi carico fino in fondo dei costi della terapia.
Nella fase iniziale è dunque necessaria una condivisione del rischio e dello sharing anche dei costi.
Questo è un esempio concreto di come trovare un trade-off tra innovatività e sostenibilità economica.
Con il Registro nazionale dei farmaci antitumorali, è stato introdotto un sistema condiviso di arruolamento dei pazienti che garantisca l’appropriatezza rispetto all’indicazione registrata, e una scheda di follow-up che vada a verificare la progressione o meno della malattia, e quindi la presa in carico da parte del SSN.
Sono attualmente in fase di elaborazione i dati relativi agli oltre 17.000-18.000 pazienti reclutati; tali dati saranno restituiti alle Regioni e alle singole strutture coinvolte. Ciò rafforza la validità dell’ipotesi che, dopo la registrazione, possa essere attivato un sistema per monitorare l’appropriatezza e l’efficacia nella fase post-marketing.
A una condizione, però: che le strutture farmaceutiche, ed in particolare la SIFO, orientino in modo prevalente la propria attività su queste procedure di monitoraggio del profilo di beneficio/rischio e non semplicemente alla dispensazione, ritenendo di guidare il processo decisionale esclusivamente con le aste: l’asta vera è quella della ricerca, dell’epidemiologia e non solo del prezzo.
Credo, inoltre, che l’Italia abbia bisogno di avere anticipatamente sulla valutazione delle nuove tecnologie (HTA), attraverso l’Italian Horizon Scanning e l’Health Technology Assessment, dati per assicurare la trasferibilità e la sostenibilità economica delle innovazioni prima del processo registrativo.
Infine, alcune considerazioni sulle convenzioni AIFA-Regioni in tema di farmacovigilanza: i 25 milioni previsti negli anni non verranno attribuiti a pioggia, ma sulla base di una convenzione specifica formulata in base alle linee di indirizzo definite dal Ministero della Salute e dalla Conferenza Stato-Regioni. Ciò consentirà di implementare una rete di farmacovigilanza nel nostro Paese articolata in centri regionali secondo il modello francese.
Desidero anche informare che, a presiedere la Commissione per gli accordi di programma previsti dalla finanziaria, è stato chiamato il presidente della SIFO che insedierà la Commissione il 25 di ottobre; nei prossimi mesi sulla Gazzetta Ufficiale sarà presente il primo bando AIFA per gli investimenti in ricerca e sviluppo nel nostro Paese, indirizzato a tutte le industrie farmaceutiche e che il primo target da raggiungere sarà quello di un incremento delle sperimentazioni cliniche di fase 1 e 2.
Ritorno, quindi, al tema posto dalla SIFO e cioè del rapporto tra sostenibilità e innovazione. Dobbiamo mettere insieme queste due variabili perché se prevale esclusivamente il problema della spesa, gli operatori di settore, e quindi il farmacista ospedaliero e i servizi farmaceutici, saranno chiamati esclusivamente a rispondere dei prezzi e della dispensazione; se invece prevale un progetto che mette insieme governabilità economica e sviluppo, i servizi farmaceutici diverranno parte integrante di un processo di monitoraggio, di ricerca e di sviluppo.
Spero e mi auguro che la SIFO condivida il nuovo progetto e sia protagonista del cambiamento culturale.


Claudio Clini
Direttore Generale Agenzia Sanitaria del Lazio

Mi ero preparato sul piano di rientro nel Lazio e sulle politiche farmaceutiche, ma dopo l’intervento del dott. Martini mi sembra che parlare adesso del contenimento della spesa nel Lazio e di quello che abbiamo messo in campo per ridurre la spesa farmaceutica, che era oggettivamente alta rispetto ad altre regioni, porta lo sguardo nel passato, sui problemi che sono stati trovati e che abbiamo dovuto affrontare e che stiamo affrontando con il Ministero dell’Economia.
La proposta che il dott. Martini ha lanciato ha posto dei problemi che vanno un po’ oltre lo schema concordato con le Regioni, che, ragionando dal punto di vista del farmaco, della politica del farmaco, sono estensibili ai settori della Sanità pubblica e sono richiamabili nel titolo: equità, innovazione e sanità pubblica.
Mi veniva in mente, mentre il dott. Martini parlava, che non tantissimi anni fa quando le prime innovazioni in campo tecnologico-diagnostico, parlo delle TAC e delle risonanze magnetiche, cominciarono a entrare nel mercato, il sistema di Sanità pubblica rimase spiazzato e ci vollero 3-4 anni, prima che diventassero uno strumento diagnostico abbastanza diffuso, e poi forse anche inappropriatamente utilizzato.
Oggi ci troviamo di fronte a una modifica anche dell’acquisizione scientifica della genesi della malattia, che pone problemi di rivisitazione dello schema generale nel quale si inquadra il sistema di Sanità pubblica, e anche problemi straordinari sul terreno delle nuove tecniche diagnostiche e delle nuove tecniche terapeutiche, farmaci antitumorali, le diagnosi predittive, gli studi genici. Mi chiedo se tutto questo non rischia di consegnare il nostro sistema di Sanità pubblica a un modello assistenziale vecchio, che non è in grado di affrontare l’innovazione, non ha le risorse economiche per affrontarla, è organizzato all’interno delle strutture ospedaliere, più o meno come era organizzato nell’Ottocento o all’inizio del Novecento mediamente, i reparti, le strutture, i caposala, gli infermieri, i posti letto.
Mi chiedo come sia possibile estendere la ricerca alla pratica clinica, nel momento in cui la registrazione di un farmaco innovativo non è più sufficiente per garantirci che sia davvero innovativo, dobbiamo correttamente valutarne gli esiti, e una volta che ne abbiamo valutato gli esiti il problema è soltanto un problema economico di rimborsabilità o diventa anche un problema di equità.
Nella Regione Lazio, abbiamo fatto una ricerca sull’appropriatezza dell’angioplastica e abbiamo scoperto che il problema dell’equità si pone adesso in maniera evidente, non soltanto circa l’appropriatezza della prestazione, perché l’angioplastica viene fatta a pazienti cronici, ma anche nel caso di angioplastica primaria rispetto all’incidenza dell’infarto, ci siamo accorti che il rapporto per le classi sociali medio-basse è notevolmente svantaggiato rispetto alle classi sociali più agiate. Chi ha cultura, conoscenze, possibilità economiche accede meno ai servizi di Sanità pubblica ma accede di più alle prestazioni appropriate dei servizi; chi ha meno strumenti culturali e sociali accede di più ai servizi di Sanità pubblica ma accede meno alle prestazioni appropriate.
Diceva il dott. Martini, noi recuperiamo le risorse per l’innovazione a partire da quegli elementi del mercato che sfuggendo ai meccanismi del copyright costano meno e quindi noi li reinvestiamo (vedansi i farmaci generici). Nel Lazio stiamo osservando infatti, in seguito a una norma da noi fatta sugli inibitori di pompa, un notevole trend di ricupero. Questo è un problema anche dell’industria ovviamente, non soltanto nostro, ma li reinvestiamo nell’innovazione attraverso un patto che andiamo a costruire.
Se noi dobbiamo procedere all’innovazione, cioè introdurre e rendere usufruibili dai cittadini le nuove prestazioni diagnostiche e le nuove prestazioni terapeutiche, che saranno sempre più costose, che saranno più mirate, che saranno sempre più personalizzate, produrranno probabilmente effetti in termini di anni di vita guadagnati o persi, diversi a seconda di quello che si utilizza e si usa; resta il problema di dove andiamo a prendere le risorse.
Nella Sanità pubblica ci si trova a dover scegliere in quale direzione dobbiamo muoverci.
La 833 è costruita sui sani, è impiantata su un servizio di Sanità pubblica che si occupa delle persone sane per impedire che si ammalino, e quando si ammalano deve curarle nel modo migliore.
Nel 1978, quando uscì la riforma sanitaria, si considerava l’origine della malattia con i fattori ambientali; oggi sta entrando in campo un’altra cosa, che allora non si conosceva o si conosceva poco: le malattie genetiche si chiamavano malattie ereditarie perché da un punto di vista epidemiologico non conoscevamo la fragilità genica ma riconoscevamo il fatto che da due genitori affetti da una malattia poteva nascere un figlio affetto dalla stessa malattia.
Ora si pone un problema di equità, un problema del controllo dell’innovazione per evitare che si spacci per innovativo semplicemente ciò che è nuovo e che non è innovativo, inoltre problemi sul terreno della sostenibilità economica, e problemi etici.
La Sanità pubblica non può occuparsi di tutto, la salute dipende anche da altri settori; ad esempio, nel settore della prevenzione primaria, al di là delle vaccinazioni, fa molta più prevenzione primaria una Regione che costruisce i termovalorizzatori, i gassificatori e che non lascia la mondezza per strada, che non 26 dipartimenti di prevenzione.
È bene insegnare quali sono i comportamenti che fanno ammalare e fare entrare questo argomento nel sistema pedagogico, in modo che si possano aiutare i sani a conservare la salute e dedicare più risorse a chi si ammala o alle fasce di popolazione più a rischio. Un modo per farlo più concretamente è quello dei programmi di screening per il tumore al seno, selezionando la popolazione per età, sapendo che l’incidenza di questa patologia delle donne è maggiore dopo i cinquant’anni rispetto a trent’anni. Ma a questa selezione epidemiologicamente corretta, tenendo conto dell’incidenza, dobbiamo affiancare una selezione che tenga conto di altri fattori, per esempio la familiarità.
Ancora una volta, riferendosi allo scenario disegnato per il farmaco dal dott. Martini, resta il dubbio che se viene inserito in un sistema sanitario come il nostro c’è il rischio che questo tipo di struttura culturale e organizzativa non produca gli effetti sperati. Prima di parlare del rientro, del budget, dei costi, dobbiamo considerare com’è il sistema di Sanità pubblica, a cosa deve servire, qual è il modo in cui è possibile oggi che non si riproducano quelle diseguaglianze che osserviamo nell’accesso alle prestazioni più appropriate che mediamente sono anche le più costose.
Chi è che potrà accedere alle prestazioni diagnostiche e terapeutiche ad alto costo? Sarà sufficiente spostare i 400 milioni di euro dei farmaci non più coperti da copyright sui farmaci innovativi per garantire questo? Non è affatto sicuro! C’è il rischio di andare, se non modifichiamo la struttura del sistema, verso un doppio sistema di Sanità pubblica, uno povero per i poveri, e uno con minori accessibilità, perché non siamo in un regime di risorse infinite, se anche aumenta il fondo sanitario nazionale, anche se recuperiamo risorse, anche se blocchiamo il turn-over del personale questo tipo di sistema fatica a tenere.
La domanda che ci si pone è se davvero di fronte a innovazioni che paiono essere straordinarie e portano anche a modificare alcuni concetti su come si affronta il problema della malattia, di fronte al problema delle nuove terapie, delle nuove tecniche di diagnosi, tutto ciò diventa importante nei processi di salute. Se la rivisitazione dei percorsi e dei processi, e l’inserimento di novità importanti, come diceva il dott. Martini, e che dovrebbero essere l’abc di una modalità di approccio a ciò che sta avvenendo nel mondo, se tutto questo non trova nel resto del sistema sanitario una coerente modifica anche a carattere normativo, cioè dell’organizzazione stessa dei nostri servizi di Sanità pubblica, quelli che poi dovrebbero fare la pratica clinica come ricerca, e quindi essere elementi valutativi dell’efficacia e dell’esito di quel trattamento terapeutico, se tutto questo non avviene in maniera equilibrata, concordata, viaggiando insieme su questo terreno, ho paura che in realtà tutto questo non porti oltre all’innovazione anche l’equità che un servizio di Sanità pubblica deve sempre garantire.


Daniel Lapeyre
Vicepresidente Farmindustria

Se faccio due passi indietro a circa tre anni fa, al di là di come poi si svilupperà questa finanziaria, il panorama per quanto riguarda l’industria farmaceutica, e non solo questa, il contesto, la competitività del Paese nel campo della ricerca, la competitività del Paese nel campo della potenzialità industriale, l’allocazione futura delle risorse sono profondamente cambiati, e continuano a cambiare.
Do atto all’AIFA, alla parte di Farmindustria e anche agli attori dell’industria, che è in atto un cambiamento che considero profondo; oggettivamente questo Paese, che stava scivolando fuori dal contesto ricerca, industria, commercializzazione per diventare un puro Paese di sola commercializzazione, grazie all’istituzione AIFA ha la reale potenzialità di recuperare, e questa è una cosa su cui sia a titolo personale, sia a titolo Farmindustria mi sento di dare atto a tutti coloro, e in particolare al dott. Martini, che hanno avuto la sensibilità culturale di prendere in mano questo problema. Che poi riusciremo a portarlo laddove tutti sogniamo con le sue peculiarità e le specificità personali, è ancora da vedere perché ci sono delle criticità, quelle che io chiamo le criticità di percorso. C’è un grosso spiraglio sull’innovazione, ci sono oggi la capacità del Paese di darsi dei fondi, la capacità del Paese di darsi delle regole per definire l’innovazione, ma anche qui stamattina ho percepito la capacità culturale di vivere l’innovazione come un momento della ricerca del farmaco; tanto più un farmaco è innovativo, tanto più ha bisogno di accesso al mercato, si tratta di una scommessa.
Dove noto una criticità? Credo che abbiamo avuto, non voglio tornare sul passato, dei momenti di mancato o di variegato accesso all’innovazione a livello vuoi centrale, parziale, vuoi regionale, e non vedo nel decreto-legge attuale come si possano recuperare e sanare determinate situazioni che provengono dal passato.
Comunque, quello che è importante è il principio che l’innovazione deve avere accesso; accetto che sia un fatto nazionale delle singole agenzie giudicare e dare la rimborsabilità, ma quello che è importante è che sia visto come momento anche di una fase sperimentale e conoscitiva del farmaco. Il dott. Martini ha toccato solo un aspetto del generico. Questi spazi che vengono dati per voltare pagina sono dati da chi ha fatto ricerca, dai farmaci che hanno fatto ricerca, di conseguenza il problema della genericizzazione è strettamente collegato al problema dell’innovazione e del suo accesso; devo anche dire che personalmente ritengo che esista per chi ha la responsabilità del governo, e non è un compito dell’industria, il problema di andare ad approfondire la visibilità del mercato del generico. È un problema che va affrontato a mio avviso in questo Paese perché dietro a questi farmaci c’è un problema di politica industriale: si parla di politica sanitaria, si parla di politica del farmaco, si parla di sostenibilità del sistema; non dimentichiamo che l’Italia è uno dei principali attori industriali del mondo del farmaco sia a livello di materie prime, sia a livello di produzione, e questo è un qualche cosa che va preso in carico dal sistema, quello che io chiamo il progetto industriale. Spesso ci si dimentica del settore industriale non visto come settore commerciale, il vero settore industriale.
Sugli accordi di programma innanzitutto mi complimento con la dott.ssa Scroccaro per la presidenza della commissione: anche lì ci saranno delle criticità che dovremo discutere, in quanto chi ha investito l’anno scorso può essere penalizzato se si approccia in un modo solo proiettato sul futuro.
Bisogna tener conto di chi ha avuto il coraggio in giorni forse più bui di continuare a investire, di continuare a credere in questo Paese e di continuare a sviluppare le sue attività in questo Paese.
Globalmente, il giudizio di Farmindustria è un giudizio estremamente positivo; esistono criticità, esiste la necessità di continuare, come si è fatto in questi ultimi 2-3 anni, un intenso dialogo.


Loredano Giorni
Direttore Settore Farmaceutico della Regione Toscana

Inizio con il fare alcune considerazioni sull’importanza del farmaco nel sistema sanitario. Un aspetto fondamentale è quello economico in quanto rappresenta circa 1/5 del fondo sanitario, che ha il 50% di spese fisse non contenibili con il risultato che il pareggio di bilancio delle Regioni o la sostenibilità di un sistema sanitario a copertura pubblica universale si finisce con il giocarlo sul farmaco; da qui la responsabilità che tutti noi abbiamo, l’AIFA, il Ministero della Salute, le Regioni e le Aziende USL, i farmacisti e le società scientifiche.
Ho sentito parlare stamattina di sviluppo, di incentivazione, di ricerca e altro. Noi abbiamo la responsabilità di un sistema che si deve sviluppare, che faccia ricerca, che investa, ma abbiamo anche un problema di carattere economico anno per anno, mese per mese, e si finisce che invece di volare alto ci si ritrovi a volare terra-terra.
Due parole sullo sviluppo: io non mi occupo in modo particolare di questo perché non ho tempo, e devo far quadrare i bilanci, però vorrei fare soltanto un accenno alla storia. In Italia abbiamo cercato di immettere nel sistema farmaceutico soldi freschi, 10-15-20 anni fa, per incentivare la ricerca e lo sviluppo del sistema e attrarre gli investimenti. Risultati non ne ha dati. Bisognerebbe interrogarsi perché non ci sono stati risultati nei tempi passati, per evitare di commettere in futuro gli stessi errori.
Ho apprezzato molto la presentazione di questo convegno con le quattro E, cioè il confrontarsi sull’Efficacia, Equità, Economicità ed Etica, e guardando la situazione credo che in qualche modo si sottovaluti il problema di partenza. Prendiamo il costo medio per ricetta, che è un indicatore molto rozzo, che non è scientifico: se guardiamo la situazione nel 2007, noi vediamo una lenta ma costante diminuzione dei costi medi per ricetta.
Ricordiamoci che qui si parla di abbassamenti di ricetta di 0,50-0,60 centesimi su un numero di ricette mensili quale è quello della Toscana, di circa 3 milioni, che a livello nazionale diventano circa 60 milioni di ricette, e vedete che ciò ha la sua importanza.
È una cifra abbastanza interessante, significativa, ma dobbiamo ricordarci che noi stiamo lavorando in un mercato che è in trasformazione, per cui quando prendiamo le decisioni oggi, bisogna anche valutare quale potrebbe essere il mercato di qui a 1-2-3 anni.
Riguardo al fenomeno di consumi costanti, dobbiamo chiederci di chi è la colpa, dei farmacisti, delle USL che non bloccano questo shift prescrittivo, oppure è delle Regioni che non si sanno organizzare, oppure è dell’AIFA e del Ministero della Salute che non sanno intervenire, oppure è dell’industria farmaceutica che sa fare bene il suo mestiere.
Facciamo un esempio: c’è un gruppo di molecole che sono la tamsulozina, la fusozina e la terasozina, fra queste tre molecole ce n’è una con il brevetto non scaduto che nel periodo primo semestre 2006/primo semestre del 2007 in termini di DDD aumenta del 14,5%; per quanto riguarda le altre due molecole, una aumenta del 6% e l’altra diminuisce dello 0,6%. Questo è un fenomeno che in qualche modo ci dovrebbe far riflettere tutti, ci dovrebbe fare interrogare.
Un’altra situazione che si presenta è quella degli ACE inibitori sartanici; la letteratura scientifica mi dice che ci dovrebbe essere un rapporto fra l’uso degli ACE inibitori e sartani. Gli ACE inibitori stanno perdendo di brevetto, i sartani non ancora, sta di fatto che gli ACE inibitori crescono in termini di DDD del 4,4% e i sartani crescono del 10,5%.
Sempre stando in questa categoria, fra gli ACE inibitori ce n’è uno che ha perso il brevetto ed è l’enalapril e di fatto diminuisce in termini di DDD dell’1,8% mentre gli ACE inibitori non associati aumentano del 4,8%. Il punto è questo: i farmacisti, le USL, le Regioni, l’AIFA, non sono in grado di governare il fenomeno, perché il mercato è in mano all’industria che lo gestisce, bisogna in qualche modo fare un patto con l’industria per governare questo sistema, oppure si cerca di governarlo a livello scientifico.
Per quanto riguarda le politiche regionali, nella mia Regione, la Regione Toscana, noi abbiamo posto con un provvedimento di quest’anno, degli obiettivi di consumi per alcune categorie di farmaci, e si sta parlando di obiettivi e non di prezzo di riferimento. Una Regione che si permette di invitare le proprie strutture a raggiungere degli obiettivi viene portata nelle aule dei tribunali dove si dice che non ha il diritto e il dovere di fare queste cose che non fanno parte dei suoi compiti. Questo è scritto nelle sentenze dei TAR della Toscana.
Per quanto riguarda gli antagonisti dei recettori alfa adrenergici abbiamo agito in modo analogo; abbiamo cercato di aumentare consumo di morfina proprio per andare verso un discorso di appropriatezza.
Altra situazione che si è verificata è quella del pantoprazolo che, a due anni dalla perdita della copertura brevettuale, ha deciso di comportarsi come un generico. Cosa è successo? Le aziende, come in tutti i mercati che si rispettano di questo mondo meno delicati della Sanità, fanno delle scelte laddove c’è perdita di fatturato, laddove c’è perdita di quote, o smettono di fare il prodotto o abbassano i prezzi per recuperare quote di mercato ed è quello che si sta verificando. Questo è un segnale che dobbiamo tenere in debita e attenta considerazione.
È importante che la categoria diventi il perno del sistema sanitario, cosa di cui forse troppo spesso non ci si rende conto. Devo dire che l’AIFA ha dato un forte contributo affinché i farmacisti, il sistema farmaceutico delle Regioni, delle Aziende si sentissero protagonisti del sistema salute, cosa che forse si era persa durante gli anni, e su questo credo ci sia qualcosa da fare.
Voglio concludere dicendo che facciamo parte di un sistema dove c’è da lavorare, ma da lavorare veramente per rifondarlo, perché non ha ancora espresso quello che poteva esprimere. Rifondiamolo e portiamolo avanti su linee che, se condivise, possono portare a un risultato. Non abbiamo ancora realizzato quello che potevamo realizzare, quindi non diamoci per sconfitti e andiamo avanti.


Mara Vezzani
Dirigente del Servizio Farmaceutico della Regione Veneto

Illustrerò le problematiche che attengono all’ambito ospedaliero.
La Regione in cui lavoro ha recentemente deliberato un piano sanitario in cui è prevista una strutturazione complessa di governo che guarda alla pianificazione strategica e alla programmazione degli obiettivi, alla coscienza dei vincoli espliciti, trasparenti e condivisi, per arrivare a una gestione equa, uniforme, etica e integrata tra la dimensione sanitaria e la dimensione sociale delle risorse disponibili, in quanto la rete ospedaliera è sempre più una rete integrata di servizi altamente specialistici, di alta eccellenza in cui il paziente si aspetta di trovare i sistemi più innovativi di cura. Questi sistemi altamente costosi devono essere supportati in maniera coerente e concreta da una rete territoriale che sia integrata, che condivida le decisioni a livello istituzionale dei sistemi organizzativi sanitari nella loro completezza.
L’obiettivo fondamentale di questa gestione è il miglioramento dei processi di qualità, di appropriatezza, di efficienza, di innovatività dei sistemi e delle tecnologie utilizzate.
La sostenibilità della pianificazione necessita di una consapevole ed effettiva capacità di valutazione delle azioni strategiche e di un utilizzo di strumenti di comunicazione e di governo. In Veneto abbiamo da tempo organizzato un prontuario terapeutico regionale, un centro di informazione sul farmaco che è la base organizzativa e la segreteria scientifica della commissione terapeutica regionale. Un flusso dei dati di consumo ospedaliero, che negli ultimi sette anni abbiamo organizzato su un tracciato condiviso tra tutti gli ospedali, ci permette di guardare al consumo dei farmaci organizzato per centri di costo e principi attivi dei farmaci, e di confrontare i consumi e l’impiego degli stessi negli ospedali di pari complessità.
Partendo dall’analisi di questi consumi, abbiamo ritenuto di fare delle verifiche circa l’appropriatezza e la qualità che ci hanno portato a fare dei ragionamenti di miglioramento nell’impiego di alcuni prodotti, soprattutto quelli di maggiore costo.
Questo lo facciamo attraverso la verifica continua per ambiti terapeutici specifici, attraverso la commissione per il prontuario, che si avvale della segreteria scientifica, di schede di monitoraggio su vari farmaci, di richieste motivate per singolo paziente, che sono utilizzate anche quando il farmaco non è ancora inserito nel prontuario ed è nella fase di recente immissione in commercio e autorizzazione AIFA. Questo prontuario e la commissione sono diventati negli ultimi anni strumento di comunicazione con le società scientifiche, di interazione con le commissioni terapeutiche locali delle ASL. Recentemente, oltre a effettuare il processo di informatizzazione della prescrizione ospedaliera, abbiamo ritenuto di informatizzare i prontuari di tutte le ASL per creare un sistema interattivo. Si è creata anche un’interazione comunicativa con l’industria farmaceutica che può richiedere alla commissione di essere convocata per esprimere e per esplicitare meglio quanto riguarda i principi attivi proposti all’analisi della commissione, e circa le questioni che la commissione ha ritenuto di dover approfondire.
Recentemente, si è affrontato in maniera concreta l’ambito dei farmaci oncologici, che hanno un costo elevatissimo e un’alta innovatività, che molte volte non è basata su evidenze molto solide e necessita di essere seguita e monitorata nelle casistiche trattate.
È quindi la logica che ha seguito l’AIFA nel creare il sito onco-AIFA, la stessa logica seguita nella gestione del progetto PSO-CARE per i pazienti psoriasici, per il progetto Cronos, ecc.
Allora, l’obiettivo di questa delibera è: attuare il governo dell’appropriatezza dei ricoveri e delle terapie antiblastiche in un sistema integrato tra i centri di oncologia della Regione Veneto, allo scopo di individuare i farmaci innovativi ad alto costo, che non sono compensati dalla prestazione, valutare e definire i principi attivi, di nuove immissioni in commercio ed eventuali altre indicazioni di ampliamento di impiego e dotarsi di strumenti di monitoraggio per l’appropriatezza di utilizzo degli stessi, mettendo in comunicazione le strutture eroganti la prestazione e la ASL di appartenenza del paziente.
C’è un grosso problema che riguarda i centri di alta specialistica che si trovano ad avere un grosso numero di pazienti e quindi dover investire i propri budget per affrontare terapie di conseguenza molto costose, e le ASL che in tempo reale non hanno la comunicazione della spesa che si troveranno ad affrontare in mobilità dopo tre mesi, non hanno la visibilità dei costi e gli elementi per comprendere la sostenibilità riguardo ai propri bilanci di previsione. Le schede di monitoraggio che verranno messe in rete si propongono di seguire il paziente attraverso un percorso, raccogliendo gli elementi diagnostici e il dosaggio del farmaco per i vari cicli di terapia, le decisioni cliniche e terapeutiche nei centri clinici che la ASL deve poi pagare, e la revisione delle terapie per la programmazione successiva e la revisione dei bilanci di previsione per l’anno successivo, nei tempi utili amministrativi che servono alla direzione della contabilità e risorse per definire il riparto tra le varie ASL.
È stata creata, per attuare tutto questo impianto, una commissione oncologica regionale che è formata da clinici, rappresentanti delle società scientifiche e dei centri di oncologia, da farmacisti delle strutture oncologiche, da rappresentanti regionali delle direzioni per le prestazioni ospedaliere e dalla direzione piani e programmi sociosanitari e dalla direzione delle gestioni delle risorse economico finanziarie.
I protocolli di terapia sono già stati validati dalle società scientifiche, anche perché abbiamo ritenuto di fare, a livello regionale, un passaggio in più di quello che ha fatto l’AIFA. Mentre l’AIFA nelle sue competenze autorizzative al farmaco ha ritenuto di individuare delle schede che guardino all’appropriatezza di impiego del principio attivo sulla base delle evidenze scientifiche dello stesso, la Regione ha dovuto fare un passaggio di controllo delle risorse dedicate a quel farmaco all’interno di quelle evidenze, e quindi di guardare quel principio attivo all’interno di un protocollo di cura, perché sappiamo bene che uno stesso principio attivo al di fuori di un protocollo di cura appropriato può non essere all’interno delle proprie indicazioni di evidenza, ma può diventare un off-label.
Sono stati individuati, inoltre, 11 farmaci oncologici ad alto costo che verranno via via aggiornati da questa commissione oncologica; è stato recepito e validato un elenco di protocolli oncologici, quindi la compilazione di queste schede sarà integrata in maniera informatica con le schede onco-AIFA che andrà a implementarle, sarà aggiuntiva di altre schede per i farmaci oncologici che non trovano una scheda nel sito onco-AIFA.
Attraverso questo sistema verrà analizzato il consumo degli ultimi mesi di questi principi attivi, compresi gli off-label, perché abbiamo visto che l’ultima determina AIFA su questi farmaci oncologici ha riportato nella legge 648 indicazioni di farmaci che fino all’anno scorso erano ritenuti off-label, quindi noi nella definizione del fondo abbiamo ritenuto di mantenere anche i consumi e i costi per i farmaci utilizzati off-label come volàno, per così dire, per quelle evidenze che via via, nelle logiche della lettera Z del comma 796 della finanziaria, verranno poi recepite dall’AIFA e riportate in indicazione attraverso le procedure di cui alla legge citata.
Questo fondo prevederà i farmaci in indicazione più un altro ambito che si riserva di monitorare anche gli impieghi off-label, che non saranno però compensati attraverso il file F, ma saranno a carico del centro trattante il paziente, fino a che l’AIFA non li inserirà nella legge 648 e quindi diventeranno a tutti gli effetti in indicazione.
Questo sistema si propone di seguire il clinico nelle logiche di approccio al paziente per evidenziare sia gli usi all’interno delle indicazioni sia gli usi off-label, per avere il quadro completo delle questioni in maniera da essere pronti, via via che le evidenze diventano più pesanti, da una parte a riportare queste indicazioni attraverso la comunicazione all’AIFA e attraverso le vie ufficiali, e dall’altra a prepararsi alla programmazione attraverso i bilanci alla sostenibilità dei costi. Credo che, attraverso un confronto continuo e un’integrazione con le realtà operative cliniche, si riesca a concertare un sistema che non veda più i prontuari come qualcosa di statico e definitivo sentito dai clinici quasi come un cappotto di ferro da cui non si possono muovere, ma qualcosa di più vicino alle necessità, di essere più flessibili, più aperti all’innovazione e alla ricerca, coerente con i bisogni di salute per creare una comunicazione fattiva fra ciò che l’utente vede attraverso Internet, attraverso gli strumenti all’avanguardia di comunicazione. Un modo per fare sentire in maniera concreta che questo è un intento anche delle istituzioni pubbliche, non è solo teoria, ma che saremo pronti appena gli organi istituzionali valideranno queste evidenze, con sistemi di monitoraggio per rendere operativi e fruibili questi farmaci.
Quindi, dal 2008 sarà definito il fondo, ci sarà l’utilizzo della rete intranet per la compilazione delle schede integrate con le onco-AIFA, sarà possibile utilizzare il file F che per ora è utilizzato solo per il 50% del costo del farmaco, e saranno possibili il monitoraggio e l’aggiornamento dell’elenco dei farmaci da parte della commissione oncologica e della commissione PTORB.
Quali sono i possibili miglioramenti?
Ottimizzare l’integrazione con le commissioni terapeutiche locali; io credo che ci voglia un team unico di lavoro e una comunicazione più ravvicinata dei sistemi, anche con le rappresentanze dei malati.
Implementare i sistemi di conoscenza dei farmaci in sperimentazione e di prossima immissione in commercio, in modo che il sistema sia pronto a recepire le evidenze di grosso impatto anche da un punto di vista economico per poterle prevedere nei fondi di bilancio del prossimo anno, e poter prevedere ambiti di risparmio laddove le terapie sono consolidate e possiamo vedere miglioramenti e risparmi in risorse.


Luisa Martelli
Responsabile Servizio Politica del Farmaco della Regione Emilia-Romagna

Il contributo della politica farmaceutica della Regione Emilia-Romagna è quello di illustrare, tramite alcuni concetti di base, un metodo con il quale in ambito regionale si dà sostenibilità all’innovazione e al servizio sanitario in generale.
I risultati sul governo della spesa, ma ancor più l’uso in buona parte adeguato dei beni sanitari originano dalla possibilità di poter contare su una rete di servizi idoneo alle necessità del contesto sociale. In tal modo, le criticità derivanti dall’invecchiamento della popolazione, dalla massiccia immigrazione, ecc., possono essere contrastate da interventi strutturati, da approcci integrati e da sostenibilità nel tempo.
Il Servizio Politica del Farmaco è inserito costruttivamente nelle articolazioni del Servizio Sanitario Regionale, collabora con proprie risorse alle iniziative centrali e locali, si raccorda con gli altri Servizi dell’Assessorato e con le Aziende sanitarie per realizzare e migliorare il Sistema.
Gli esempi di collaborazione con i Servizi Ospedaliero, di Medicina di Base, di Programmazione economica, Informatico e con l’Agenzia sanitaria regionale sono parte integrante di questa cultura.
Le relazioni sono coerenti alla modalità strutturata di cui sopra; si configurano non come un’architettura gerarchica, bensì come garanzia di coerenza tra gli obiettivi e i risultati. In questo contesto, il Servizio Politica del Farmaco partecipa alla valutazione degli Atti aziendali e dei risultati dei Direttori generali, alla negoziazione dei loro obiettivi di budget; ma mette contemporaneamente a disposizione delle Aziende sanitarie i dati generali e di dettaglio che risiedono nelle banche regionali e partecipa a incontri tecnici per lo scambio di informazioni e la definizione di progetti.
La consapevolezza che le scelte devono fondarsi sulla conoscenza ha stimolato la Regione ad attivare i flussi di raccolta dati: AFT riguardante la farmaceutica convenzionata, AFO riguardante l’ospedaliera e, più recentemente, la FED, erogazione diretta. Risorse del Servizio Politica del Farmaco hanno contribuito al Mattone n. 10 per la definizione e la raccolta delle prestazioni farmaceutiche. Attualmente questi strumenti permettono una rilevazione abbastanza soddisfacente, sono in grado di rispondere alle modalità previste nella Finanziaria 2008 e costituiscono il riferimento oggettivo per le decisioni.
Da oltre trent’anni esiste un prontuario regionale nato per l’utilizzo in ambito ospedaliero. I prontuari provinciali, che a esso si ispirano, rappresentano uno strumento fondamentale per il governo clinico e per una politica del farmaco intesa come valutazione delle risorse terapeutiche disponibili, la sicurezza e la sostenibilità economica. Le Commissioni provinciali e le loro Segreterie rappresentano il cuore del sistema prontuario; i farmacisti, molte volte coordinatori, contribuiscono con professionalità e slancio all’applicazione pratica degli indirizzi della commissione regionale.
La ricerca e l’innovazione sono la missione dell’Agenzia regionale: per il Servizio Politica del Farmaco si tratta di cogliere le opportunità correlate ai progetti scaturiti da questo ambito. Alcuni recenti: sperimentazione sull’uso di stent medicali, raccomandazioni sull’uso di farmaci oncologici su alcune patologie di grande impatto clinico, antibiotici in profilassi, ecc.
La possibile innovazione negli acquisti ha l’ambizioso obiettivo di elaborare strategie nuove che prevedano il coinvolgimento e la responsabilità dei clinici, a fianco dei farmacisti. Un primo oggetto ha visto la messa a gara dell’ormone somatotropo a livello regionale.
A livello nazionale, il contributo del Servizio può essere di grande rilievo, se si avvale del modello collaudato nella Regione; in particolare, per sostenere un’alleanza tra Regioni basata su efficacia ed equità ove le decisioni sono prese con il contributo di chi ha conoscenze tecniche approfondite, veramente utili per la popolazione.


Mauro Zanini
Vicepresidente della Federconsumatori

Ritengo che su questi temi sia importante che ci sia un confronto ad ampio raggio tra diversi soggetti in rappresentanza di diversi interessi, soprattutto perché credo che il tema centrale che voi avete evidenziato in queste vostre giornate, il tema della sostenibilità e dell’efficienza, sia un tema presente e futuro del nostro sistema sanitario, ma anche quello degli altri Paesi. Credo che un sistema sanitario dove annualmente si spendono circa 100 miliardi di euro, che si misura oggi con una forte evoluzione delle tecnologie e della ricerca, con l’invecchiamento della popolazione, l’umanizzazione delle prestazioni, che è un problema che sul piano etico viene posto sempre con più attenzione, e il tema dell’aggiornamento della professionalità degli operatori, su questi aspetti si gioca la sfida futura e presente per un servizio sanitario che rimanga agli alti livelli come viene riconosciuto a livello mondiale.
Anche il tema della politica del farmaco si intreccia e fa parte della politica di sviluppo del Servizio Sanitario Nazionale (SSN), e si misura anche esso con questi due aspetti, il tema dell’efficacia; nei diversi vostri interventi è emerso chiaramente quanto sia importante lavorare in questa direzione, e dall’altro il tema della sostenibilità dei costi che è un aspetto fondamentale, anche perché sappiamo che la spesa farmaceutica incide per circa il 22-23% nella spesa nazionale del servizio sanitario, e quindi è una spesa che ha un forte impatto sugli sviluppi della spesa sanitaria in generale.
Ho trovato molto interessanti i diversi interventi, specialmente quelli riguardanti il ruolo sinergico tra servizio farmaceutico ospedaliero e territoriale e la sperimentazione clinica dei farmaci innovativi in stretta connessione con le nuove autorizzazioni e il ruolo dell’AIFA.
Come Federconsumatori nazionale vediamo con favore che il ruolo dell’AIFA diventa sempre più autorevole, cosa di cui si sentiva il bisogno in questo nostro servizio sanitario, e soprattutto che si crei un lavoro di squadra riguardo ai nuovi farmaci innovativi.
Ci rendiamo conto che si tratta di percorsi nuovi, di sperimentazioni che si effettuano nella Regione Emilia-Romagna, ma anche in altre Regioni.
Sul versante del risparmio, come associazione dei consumatori in questi ultimi mesi abbiamo appoggiato le iniziative a favore della liberalizzazione per quanto riguarda i farmaci da banco, sapendo che in questo modo si possono liberare risorse sia a vantaggio del SSN che delle famiglie dei cittadini italiani. Crediamo che oltre a questo si debba sviluppare anche il percorso dei farmaci di fascia C, con obbligo di prescrizione, e che siano sottoposti anch’essi alla farmacovigilanza; un’altra sfida fondamentale riguarda i farmaci equivalenti, i farmaci monodose, e una forte attenzione rispetto all’uso consapevole e responsabile del farmaco.
Abbiamo sviluppato un’indagine nazionale sui farmaci da banco a distanza di otto mesi dall’attuazione del decreto Bersani 1, e abbiamo potuto evidenziare che su un campione di 20 farmaci da banco di largo utilizzo sia per numerosità che per volume di spesa lo sconto medio nelle farmacie è dell’8,54%, intendendo sia farmacie private che farmacie comunali, mentre nelle para-farmacie, comprendenti i punti vendita con laureati in farmacia, che sono circa 800, e altri 400 che sono i centri commerciali e supermercati, dove hanno attivato questa opportunità consentita dalla legge, in queste realtà mediamente vi è uno sconto del 15,57%.
Se poi andiamo a scorporarlo abbiamo notato che mediamente nei supermercati lo sconto va al 20,62% mentre nelle para-farmacie, che hanno minor potere contrattuale con i fornitori, c’è uno sconto del 9,12%. Se andiamo, invece, alle farmacie abbiamo 16,85% nelle farmacie private e 9,47% nelle farmacie comunali.
Sono questi i dati circa i farmaci da banco che riguardano 2 miliardi di spesa annua sul totale della spesa farmaceutica, e quindi incidono per il 10% del volume della spesa farmaceutica in generale; si tratta di 1200 punti vendita a fronte di 17.000 che sono le farmacie tradizionali. Quando abbiamo presentata l’indagine erano presenti molte associazioni: la Federfarma, l’associazione farmacie comunali, le associazioni dei giovani farmacisti, e siccome c’è stata una polemica sul tema del consumo dei farmaci da banco, risulta dai dati messi a disposizione dall’AIFA, dal bilancio annuale dell’anno 2006, che siamo di fronte a un calo della spesa sui farmaci da banco. Quindi, il timore di un’incetta di farmaci, dai dati del 2006 dell’andamento dei consumi, questo è stato sconfessato.
Noi pensiamo, però, che sarebbe interessante sul versante dei farmaci di fascia C, con obbligo di prescrizione medica ma non rimborsati dal SSN, che riguardano una spesa di 3 miliardi sul totale della spesa farmaceutica in Italia, sperimentare e andare avanti; le associazioni dei consumatori sono fortemente convinte che se ci sarà concorrenza come comincia a esserci sui farmaci da banco, su questa fascia di farmaci potrà esserci un forte contenimento della spesa per le famiglie essendo questi farmaci a carico dei bilanci familiari, non essendo rimborsate dal SSN.
Un problema importante e delicato è che questi farmaci di fascia C devono essere sottoposti all’obbligo della farmacovigilanza e quindi ci deve essere un coinvolgimento di tutti gli operatori, affinché ci sia la massima garanzia in questo senso.
Un altro aspetto importante è anche la sfida dei farmaci equivalenti, e l’Italia deve ancora fare dei passi notevoli rispetto agli altri Paesi europei. Per prima cosa dobbiamo smetterla di chiamarli farmaci generici, perché il generico dai cittadini, rispetto al farmaco griffato, viene visto negativamente.
Nel consumo del farmaco equivalente, l’Italia oscilla dal 10% al 12%: siamo molto indietro rispetto al 47% dell’Olanda, al 32% della Germania e al 39% del Regno Unito.
Siamo convinti che se il servizio farmaceutico territoriale e ospedaliero, i farmacisti delle farmacie di base, i medici di base, insieme alle associazioni dei consumatori attivassero momenti di informazione, soprattutto nei confronti dei pensionati che sappiamo essere i più grandi consumatori, e che mediamente consumano 17 volte di più rispetto a un giovane di 25 anni.
La vera sfida fondamentale che permette di risparmiare risorse è di far crescere una maggiore attenzione a un consumo responsabile dei farmaci da parte dei cittadini. Stiamo conducendo su tutto il territorio nazionale un migliaio di incontri con i cittadini, o punti di informazione laddove ci sono momenti di aggregazione dei cittadini in generale, distribuendo una piccola guida promossa dall’AIFA assieme ad altre associazioni di consumatori proprio sull’uso responsabile e sui vantaggi per quanto riguarda i farmaci equivalenti.
Vorrei richiamare l’ultimo aspetto che riguarda il tema dei farmaci contraffatti e il commercio on-line anche da altri Paesi. Auspichiamo che ci sia la massima attenzione di farmacovigilanza e di intervento affinché questa concorrenza abbia le massime garanzie di sicurezza per quanto riguarda cittadini, che è un aspetto fondamentale oltre allo sviluppo dell’innovazione e della sostenibilità del sistema.


Francesca Moccia
Rappresentante di Cittadinanza Attiva

Questo Congresso che ha un titolo importante, pieno di speranza per il nostro servizio sanitario pubblico, “Innovazione e salute pubblica”, e affronta temi come l’equità, l’economia e l’etica messi a confronto, ha tutto il nostro sostegno e il nostro appoggio.
Io rappresento la rete nazionale del tribunale dei diritti del malato per Cittadinanza Attiva si occupa della tutela del diritto alla salute, da circa trent’anni, all’interno delle strutture sanitarie del nostro Paese.
Noi abbiamo la possibilità, grazie a un nostro servizio di assistenza e di informazione che quotidianamente è a contatto con i cittadini, anno per anno di fotografare quelle che sono le richieste e le segnalazioni, le principali problematiche e le aree critiche, e sono qui per raccontarvi quello che in tema di farmaci i cittadini lamentano. Voglio per prima cosa farvi un elenco di quelle che sono le principali segnalazioni che ci arrivano ogni anno, in particolare, nel 2006, riguardanti il tema dei farmaci.
La percentuale più elevata, che è più del 70% di segnalazioni in materia di farmaci, riguarda la difficoltà di accesso ai farmaci. Seguono problemi sull’informazione (9%), la distribuzione (8%), danni ed effetti collaterali (6%), problemi appunto legati alle farmacie e ai farmacisti per una percentuale più bassa, e anche questioni su i farmaci equivalenti.
Quali sono le questioni che ci segnalano? Innanzitutto i costi elevati dei farmaci di classe C, ma anche il problema di molti malati cronici che non riescono ad accedere ai farmaci essendo nella classe C, ma sono comunque farmaci importanti per la cura delle patologie croniche. Inoltre, difficoltà di accedere a terapie innovative, problemi legati alla prescrizione dei farmaci da parte dei medici ospedalieri che prescrivono nel 30% dei casi in modo che l’acquisto avvenga all’esterno della struttura ospedaliera.
In tema di informazione sui farmaci ci chiamano per sapere a quale classe il farmaco appartiene per sapere se sono gratuiti o se sono a loro carico, ci segnalano effetti collaterali o anche problemi sugli sconti.
In merito alla distribuzione dei farmaci che riguarda l’8% delle segnalazioni che ci arrivano, prevale la questione dell’indisponibilità dei farmaci anche all’interno delle strutture ospedaliere; alcune sono questioni legate ai farmaci per la terapia del dolore e in alcuni rari casi si è chiesto alle famiglie di sopperire. Ci sono anche situazioni di indisponibilità di farmaci per i malati diabetici che devono preoccuparsi di portarsi da casa i farmaci, legati alla propria patologia cronica.
Riguardano danni ed effetti collaterali, per un 6%, questioni legate a farmaci scaduti e ai farmaci equivalenti. È chiaro che i cittadini hanno voglia di farmaci equivalenti, però allo stesso tempo sono tanti ancora dubbi, tanti sono i pregiudizi da sfatare sulla mancanza di efficacia e la mancanza di sicurezza di questi farmaci rispetto ai corrispondenti farmaci griffati.
C’è un 4% di segnalazione su sospetti errori riguardanti la somministrazione.
Altre questioni riguardano i farmaci off-label prescritti dai medici in ospedale per un’indicazione terapeutica differente, per esempio per un tumore diverso da quello indicato, per cui i cittadini sono costretti a pagare di tasca propria questi farmaci.
La nota 4 dell’AIFA ha fatto sì che molti malati di sclerosi multipla o di sclerodermia o neuropatie varie abbiano difficoltà ad accedere a principi attivi che prima erano erogati gratuitamente a tutti, e adesso sono stati limitati per ragioni di spesa, dato che sono considerati dai medici che glieli prescrivono come necessari e insostituibili; di conseguenza i cittadini se li devono pagare di tasca propria.
Nel caso degli inibitori di pompa protonica, il prezzo di riferimento è abbastanza difforme da una regione all’altra, e crea uno di quei fenomeni di una crescente difformità regionale e quindi territoriale nell’accesso alle cure e alle terapie. È una sorta di deriva del federalismo in Sanità, che pur nascendo da obiettivi sani e giusti, nella sua applicazione pratica sta creando una serie di difformità che in qualche modo rischiano di mettere in crisi l’unitarietà del servizio pubblico. È necessario comunque rispettare il federalismo, ma fare sempre uno sforzo per l’unificazione del SSN.
Abbiamo proposto un’unica carta dei diritti, da promuovere a livello di Unione Europea e che speriamo che in qualche modo sia riconosciuta anche in Italia dalle Regioni e dal Parlamento; è una carta europea dei diritti del malato che appunto sancisce il diritto di accesso, il diritto alla sicurezza, alla qualità delle cure, il diritto all’innovazione come uno dei diritti fondamentali dei cittadini malati in Italia e in Europa. Per noi questo è un punto di riferimento, non solo come organizzazione in Italia, ma anche per altre organizzazioni europee che insieme a noi hanno scritto e condiviso questo documento già da diversi anni, e con le quali si sta cercando di promuovere, di diffondere, in un momento storico in cui la disomogeneità regionale rende urgente questa necessità di uniformità.
Concludo indicandovi che cosa stiamo facendo anche noi per questa battaglia legata ai farmaci, all’innovazione e anche alla ricerca delle risorse. A fianco della campagna promossa dall’AIFA sui farmaci equivalenti, stiamo realizzando degli incontri a livello regionale per dare il via a una serie di iniziative locali di informazioni sul tema dei farmaci equivalenti, per arrivare in modo capillare ai cittadini e convincerli che i pregiudizi sui farmaci equivalenti vanno fugati. A questa va affiancata anche un’informazione giusta, corretta, qualificata, con un’attenzione ad alcune patologie croniche, a chi ha particolari allergie o intolleranze.
Quest’operazione ci vedrà a fianco non solo altre associazioni come le associazioni dei consumatori che già sono state coinvolte in questa iniziativa, ma anche i medici di medicina generale e i farmacisti che devono essere i primi convinti di questa operazione, perché quello che stiamo scoprendo, incontrando anche gli operatori, è che proprio gli stessi medici non sono ancora convinti fino in fondo di questa equivalenza. Quindi, i primi pregiudizi noi li troviamo lì, e dobbiamo comprendere insieme qual è questa equivalenza di qualità e sicurezza, che poi permette anche ai cittadini di crederci, altrimenti se non si credono gli operatori i cittadini non ci crederanno mai.
L’uso diffuso di farmaci equivalenti libererà risorse per l’innovazione, e l’innovazione è fondamentale ed è per noi uno dei diritti di questa carta europea che spero in qualche modo anche la SIFO possa prendere in considerazione, come traccia per avere dei punti di riferimento comuni pur nella differenza di ruoli, di obiettivi, di strategie, di iniziative.